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Platone, Filebo (20)

Platone, Filebo (20)

Nov 20

Brano precedente: Platone, Filebo (19)

 

SOCRATE  [47c] Ecco, questo vale per i piaceri, Protarco, confusi nelle passioni del corpo stesso, superficiali ed interne; per quanto invece riguarda i casi nei quali l’anima contrappone passioni contrarie a quelle del corpo, mettendo assieme dolore contro piacere e piacere contro dolore, sinché entrambi vanno a fondersi in uno, li abbiam discussi già prima, dicendo che quando si è vuoti si desidera il riempimento e sperando si gioisce mentre però, essendo vuoti, si soffre; quel che allora non abbiamo invece dichiarato, [47d] ma che adesso argomentiamo, è che, se l’anima si differenzia dal corpo, a tutti questi casi, che sono una pluralità incalcolabile, compete la generazione di una mistione di piacere e di dolore.

PROTARCO  Rischi di argomentare correttissimamente.

SOCRATE  Toh, ci resta ancora una sola mistione del dolore e del piacere.

PROTARCO  Quale dici?

SOCRATE  Quella confusione che, dicevamo, spesso l’anima assume in sé stessa.

PROTARCO  Com’è dunque che argomentiamo proprio questo?

SOCRATE  [47e] Ira e paura e brama e cordoglio e libidine e gelosia e malevolenza e quant’altre passioni di tal sorta, forse non le qualificherai come dolori dell’anima stessa?

PROTARCO  Io sì.

SOCRATE  E non le troveremo colme di piaceri incalcolabili? O dobbiamo ricordarci dell’ira

che persino il più saggio manda in collera,
che è assai dolce, più del miel stillante (Iliade XVIII 107-108),

[48a] e dei piaceri in cordogli e brame, che sono frammischiati nei dolori?

PROTARCO  No, ma accade che queste passioni, ecco, così e non altrimenti si generino.

SOCRATE  Beh, e ti ricorderai anche degli spettacoli tragici, quando, godendo, assieme si piange.

PROTARCO  E perché no?

SOCRATE  Quanto alla disposizione della nostra anima nelle commedie, forse non vedi che, anche in questi casi, c’è mistione di dolore e piacere?

PROTARCO  Non lo concepisco assolutamente.

SOCRATE  [48b] Infatti non è assolutamente facile, Protarco, in questo caso, cogliere ciascuna volta tale passione.

PROTARCO  No, così, ecco, sembra a me.

SOCRATE  Beh, capiamolo, ecco, tanto più quanto più è oscuro, affinché anche negli altri casi si sia capaci di comprendere più facilmente la mistione di dolore e piacere.

PROTARCO  Argomenta allora.

SOCRATE  Col nome ‘malevolenza’ da te appena pronunciato fai riferimento a qualche dolore dell’anima, oppure a cosa?

PROTARCO  A questo.

SOCRATE  Ma colui che prova malevolenza, ecco, fa trasparire il compiacimento per i mali patiti dal prossimo.

PROTARCO  [48c] Per forza, ecco.

SOCRATE  L’ignoranza è un male, e dunque anche l’atteggiamento che giudichiamo stoltezza.

PROTARCO  Beh, e con ciò?

SOCRATE  A partire dunque da queste definizioni, vedi quale natura ha il ridicolo.

PROTARCO  Ti rimane solo da parlarne.

SOCRATE  Dunque, il punto capitale è una malvagità determinata, che prende il nome da una situazione determinata: dunque, è quella parte della malvagità complessiva che ha da patire il contrario di quel che è detto nell’iscrizione di Delfi.

PROTARCO  Parli del «Conosci te stesso», Socrate?

SOCRATE  [48d] Ecco. Ebbene, è chiaro che il contrario di quello sarebbe che dall’iscrizione fosse detto di non conoscere in nessuna maniera se stessi.

PROTARCO  Beh, e con ciò?

SOCRATE  Protarco, prova a tagliare in tre questo detto.

PROTARCO  Come dici? Ecco, credo di non esserne capace.

SOCRATE  Dici dunque che devo dividerlo io adesso?

PROTARCO  Lo dico, e te ne prego, ecco, oltre a dirlo.

 

 


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