Melisso, Sulla natura o sull’essente (4)
Melisso, Sulla natura o sull’essente (4)
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Simpl., Phys., 110, 5 (DK 30 B 5; R. B 5)
Dall’illimitato, poi, inferì l’unico dacché [apo de tou apeirou to hen sunelogisato ek tou]
«ei mē hen eiē, peranei pros allo» = «se non fosse unico, presenterebbe un limite con altro».
Però Eudemo accusa [aitiatai] questo argomento d’indeterminatezza [hōs adioristōs legomenon] scrivendo così: «Ma se anche si convenisse che l’essente è illimitato, perché sarebbe anche unico? Ecco, non perché plurali si limitano in ciò a vicenda. Sembra infatti che il tempo trascorso sia illimitato pur presentando un limite con quello presente. Comunque la pluralità non è illimitata in ogni senso, però in uno o in un altro pare ammissibile. Bisogna dunque determinare come gli enti possano non essere illimitati di numero, se plurali [ei de dē sunkhōrēseie tis apeiron einai to on, dia ti kai hen estin? ou gar dē dioti pleiona, peranei tēi pros allēla. dokei gar ho parelēluthōs khronos apeiros einai perainōn pros ton paronta. pantēi men oun apeira ta pleiō takha ouk an eiē, epi thatera de phainetai endekhesthai. khrē oun diorasai, pōs apeira ouk an eiē, ei pleiō]» [fr. 42 F. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, Texte und Kommentar, Heft VIII: Eudemos von Rhodos, Basel – Stuttgart 1969 (1955)].
Simplicius, In Aristotelis De caelo, ed. I.L. Heiberg, Berolini 1894, 557, 14 (DK 30 B 5; R. B 5)
Siccome pare chiaro che il sensibile c’è, se l’essente è unico, non può esserci altro oltre ad esso [tou gar aisthētou enargōs einai dokountos, ei hen to on estin, ouk an eiē allo para touto]. Argomenta dunque [legei de] Melisso:
«ei gar ‹apeiron› eiē, hen eiē an: ei gar duo eiē, ouk an dunaito apeiron einai, all’ ekhoi an peirata pros allēla» = «Se, ecco, fosse illimitato, sarebbe unico: infatti, se fossero due, non potrebbero essere illimitati, ma avrebbero limiti l’uno rispetto all’altro».
Simpl., Phys., 103, 28
ei de apeiron, hen. ei gar duo eiē, ouk an dunaito apeira einai, all’ ekhoi an peirata pros allēla. apeiron de to on; ouk ara pleiō ta onta; hen ara to on = Se, dunque, è illimitato, è unico. Infatti, se fossero due, non potrebbero essere illimitati, ma avrebbero limiti l’uno rispetto all’altro. L’essente, però, è illimitato; allora gli essenti non son plurali; allora l’essente è unico.
Isocrates, Helenae encomium, 10, 3 (R. A 6a)
Come si potrebbe superare… Melisso, che, pur esistendo cose infinite di numero, pose mano a trovare dimostrazioni [apodeixeis] che il tutto è uno [henos ontos tou pantos]?
Isocrates, De permutatione, 15, 268 (R. A 6a)
… gli argomenti degli antichi sofisti, dei quali l’uno disse che il numero degli essenti è infinito… Parmenide e Melisso uno [hen]…
Aristoteles, Metaphysica, A 5, 986 b 18 (R. A 11)
Parmenide, ecco, sembra intendere l’uno secondo il concetto [eoike tou kata ton logon henos haptesthai], Melisso, invece, secondo la materia (e perciò quello dice che esso è delimitato, questo che è illimitato) [tou kata tēn hulēn (dio kai ho men peperasmenon ho d’ apeiron phēsin einai auto)].
Aët., II, 1, 2 (D. 327; DK 30 A 9; R. A 9)
Parmenide, Melisso: il cosmo è uno [hena ton kosmon]
Epiphanius, Aduersus haereses, III, 2, 12 (D. 590; DK 30 A 12; R. A 12)
Melisso, figlio d’Itagene, della gente di Samo, disse che il tutto è uno e che niente di saldo esiste in natura, ma tutti gli enti sono distruggibili in potenza [hen to pan ephē einai, mēden de bebaion huparkhein tēi phusei, alla panta einai phtharta en dunamei].
Aët., I, 7, 27 (D. 303; DK 30 A 13; R. A 13)
Melisso e Zenone: ‹Dio è› l’uno e tutto [to hen kai pan] e solo l’uno è eterno ed illimitato [monon aidion kai apeiron to hen].
Galenus, In [Hyppocratis] De natura hominis, Corpus Medicorum Graecorum, V, 9, 1, 17 (DK 30 A 6; R. A 6)
Infatti, non comprovano che l’uomo sia uno dei quattro elementi, ma sorreggono l’argomento di Melisso, che pure ritiene che esso sia qualcosa di unico, non però uno di questi quattro (aria, terra, acqua e fuoco). È dunque verosimile [eoike de] che quest’uomo pensasse che ci fosse una qualche essenza comune soggiacente ai quattro elementi, ingenerata e indistruttibile, che quelli dopo di lui chiamarono materia [ennoēsai men einai tina ousian koinēn hupobeblēmenēn tois tessarsi stoikheiois, agenētos te kai aphtharton, hēn hoi met’ auton hulēn ekalesan], ma non sia stato proprio capace di chiarire questo articolatamente. Quest’essenza, dunque, la chiama l’uno ed il tutto [tautēn d’ oun autēn tēn ousian onomazei to hen kai to pan].
[Aristoteles] De Mel., c. 1, 974 a 12 (DK 30 A 5; R. A 5)
(3) kai apeiron d’ on «hen» einai: ei gar duo ē pleiō eiē, «perat’ an» einai tauta pros allēla. (4) hen de on homoion einai pantē: ei gar anomoion, pleiō onta, ouk an eti hen einai, alla polla = (3) E dunque, essendo illimitato, è «unico»: infatti, se fossero due o più, questi presenterebbero «limiti» l’uno rispetto all’altro. (4) Essendo, dunque, unico, è totalmente omogeneo: infatti, se fosse disomogeneo, sarebbe plurale, e sarebbe non già unico, ma molteplice.
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