Temi e protagonisti della filosofia

Frammenti morali di Democrito (7)

Frammenti morali di Democrito (7)

Set 28

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La ricchezza ingenerata da cattive opere rende più appariscente la vergogna [ploutos apo kakēs ergasiēs perignomenos epiphanesteron to oneidos kektētai].

La brama di ricchezze [chrēmatōn orexis], qualora non abbia un limite nella sazietà [horizētai korōi], è molto più gravosa [chalepōterē] della povertà estrema [peniēs heschatēs]; infatti le brame, più grandi sono, più grandi rendono i bisogni [mezones gar orexeis mezonas endemia poieusin].

I guadagni illeciti portano alla perdita della virtù [kaka kerdea zēmian aretēs pherei].

La speranza d’illecito guadagno è l’inizio della perdita [helpis kakou kerdeos archē zēmiēs].

L’accumulo di troppe ricchezze per i figli è un pretesto palesante il modo d’essere proprio dell’avidità [hē teknois agan chrēmatōn synagōgē prophasis esti philargyriēs tropon idion elenchousa].

Ciò di cui la baracca (del corpo) [to skēnos] ha bisogno è facilmente a portata di mano [parestin eumareōs] per tutti senza sforzo e sofferenza [ater mochthou kai talaipōriēs]; invece quanto richiede [chrēzei] sforzo e sofferenza ed angustia la vita [bion algynei] non è la baracca ad agognarlo [imeiretai], ma l’inconsistenza della conoscenza [hē tēs gnōmēs kakothēgiē].

Il desiderio del sovrappiù dilapida ciò che c’è [hē tou pleonos epithymiē to pareon apollysi] e fa diventare simile al [ikelē ginomenē] cane di Esopo.

[Si deve] dire la verità [alēthomytheein] se preferibile [okou lōion].

La franchezza è attigua alla libertà, ma è un rischio la selezione dell’occasione [oikēion eleutheriēs parrēsiē kindynos de hē tou kairou diagnōsis].

Gli avari [hoi pheidōloi] fanno lo stesso dell’ape brigando [ergazomenoi] come se dovessero vivere per sempre [aei biōsomenoi].

I figli degli avari riescono incolti [amathees] e sono come i ballerini che volteggiano sulle spade: qualora capiti loro una sola volta di mancare il bersaglio, laddove si deve posare i piedi, sono spacciati [apollyntai], ed è difficile che non capiti una volta (infatti è lasciata (come spazio) solo l’orma dei piedi); altrettanto quelli, qualora manchino l’orma paterna nell’avidità [hamartōsi tou patrikou typou tou epimeleos] e nell’avarizia, si appressano alla rovina [phileousi diaphtheiresthai].

Risparmio [pheidō] e digiuno [limos] sono utili [chrēstē], ma all’occasione lo è anche la prodigalità; sta all’accorto [agathou] riconoscerla [gnōskein].

Una vita senza festa è una lunga strada senza albergo [bios aneortastos makrē hodos apandokeutos].

Avveduto è chi non si addolora [eugnōmōn ho mē lypeomenos] per le cose che non ha, ma si rallegra [chairōn] delle cose che ha.

I piaceri che accadono più raramente [spaniōtata] sono godibili in massimo grado [malista terpei].

Se uno eccede la misura, le cose più gradevoli possono diventare le più sgradevoli [ei tis hyperballoi to metrion ta epiterpestata aterpestata an gignoito].

Gli uomini chiedono la salute agli dei con preghiere [hygieiēn euchēsi para theōn aiteonta], ma non sanno di avere in se stessi la capacità di essere sani [tēn de tautēs dynamin en heautois echontes ouk isasin]; tuttavia, agendo nei modi contrari [tanantia prēssontes] per svogliatezza [akrasiēi], divengono essi stessi traditori [prodotai] della salute per i desideri [tēisin epithymiēsin].


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