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Melisso, Sulla natura o sull’essente (5)

Melisso, Sulla natura o sull’essente (5)

Feb 27

Articolo precedente: Melisso, Sulla natura o sull’essente (4)

 

Simpl., Phys., 111, 18 (DK 30 B 7; R. B 7)

Argomenta dunque così Melisso, concludendo [sumperanomenos] gli enunciati di prima e così introducendo quelli sul movimento [ta peri tēs kunēseōs epagōn]:

(1) «houtōs oun aidion esti kai apeiron kai hen kai homoion pan.  (2) kai out’ an apolluoi ti oute meizon ginoito oute metakosmeoito oute algei oute aniatai: ei gar ti toutōn paskhoi, ouk an eti hen eiē. ei gar heteroioutai, anankē to eon mē homoion einai, alla apollusthai to prosthen eon, to de ouk eon ginesthai. ei toinun trikhi miēi muriois etesin heteroion ginoito, oleitai pan en tōi panti khronōi.  (3) all’ oude metakosmēthēnai anuston: ho gar kosmos ho prosthen eōn ouk apollutai oute ho mē eōn ginetai. hote de mēte prosginetai mēden mēte apollutai mēte heteroioutai, pōs an metakosmētheiē ti tōn eontōn [ti ē]? ei men gar ti egineto heteroion, ēdē an kai metakosmētheiē.  (4) oude algei: ou gar pan eiē algeon: ou gar an dunaito aei einai khrēma algeon; oude ekhei isēn dunamin tōi hugiei, oud’ an homoion eiē, ei algeoi: apoginonenon gar teu an algeoi ē prosginomenou, kouk an hoti homoion eiē.  (5) oud’ an to hugies algēsai dunaito: apo gar an oloito to hugies kai to eon, to de ouk eon genoito.  (6) kai peri tou aniasthai hōutos logos tōi algeonti.  (7) oude keneon estin ouden: to gar keneon ouden estin; ouk an oun eiē to ge mēden. oude kineitai: hupokhōrēsai gar ouk ekhei oudamēi, alla pleōn estin. ei men gar keneon ēn, hupekhōrei an eis to kenon; kenou de mē eontos ouk ekhei hokēi hupokhōrēsei.  (8) puknon de kai araion ouk an eiē. to gar araion ouk anuston pleōn einai homoiōs tōi puknōi, all’ ēdē to araion ge keneōteron ginetai tou puknou.  (9) krisin de tautēn khrē poiēsasthai tou pleō kai tou mē pleō: ei men oun khōrei ti ē eisdekhetai, ou pleōn; ei de mēte khōrei mēte eisdekhetai, pleōn.  (10) anankē toinun pleōn einai, ei kenon mē estin. ei toinun pleōn estin, ou kineitai» = (1) «E così è eterno e illimitato e unico e tutto uguale.  (2) E né può perdere alcunché né divenire maggiore né trasformarsi né ha dolore né soffre: infatti, se patisse qualcuna di queste passioni, non sarebbe più unico. Infatti, se s’alterasse, di necessità l’essente non sarebbe uguale, ma si abolirebbe il precedentemente essente ed il non essente si genererebbe. Orbene, se divenisse alterato di un unico capello in diecimila anni, s’abolirebbe tutto in tutto il tempo.  (3) Ma neppure è possibile che si trasformi: infatti, la forma precedentemente essente non s’abolisce né si genera il non essente. Ma, giacché niente né s’aggiunge né s’abolisce né s’altera, come potrebbe trasformarsi qualcuno degli essenti? Se, infatti, qualcosa divenisse alterato, già si sarebbe trasformato.  (4) E non ha dolore: infatti, avendo dolore, non sarebbe tutto: infatti, una cosa che ha dolore non potrebbe essere sempre: non ha potenza identica a quella sana; né sarebbe uguale, se avesse dolore: disgiungendo, infatti, da esso o aggiungendogli qualcosa, avrebbe dolore, e allora non sarebbe più uguale.  (5) E il sano non potrebbe aver dolore: infatti, mentre il sano e l’essente s’abolirebbero, il non essente si genererebbe.  (6) Anche per il soffrire stesso argomento che per l’aver dolore.  (7) E non c’è nessun vuoto: infatti, il vuoto non è nulla; sicché questo niente non può essere. Dunque non si muove: infatti, non ha per nulla dove spostarsi, ma è pieno. Se, infatti, ci fosse vuoto, potrebbe spostarsi nel vuoto; però, non essendoci vuoto, non ha dove spostarsi.  (8) Dunque non può essere fitto e raro. Infatti il raro non può essere pieno in modo simile al fitto, ma, ecco, il raro è di genere più vuoto del fitto.  (9) Dunque bisogna fare questa discriminazione tra il pieno e il non pieno: se qualcosa fa posto e accoglie, non è pieno; se, invece, né fa posto né accoglie, è pieno.  (10) Di necessità, allora, è pieno, se non c’è vuoto. Allora, se è pieno, non si muove».

 

Simpl., Phys., 103, 30

(1) alla mēn ei hen, kai akinēton: to gar hen homoion aei heautōi;  (2) to de homoion out’ an apoloito out’ an meizon ginoito oute metakosmeoito oute algei oute aniatai. ei gar ti toutōn paskhoi, ouk an hen eiē. to gar hēntinaoun kinēsin kinoumenon ek tinos kai eis heteron ti metaballei. outhen de ēn heteron para to on; ouk ara touto kinēsetai.  (7) kai kat’ allon de tropon: ouden kenon estin tou ontos: to gar kenon ouden estin; ouk an oun eiē to ge mēden. ou kineitai oun to on: hupokhōrēsai gar ouk ekhei oudamēi kenou mē ontos.  (8) all’ oude eis heauto sustalēnai dunaito: eiē gar an houtōs araioteron hautou kai puknoteron; touto de adunaton. to gar araion adunaton homoiōs plēres einai tōi puknōi. all’ ēdē to homoion ge kenoteron ginetai tou puknou; to de kenon ouk estin.  (9) ei de plēres esti to on ē mē, krinein khrē tōi eisdekhesthai ti auto allo ē mē: ei gar mē eisdekhetai, plēres; ei de eidekhoito ti, ou plēres.  (10) ei oun mē esti kenon, anankē plēres einai; ei de touto, mē kineisthai, oukh’oti mē dunaton dia plērous kineisthai, hōs epi tōn sōmatōn legomen, all’ hoti pan to on oute eis on dunatai kinēthēnai (ou gar esti ti par’ auto) oute eis to mē on: ou gar esti to mē on. = (1) Ma, se unico, è anche immobile: infatti l’uno è sempre uguale a se stesso;  (2) però l’uguale non può né abolirsi né divenire maggiore né trasformarsi né aver dolore né soffrire. Se, infatti, patisse qualcuna di queste passioni, non sarebbe unico. Infatti quel che si muove d’un qualsiasi movimento trapassa da qualcosa a qualcos’altro. Però s’era detto che null’altro è oltre all’essente; allora esso non si muoverà.  (7) E poi, con un’altra modalità argomentativa: nulla è vuoto dell’essente: infatti il vuoto è nulla; sicché questo niente non può essere. Quindi l’essente non si muove: infatti non ha per nulla dove spostarsi, non essendoci vuoto.  (8) Ma neppure è possibile che si restringa in se stesso: infatti così sarebbe più raro e più fitto di se stesso; questo però è impossibile. Infatti è impossibile che il raro sia pieno in modo simile al fitto. Ma ecco che il raro è di genere più vuoto del fitto; però il vuoto non è.  (9) Se poi l’essente sia pieno o no, bisogna discriminarlo in questo: esso accoglie qualcos’altro o no? Infatti, se non accoglie, è pieno; se invece accoglie, non è pieno.  (10) Se, quindi, non è vuoto, è necessario che sia pieno; se, dunque, è così, è necessario che non si muova, non perché non sia possibile che si muova attraverso il pieno, come argomentiamo sui corpi, ma perché tutto l’essente non può muoversi né verso l’essente (infatti non c’è qualcos’altro oltre ad esso) né verso il non essente: infatti il non essente non è.

Basti questo di Melisso rispetto ai controargomenti di Aristotele; dunque, complessivamente parlando, tali sono i suoi assunti [lēmmata]: l’essente non s’è generato; il non generato non ha principio, poiché il generato ha principio; il non avente principio è illimitato; l’illimitato non può essere secondo accanto ad altro, ma è unico; dunque l’unico e illimitato è immobile [to on ou gegone; to mē genomenon arkhēn ouk ekhei, epeidē to genomenon arkhēn ekhei; to mē ekhon arkhēn apeiron; to apeiron meth’eterou deuteron ouk an eiē, all’ hen; to de hen kai apeiron akinēton estin].

 

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