Temi e protagonisti della filosofia

Platone, Critone (7)

Platone, Critone (7)

Mar 25

 

Brano precedente: Platone, Critone (6)

 

SOCRATE «Ispeziona allora, o Socrate, ‒ potrebbero forse dire le leggi, ‒ se le proposizioni che noi argomentiamo sono vere, cioè: non è giusto che tenti di farci ciò che adesso tenti. Noi infatti che ti abbiamo generato, allevato, educato, dato di partecipare a tutti quanti [51d] i beni dei quali siamo capaci a te ed a tutti gli altri cittadini, tuttavia proclamiamo di aver creato la possibilità per colui che tra gli Ateniesi lo voglia, dopo aver superato l’esame di maturità ed aver visto gli affari politici e noi leggi, per colui al quale noi non piacessimo, di emigrare, prese le sue cose, di andarsene dovunque voglia. E nessuna di noi leggi è d’impedimento né proibisce, casomai qualcuno di voi volesse andare in una colonia, se non gli piacciamo noi e la città, oppure trasferirsi [51e] recandosi persino in qualche altro paese, di andare là dove vuole tenendosi le sue cose. Chi di voi, invece, rimane, guardando in che modo noi amministriamo la giustizia e governiamo la città negli altri aspetti, affermiamo che costui ha già concordato di fatto con noi di fare quello che noi ordiniamo, ed affermiamo che il non obbediente commette tre volte ingiustizia, sia perché non obbedisce a noi che siamo genitori, sia perché non obbedisce a coloro che l’han allevato, sia perché, pur avendo concordato con noi di obbedire, né obbedisce né ci persuade se facciamo qualcosa di non buono, [52a] benché noi proponiamo e non obblighiamo rozzamente a fare ciò che ordiniamo, ma, benché permettiamo delle due cose l’una, o convincerci o fare, non fa nessuna delle due. In queste accuse, dunque, affermiamo che anche tu, o Socrate, sarai coinvolto, se farai ciò che hai in mente, e tu non meno degli altri Ateniesi, ma più di tutti». Se quindi io dicessi: «Perché dunque?», forse giustamente mi attaccherebbero argomentando che si dà il caso che più di tutti gli Ateniesi io abbia concordato con loro su quest’accordo. [52b] Direbbero infatti ciò: «O Socrate, noi abbiamo grandi prove di questo, che a te piacevano sia noi sia la città: infatti non avresti soggiornato in essa con tanta differenza rispetto a tutti gli altri Ateniesi se non ti fosse piaciuta con tanta differenza rispetto agli altri, e non sei mai uscito dalla città neppure per vedere una festa, se non una volta all’Istmo, né mai per andare altrove, se non, toh, come soldato, né hai mai fatto qualche altro viaggio come gli altri uomini, né ti ha mai preso il desiderio di vedere un’altra città ed altre leggi, ma ti [52c] eravamo sufficienti noi e la nostra città: così fortemente ci hai scelto e concordi di essere cittadino sotto di noi, e tra le altre cose in essa hai anche fatto dei figli, siccome ti piaceva la città. Ed inoltre nello stesso processo ti sarebbe stato possibile chiedere la condanna all’esilio, se avessi voluto, e ciò che adesso intraprendi contro il volere della città, allora lo avresti fatto col suo consenso. Tu però allora ti vantavi di non addolorati se tu avessi dovuto morire, ma preferivi ‒ così professavi ‒ la morte all’esilio; adesso invece né ti vergogni di quei discorsi, né t’impensierisci per noi leggi, tentando [52d] di distruggerci, ed agisci come agirebbe casomai lo schiavo più vile, tentando di scappare contro i contratti e gli accordi secondo i quali avevi convenuto con noi di esser cittadino. In primis, quindi, rispondici su questo, se diciamo il vero affermando che hai concordato di esser cittadino sotto di noi coi fatti e non colle parole, o non è vero?». Che cosa ribatteremo a queste parole, o Critone? Che altro se non concordare?

CRITONE Di necessità, o Socrate.

SOCRATE «Che altro fai, quindi, ‒ direbbero allora, ‒ se non [52e] contravvenire ai contratti che hai fatto con noi ed agli accordi, pur avendo concordato non sotto costrizione né essendo stato ingannato né costretto a deliberare in poco tempo, ma in settant’anni, nei quali ti sarebbe stato possibile andartene, se non ti piacevamo noi e ti pareva che gli accordi non fossero giusti? Tu invece non prediligevi né Lacedemone* né Creta, che pure ognora professi [53a] abbian buone leggi, né nessun’altra delle città greche né delle barbare, ma ti sei allontanato da essa meno degli zoppi e dei ciechi e degli altri mutilati: con così tanta differenza rispetto agli altri Ateniesi ti piacevamo la città e noi leggi, chiaro, perché a chi, ecco, piacerebbe una città senza leggi? Ed adesso invece non rimarrai agli accordi? Se ti affidi a noi sì, o Socrate; e non sarai, ecco, ridicolo uscendo dalla città.

 

Nota

* Sparta.

 

Brano seguente: Platone, Critone (8)

 

 


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