Platone, Fedone (24)
Platone, Fedone (24)
Dic 05Brano precedente: Platone, Fedone (23)
«Bene allora», disse poi lui. «Dopodiché, quand’ebbi abbandonato l’esame di questi enti, mi sembrò di dovere star attento a non patire ciò che patiscono coloro che contemplano ed esaminano il sole in eclissi: alcuni, infatti, si distruggono gli occhi se non ne esaminano l’immagine riflessa nell’acqua o [99e] in qualcosa di simile. Anch’io pensai qualcosa di simile e temetti che l’anima s’annebbiasse in tutto e per tutto mirando alle cose con gli occhi e mettendo mano ad adattarsi ad esse con ciascuna delle sensazioni. Mi sembrò dunque bisognasse rifugiarsi nelle connessioni logiche ed esaminare in esse la verità delle cose stesse, sebbene forse la similitudine in qualche modo distorca ciò che ho in vista: non concedo del tutto, infatti, che colui che esamina gli enti nelle connessioni logiche [100a] li esamini in immagini più di colui che li esamina nei fatti. Comunque mi orientai in questa direzione e, soddisfatto di volta in volta della connessione logica che discerno essere più robusta, pongo gli enti che mi sembrino concordare con essa come veri sia rispetto alla causa esplicativa sia rispetto all’insieme di tutti gli altri enti; quelli che invece non mi sembrino concordare, li pongo come non-veri. Voglio dunque parlarti più chiaramente di quel che sto dicendo: credo infatti che tu adesso non l’abbia in mente».
«No per Giove», disse Cebete, «non abbastanza».
[100b] «Ma», disse poi lui, «quel che argomento non è nulla di nuovo, ma ciò che sempre anche altre volte, e pure nel precedente argomento, ho argomentato senza posa. Procedo dunque mettendo mano a mostrarti la specie di causa che ho ricostruito e rivado a ciò di cui s’è molto chiacchierato, da cui inizio, supponendo che un qualche bello, un qualche bene, un qualche grande e altrettali enti siano in sé e per sé; se mi dai per concesso e convieni che questi sono, spero, a partire da loro, di mostrarti la causa esplicativa e di scoprire che l’anima è immortale»
[100c] «Ma sì», disse Cebete, «che te lo do per concesso, purché t’affretti a concludere».
«Esamina dunque», disse, «le conseguenze di quelle ipotesi, esamina se la tua dottrina concorda con la mia».
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