Platone, Fedone (32)
Platone, Fedone (32)
Gen 23Brano precedente: Platone, Fedone (31)
E dunque si dice che questa sia la natura dell’intera terra e di quel che attornia la terra; in essa, poi, in corrispondenza delle sue cavità, in cerchio per l’intero perimetro ci sono molte regioni: alcune sono più profonde e più patenti di quella in cui noi abitiamo, altre, che pure sono più profonde, hanno apertura minore rispetto a quella della nostra regione, [111d] e ce ne sono anche di quelle che sono a profondità più breve e più larghe di quella di qua. Tutte queste regioni, dunque, si contorcono in più parti in sotterranei ora più stretti ora più spaziosi aventi uscite l’uno nell’altro dove scorre molta acqua dall’uno all’altro come da un bacino all’altro; e sotto la terra ci sono masse incalcolabili di fiumi eterni e di acque calde e fredde, ma anche molto fuoco e grandi fiumi di fuoco e molti poi di fango liquido ora più pulito ora più melmoso, [111e] come in Sicilia ci sono i fiumi di fango che scorrono prima della lava, e poi la lava stessa; e ciascuno di essi riempie dunque le regioni, a seconda di come in ciascuna ciascuna volta capita che si generi la corrente. Tutte queste correnti, poi, le muove su e giù come una specie di oscillazione che è insita nella terra; or dunque, quest’oscillazione è di tal natura: si dà il caso che una delle aperture della terra sia maggiore di tutte le altre [112a] e perfori da parte a parte l’intera terra; e di essa parla anche Omero, dicendo che
lungi, sotterra, v’è profondo baratro,
che chiamano Trataro sia lui altrove sia molti altri tra i poeti. In quest’apertura, ecco, confluiscono tutti i fiumi e da questa daccapo defluiscono e ciascuno di questi diventa tale e quale la terra attraverso cui scorre. Dunque, la [112b] causa esplicativa del defluirvi e del refluirvi di tutte le fiumane è che questo liquido non vi ha né fondo né base. Oscilla dunque e ondeggia su e giù e l’aria e il soffio intorno ad esso fanno lo stesso: infatti lo seguono sia quando si orienta verso ciò che, della terra, è al di là, sia quando si orienta verso ciò che è qua e, come il soffio di coloro che respirano è sempre espirato e inspirato fluendo, così anche lì il soffio, oscillando con il liquido, produce dei venti terribili e ingestibili sia [112c] entrando sia uscendo. Quindi, quando l’acqua si ritira verso il luogo che è perciò chiamato di giù, affluisce attraverso la terra nei luoghi accostati a quelle fiumane e le riempie come quelli che riempiono canali d’irrigazione; quando invece è rilasciata da lì e si orienta verso qui, riempie le fiumane di qua, le quali, riempitesi, scorrono attraverso i canali e attraverso la terra e ciascuna, arrivata a ciascuno dei luoghi verso i quali si è fatta strada, forma mari e laghi e fiumi e fonti; da lì dunque si rituffano [112d] sotto la terra, percorrendo alcune regioni più grandi e di più, altre di meno e più ristrette, s’immettono daccapo nel Tartaro, alcune molto più giù di dove erano state sospinte, altre meno, tutte però affluiscono più sotto del loro sgorgo, e alcune precipitano dalla parte opposta rispetto a dove sono defluite, altre dalla stessa; ce ne sono poi alcune che, avendo percorso in cerchio tutta quanta la terra, avvolte attorno una o più volte come dei serpenti, scese giù il più possibile, s’immettono di nuovo nel Tartaro. [112e] È poi possibile scendere da ciascuna parte sino in mezzo, non oltre però: ecco, per entrambe le fiumane ciascuna parte opposta sale.
Or dunque, di queste fiumane ce ne sono molte altre, grandi e d’ogni sorta; si dà però il caso che ci siano, tra le molte, quattro fiumane delle quali la maggiore, che scorre percorrendo il cerchio più esterno, è chiamata Oceano; dirimpetto a questo, e scorrendo al contrario, c’è poi l’Acheronte, il quale scorre attraverso altri luoghi, deserti, [113a] e poi, scorrendo sottoterra, arriva alla palude Acherusiade, dove pervengono le anime della più parte dei trapassati, che, dopo esservi rimaste per alcuni tempi destinati (per alcune più lunghi, per altre più brevi), sono rimandate a generarsi come esseri viventi. Un terzo fiume, poi, scaturisce in mezzo tra questi, e, vicino alla sua scaturigine, si espande in una grande regione incendiata da molto fuoco e fa una palude maggiore del mare che è presso di noi, ribollente d’acqua e fango; di là poi [113b] spazia in cerchio torbido e fangoso e, avvolgendosi attorno alla terra raggiunge tra l’altro un’estremità della palude Acherusiade, non mischiando con lei la sua acqua; avvoltosi dunque più volte intorno alla terra, s’immette sottoterra più in basso del Tartaro; questo fiume, dunque, è quello che denominano Piriflegetonte, cui rivoli sono anche gli spruzzi di lava che affiorano dove capita sulla terra. E dirimpetto a questo scaturisce poi il quarto fiume in una regione dapprima orrida e selvaggia – così si dice – che ha tutta intera un colore quale il [113c] blu e che denominano Stigia, e denominano Stige la palude che fa questo fiume immettendosi; esso, immergendosi là e assumendo forze terribili nell’acqua, tuffandosi sotto la terra e avvolgendosi a spirale, scorre in senso contrario al Piriflegetonte e s’incontra con la palude Acherusiade dalla parte opposta; e neanche l’acqua di questo si mischia con altra acqua, ma anche questo, percorso un cerchio, s’immette nel Tartaro dalla parte opposta al Piriflegetonte; il nome di questo è dunque, come dicono i poeti, Cocito.
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