Platone, Apologia di Socrate (2)
Platone, Apologia di Socrate (2)
Ago 20
Brano precedente: Platone, Apologia di Socrate (1)
Riprendiamo dunque dal principio: qual è l’accusa dalla quale [19b] si è generata la calunnia su di me, per la quale dunque Meleto, fidandosi anch’egli di essa, mi ha intentato questa causa? E sia. Argomentando che cosa, dunque, mi calunniarono i calunniatori? Come fossero accusatori, quindi, si deve leggere la loro accusa giurata (1): «Socrate delinque e s’adopera per far ricerca sulle cose di sottoterra e celesti e [19c] per rendere più forte l’argomento più debole e per insegnare agli altri queste stesse cose». È qualcosa di tal sorta: ecco, avete visto queste cose anche voi nella commedia di Aristofane: lì c’è un Socrate che peregrina, che professa di avventurarsi nell’aria e ciancia di molte altre ciance, delle quali io non m’intendo per nulla, né molto né poco. E lo dico non siccome disistimi quella tale scienza stabile ‒ non sia mai che io sia sottoposto a cotanta accusa da parte di Meleto ‒, ma, ecco, io per queste cose, o cittadini Ateniesi, [19d] non ho alcun interesse. Porto dunque come testimoni i più tra voi e vi domando d’informarvi l’un l’altro e dire, quanti mi avete casomai sentito dialogare ‒ e molti di voi sono tra questi ‒, ditevi quindi l’un l’altro se casomai qualcuno di voi mi ha sentito dialogare o poco o molto su quelle tali cose, e da questo riconoscerete che sono di tal sorta anche le altre cose che i più dicono di me.
Ma, ecco, nessuna di queste cose è vera, né, ecco, se avete sentito da qualcuno che io tento di educare gli uomini e [19e] che mi faccio pagare, neanche questo è vero. Eppure questo, ecco, mi sembra sia bello, se qualcuno è capace di educare gli uomini come Gorgia da Leontini e Prodico di Ceo ed Ippia di Elide (2). Ecco, ciascuno di loro, o uomini d’Atene, andando in ciascuna delle città, è capace [20a] di persuadere i giovani, ai quali è possibile frequentare gratis chiunque vogliano dei loro concittadini, li persuadono a frequentare loro, lasciando la frequentazione di quegl’altri, dando soldi, ed a guardare a loro con gratitudine. Inoltre c’è qua anche un altro uomo di Paro, sapiente, di cui ho udito che è ospite: m’è capitato, ecco, d’incontrare un uomo che ha speso coi sofisti più denaro di tutti quanti gli altri: Callia, figlio d’Ipponico; quindi gli ho chiesto ‒ ha, ecco, due figli ‒: «O Callia, ‒ dissi dunque io ‒ se i tuoi figli fossero puledri o vitelli, avremmo allora da prendere per essi e pagare un soprastante che in futuro li [20b] rendesse belli e buoni nella virtù che s’addice loro: ordunque, costui sarebbe qualcuno che s’intendesse o di ippica o di agricoltura. Ora invece, poiché sono uomini, che soprastante hai in mente di prendere per loro? Chi è conoscitore della virtù di tal sorta: quella umana e politica? Credo, ecco, che tu ci abbia riflettuto giacché possiedi due figli. C’è qualcuno, ‒ dissi io, ‒ o no?» «Assolutamente sì», disse dunque lui. «Chi, ‒ dissi dunque io ‒ e donde e per quanto insegna?» «Eveno, ‒ disse ‒ o Socrate, di Paro, per cinque mine (3)». E io Eveno lo giudico beato se veramente ha questa [20c] tecnica ed insegna ad un prezzo così misurato. Ecco che anche io mi glorierei e mi vanterei se avessi scienza stabile di queste cose, ma, ecco, non ne ho scienza stabile, o cittadini Ateniesi.
Note
(1) Con una mossa retoricamente efficace Socrate tratta i calunniatori antichi come i suoi effettivi accusatori, Anito e Meleto, i quali, secondo le procedure, dopo la presentazione dell’accusa scritta avevano giurato assieme a Socrate davanti al giudice.
(2) Tre grandi pensatori ed uomini di cultura che noi etichettiamo come sofisti. Si mantenevano coi proventi delle loro lezioni private, novità tra le più sconvolgenti del V secolo.
(3) Cifra abbastanza elevata.
Brano seguente: Platone, Apologia di Socrate (3)