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Melisso, Sulla natura o sull’essente (13)

Melisso, Sulla natura o sull’essente (13)

Apr 07

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[Arist.] De Melisso, C. 2, 976 a 21 (DK 30 A 5; R. A 5)

(19) E poi, se è eterno e illimitato, come potrebbe essere unico, essendo corpo [pōs an eiē hen sōma on]? Se, infatti, fosse tra gli enti dalle parti disuguali [anomoiomerōn], sarebbe molteplice [polla], ed egli stesso reputerebbe che è [einai axioi] così [houtō g’]. Se, invece, l’essente fosse tutto insieme acqua o tutto insieme terra, oppure quel che fosse, avrebbe comunque molte parti [ei de hapan hudōr ē hapan gē, ē hoti dē to on tout’ esti, poll’ an ekhoi merē] (come anche Zenone tenta di mostrare che l’essente è unico in questo modo), quindi anche le sue parti sarebbero plurime, essendo maggiori o minori le une [epikheirei on deiknunai to houtōs on hen), eiē oun an kai pleion’ atta autou merē, elatton’ onta kai makroter’ alla] rispetto alle altre, sicché in questo sarebbe dappertutto alterato, pur non essendo aggiunto né disgiunto nessun corpo [pantē an tautē alloion eiē oudenos prosgignomenou sōmatos oud’ apogignomenou].  (20) Se, invece, non ha nessun corpo né alcuna lunghezza né alcuna larghezza [ei de mēte sōma mēte platos mēte mēkos ekhon mēden], come potrebbe l’unico essere illimitato? O che cosa vieta che tali enti siano molti ed innumerevoli [polla kai anarithma toiauta einai]?  (21) E poi, che cosa vieta che, anche essendo più d’uno, siano illimitati in magnitudine [kai pleiō onta henos megethei apeira einai]? Così anche Senofane afferma che la profondità [bathos] della terra e dell’aria è illimitata. Lo dichiara [dēloi] anche Empedocle: rinfaccia [epitimai], infatti, – siccome qualcuno aveva tali argomenti – che è impossibile che, dall’avere questi molti consegua la loro illimitatezza [hōs legontōn tinōn toiauta, adunaton einai houtōs ekhontōn xumbainein auta]:

… se illimitate le profonditadi

della terra e dell’eter abbondante

fossero – così dunque si discorre

per i verbi di molte umane bocche

di quei che poco vedono del Tutto… [DK 31 B 39]

(22) E poi, essendo unico, non c’è nulla di assurdo se non è totalmente «uguale» [hen on ouden atopon, ei mē pantē homoion esti]. Se, infatti, è tutto insieme acqua o fuoco o qualcosa d’altrettale [hoti dē allo toiouton], nulla vieta di predicare dell’essere-uno più specie ciascuna singolarmente uguale a se stessa [pleiō eipein tou ontos henos eidē, idiai hekaston homoion auto heautōi].  (23) E, infatti, nulla vieta che sia in parte scarso e in parte fitto, pur non essendoci vuoto nello scarso [manon, to de puknon einai, mē ontos en tōi manōi kenou]. Infatti, nello scarso non c’è il vuoto in alcune parti localmente discreto [en gar tōi manōi ouk estin en tisin meresi khōris apokekrimenon to kenon], cosicché l’una parte dell’intero [tou holou to men] sia fitta e l’altra non fitta (e quel tutto che ha questa struttura è bensì scarso [tout’ ēdē esti manon, to pan houtōs ekhon]), ma, pur essendo tutto insieme omogeneamente pieno, è meno pieno del fitto [homoiōs hapan plēres on homoiōs hētton plēres tou puknou].

 

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