Platone, Filebo (30)
Platone, Filebo (30)
Gen 08Brano precedente: Platone, Filebo (29)
SOCRATE Dappertutto dunque professerai, Protarco, mandandolo a dire da messaggeri e dichiarandolo ai presenti, che il piacere non è il primo possesso e neanche il secondo, ma il primo è nei pressi della misura e del misurato e dell’acconcio e di tutto quanto quello che, essendo di tal fatta, bisogna auspicabilmente ritenere eterno.
PROTARCO Pare chiaro, infatti, a partire dagli argomenti di adesso.
SOCRATE [66b] Il secondo è nei pressi di quel che è proporzionato e bello, di quel che è compiutamente determinato e sufficiente e di tutto quanto è di questo genere.
PROTARCO Sembra, infatti.
SOCRATE Adesso, ponendo come terzo, come da mia ispirazione, intelletto e pensiero, non ti allontaneresti granché dalla verità.
PROTARCO Evidentemente.
SOCRATE Quindi quarto non è forse ciò che ponemmo fosse dell’anima stessa: scienze stabili e tecniche ed opinioni argomentate rettamente; queste non sono forse [66c] quarte appresso ai primi tre, sempreché, ecco, siano affini al bene più del piacere?
PROTARCO Forse sì.
SOCRATE Come quinti, allora, porremo i piaceri che abbiam definito non dolorosi denominandoli ‘puri’, propri dell’anima in se stessa, conseguenti gli uni dalle scienze stabili, gli altri dalle sensazioni?
PROTARCO Si vede di sì.
SOCRATE «Alla sesta generazione», dice Orfeo, «cessate l’ordine del canto» [Diels-Kranz 1, B 1]; allora anche il nostro argomento rischia di esser fatto cessare al sesto giudizio. Dopo di questo, dunque, [66d] non ci resta null’altro da fare tranne che dare come un capo agli argomenti.
PROTARCO Quindi bisogna farlo.
SOCRATE Suvvia, dunque, invocato il Salvatore, procediamo con lo stesso argomento.
PROTARCO Quale, dunque?
SOCRATE Filebo poneva che per noi il piacere nella sua totalità ed in ogni determinazione sia il bene.
PROTARCO «Per la terza volta», Socrate, così mi sembra, dicevi testé: si deve riprendere l’argomento dal principio.
SOCRATE [66e] Sì, ma ascoltiamo, ecco, quel che c’è dopo di questo. Ecco dunque: io, vedendo ciò che or ora è stato trattato e disapprovando l’argomento che è non solo di Filebo ma spesso anche di miriadi d’altri, ho detto che l’intelletto è di gran lunga migliore del piacere e più vantaggioso per la vita degli uomini.
PROTARCO Era così.
SOCRATE Ma ecco che, sospettando che ci fosse anche molto altro, ho detto che, se fosse comparso qualcosa di migliore d’ambedue loro, per il secondo posto avrei combattuto con l’intelletto contro il piacere; il piacere, dunque, sarebbe stato privato anche del secondo premio.
PROTARCO [67a] L’hai detto, infatti.
SOCRATE Ed ecco che, dopo di questo, è parso chiaro, in modo del tutto sufficiente, che nessuno dei due è autosufficiente.
PROTARCO Verissimo.
SOCRATE Quindi, in questo argomento, il fatto di essere il bene in sé stesso non è stato in tutto e per tutto respinto per l’uno e per l’altro di essi, sia per l’intelletto sia per il piacere, privati dell’autarchia e della potenza dell’autosufficiente e del compiutamente determinato?
PROTARCO Rettissimo.
SOCRATE Ma, essendo comparso un altro, un terzo migliore di ciascuno di loro due, ecco che l’intelletto è apparso adesso più vicino e più prossimo per natura all’idea del vincitore.
PROTARCO Ecco, come no?
SOCRATE Ed allora quinta, secondo il giudizio che adesso l’argomento ha fatto apparire, diverrebbe la potenza del piacere.
PROTARCO Sembra.
SOCRATE [67b] Ma non al primo posto, ecco, neppure qualora l’affermassero, rincorrendo il godere, i buoi ed i cavalli ed in complesso tutte le altre bestie, fidandosi delle quali – come indovini fidenti negli uccelli – i più giudicano che i piaceri siano il fattore dominante per il nostro vivere bene e credono che gli amori delle bestie siano testimoni più importanti dei ragionamenti che trovano ognora ispirazione nella musa filosofica.
PROTARCO Socrate, adesso orami tutti assieme affermiamo che è verissimo quel che da te è stato detto.
SOCRATE Quindi mi lasciate anche andare?
PROTARCO Rimane ancora questa piccola cosa, Socrate; tu, ecco, non rinuncerai prima di noi, dunque ti rammenterò quel che resta.