Platone, Filebo (1)
Platone, Filebo (1)
Ago 14
SOCRATE [11a] Guarda dunque, Protarco, quale argomento stai per accettare adesso da Filebo e contro quale – quello svolto da parte nostra – stai per obiettare qualora non sia argomentato conformemente al tuo intendimento. [11b] Vuoi che ricapitoliamo ciascuno dei due?
PROTARCO Assolutamente, eccome!
SOCRATE Filebo, orbene, afferma che bene per tutti i viventi è il godere ed il piacere ed il diletto e quanto è consono a questo genere qui; l’obiezione che viene da noi è che il bene non è queste cose, ma che il pensare e l’intendere e la memoria e le attività congeneri a queste, opinione retta e ragionamenti veri, son di genere migliore e più vantaggiose del piacere, ecco, per quanti di essi son capaci di parteciparne: [11c] dunque, per tutti coloro che sono e saranno capaci di averne parte sono le attività più utili di tutte. Forse ciascuno di noi due non argomenta in questo modo, Filebo?
FILEBO Eccome, queste ricapitolazioni son le migliori tra tutte, Socrate.
SOCRATE Accetti dunque quest’argomento, che adesso t’è dato, Protarco?
PROTARCO È necessità accettare: ecco, il nostro bel Filebo ha abdicato.
SOCRATE Or dunque, si deve ad ogni modo reperire comunque il vero su questi argomenti?
PROTARCO [11d] Ecco, si deve eccome.
SOCRATE Orsù dunque, oltre a ciò accordiamoci assieme anche su questo.
PROTARCO Che cosa?
SOCRATE Adesso ciascuno di noi due tenterà di far apparire quale sia quello stato o disposizione dell’anima capace di arrecare la vita felice a tutti gli uomini. Non è forse così?
PROTARCO Così, eccome.
SOCRATE Quindi, mentre voi lo fate apparire come lo stato del godere, noi, invece, non lo facciamo apparire come lo stato del pensare?
PROTARCO È così.
SOCRATE Che accadrebbe, dunque, qualora n’apparisse qualcun’altro più valido di questi? [11e] Qualora paresse più congenere al piacere, non saremmo forse sconfitti entrambi da una vita che ha fermamente questi contenuti, ancorché quella del piacere prevalesse [12a] su quella del pensiero?
PROTARCO Sì.
SOCRATE Qualora invece paresse più congenere al pensiero, ecco, il pensiero vincerebbe il piacere, che dunque sarebbe sconfitto? Dite che prendiamo gli accordi così, o come?
PROTARCO A me sembra bene così, ecco.
SOCRATE Che gliene sembra dunque a Filebo? Che ne dici?
FILEBO A me il piacere sembra e sembrerà totalmente vincitore; tu stesso dunque, Protarco, lo riconoscerai.
PROTARCO Avendo dato, Filebo, a noi l’argomento, non sei più padrone di esser d’accordo con o contraddire Socrate.
FILEBO [12b] Dici il vero; ma, ecco, mi discolpo e mi sia ora testimone la dea.
PROTARCO Anche noi possiamo esser testimoni con te di queste cose, cioè che argomentavi le stesse che argomenti. Ma le loro conseguenze, Socrate, – che Filebo sia consenziente oppure faccia come desidera – tentiamo dunque di derivarle.
SOCRATE Va tentato dunque a partire dalla stessa dea che costui afferma si chiami Afrodite, mentre il suo nome più vero è Piacere.
PROTARCO Rettissimo.
SOCRATE [13C] Il mio timore perenne, Protarco, verso i nomi degli dèi non è a misura d’uomo ma al di là della massima paura. Anche adesso appello Afrodite così come le è caro; ho dunque visto che il piacere è vario e, come dicevo, iniziando da esso noi dobbiamo meditare ed esaminare quale natura abbia. È, ecco, a udirlo così semplicemente, un che di uno; invece ha di fatto assunto forme d’ogni qualità ed in qualche modo dissimili l’una dall’altra. Vedi, ecco: affermiamo che prova piacere l’uomo sfrenato, [12d] ma pure che prova piacere il temperante nell’esser temperante stesso; ed ancora, che prova piacere l’irriflessivo, madido sia d’opinioni sia di speranze non riflesse, ma che prova piacere anche colui che pensa nel pensare stesso; e come potrebbe non parere a buon diritto irriflessivo qualcuno che argomentasse che ciascun membro di queste coppie di piaceri è simile all’altro?
PROTARCO Ecco, essi sono dipendenti da fatti contrari, Socrate, mentre non sono in sé, ecco, contrari l’uno dell’altro. Come potrebbe, ecco, un piacere non essere, [12e] tra tutte le cose, la più simile appunto a un piacere, cioè a se stesso?
SOCRATE Ed ecco che anche un colore, insigne, lo è a un colore: non differirà per nulla in questo in sé, ecco, nell’essere del tutto colore, mentre tutti siam a conoscenza che il nero, oltre ad essere differente dal bianco, ha anche la sorte di essergli il più contrario. E dunque anche una figura ha lo stesso contegno rispetto ad una figura: mentre sono tutt’uno quanto al genere, per quel che riguarda le sue parti in rapporto alle parti, [13a] alcune sono contrarissime le une alle altre, altre si dà il caso che abbiano migliaia di differenze, e troveremo molti altri enti aventi queste determinazioni. Sicché non fidarti di questo argomento, ecco, che unifica le determinazioni più contrarie. Ho paura dunque che troveremo alcuni piaceri contrari ad altri piaceri.
PROTARCO Forse; ma perché questo ci danneggerà l’argomento?
SOCRATE Perché appelli questi enti dissimili, diremmo, con un nome diverso dal loro: argomenti, ecco, che tutti quelli piacevoli sono buoni. Beh, nessun argomento obietta che gli enti piacevoli non siano piacevoli; [13b] pur essendo per lo più cattivi invece che buoni, come noi affermiamo, ugualmente tu appelli tutti loro ‘buoni’, pur dicendoti d’accordo sul fatto che sono dissimili, se qualcuno ti necessita a farlo con l’argomentazione. Che cosa, or dunque, c’è d’identico nei cattivi e simultaneamente nei buoni per cui enunci che tutti i piaceri sono bene?
PROTARCO Come l’argomenti, Socrate? Credi, ecco, che qualcuno che ha posto che il piacere è il bene concordi forse di tollerarti argomentare [13c] che, mentre alcuni piaceri sono buoni, altri, diversi da essi, son cattivi?
SOCRATE Ma almeno affermerai, ecco, che essi sono dissimili l’uno dall’altro ed alcuni contrari.
PROTARCO Non in quanto piaceri, ecco.
SOCRATE Ci riferiamo daccapo allo stesso argomento, Protarco; allora affermeremo non che un piacere è differente da un piacere, ma che sono tutti simili, e gli esempi or ora selezionati non ci turbano per nulla, ci fideremo dunque e diremo ciò che dicono quelli che tra tutti sono i più sciocchi ed [13d] insieme novellini sugli argomenti.
PROTARCO Quali sono queste cose dunque di cui parli?
SOCRATE Parlo di ciò: qualora io, imitando te e vendicandomi, osassi argomentare che il più dissimile è di tutti gli enti il più simile al più dissimile da lui, avrò da argomentare gli stessi argomenti tuoi e parremmo, ecco, più novellini del dovuto, ed il nostro argomento precipitando s’estinguerà. Quindi ricominciamolo daccapo, e, casomai incontrassimo impasse simili, forse convergeremo.
PROTARCO [13e] Argomenta: come?
SOCRATE Fa’ che sia io interrogato daccapo da te, Protarco.
PROTARCO Su che cosa dunque?
SOCRATE Pensiero e scienza stabile ed intelletto e tutti quanti gli enti che dunque io, avendoli posti all’inizio, dissi ‘beni’; allorquando mi si domandi che cosa sia il bene, non patiranno lo stesso che patì il tuo argomento?
PROTARCO Come?
SOCRATE Le scienze sembreranno essere molte tutte insieme collettivamente ed alcune di esse dissimili l’una dall’altra; se dunque alcune venissero ad essere in qualche maniera anche contrarie, [14a] allora sarei forse degno di dialogare adesso se, spaventato proprio da questo, dichiarassi che nessuna scienza stabile viene ad essere dissimile da nessun’altra scienza stabile, e, una volta che il nostro argomento andasse distrutto qual favola, salvassimo noi stessi con qualcosa d’irrazionale?
PROTARCO Ma questo, eccetto il salvarsi, non deve avvenire. Comunque, ecco, mi garba l’uguaglianza del tuo e del mio argomento: vengano ad esserci molti e dissimili piaceri e molte e differenti scienze stabili.
SOCRATE [14b] Orbene, non nascondendoci la differenziazione, Protarco, tra il mio ed il tuo ma posizionandoli nel mezzo, cimentiamoci ad esaminare se in qualche maniera inquisendoli mostreranno se bisogna argomentare che il bene è il piacere o il pensiero o qualcos’altro di terzo. Adesso, ecco, non gareggiamo affatto per questo, affinché le vincenti siano le proposte che ho fatto io o quelle che hai fatto tu, ma noi dobbiamo appunto entrambi allearci a quel che è più vero.
PROTARCO Ecco, dobbiamo eccome!