Frammenti morali di Democrito (13)
Frammenti morali di Democrito (13)
Nov 30[ad#Ret Big]
Mai l’amplesso ha giovato [xynousiē ōnēse], ed è andata bene se non ha danneggiato [agapēton d’ei mē eblapse].
Alla larga dai discorsi dei disputanti [eridanteōn] e degl’inviluppanti [himantelikteōn].
Coloro che rimuovono il pensiero della morte sono costretti a riempirsi doppiamente [diss’emphorein].
Dico questo sulla totalità delle cose: l’uomo è ciò che tutti sappiamo [legō tade peri tōn xympatōn anthrōpos estin ho pantes idmen].
Sono andato ad Atene e nessuno mi conosceva [outis me egnōken].
La cultura [hē paideia] ‹è guida nella giovinezza e viatico nella vecchiaia›, ornamento per i fortunati e rifugio per gli sfortunati, ‹in casa allietante e fuori non impacciante, con noi di notte e di giorno, in patria ed all’estero›.
La parola è l’ombra dell’opera [logos ergou skiē].
Bisogna che chi si orienta alla tranquillità d’animo [ton euthymeisthai mellonta] non faccia molte cose [polla prassēi] né in privato [idiēi] né in pubblico [xynēi], e, quand’anche agisca, non le scelga al di sopra della propria possibilità [hass’an prassēi hyper te dynamin haireisthai tēn heautou] e natura, ma abbia un’accortezza tale da sostare e non applicarsi a ciò che supera le sue possibilità, nonostante, per come gli sembra, la fortuna lo sospinga e lo conduca più in là [tosautēn echein phylakēn hōste kai tēs tychēs epiballousēs kai es to pleon hypēgeomenēs tōi dokein katatithesthai kai mē pleō prosaptesthai tōn dynatōn]. Infatti darsi il giusto peso è più sicuro che darsi gran peso [euonkiē asphalesteron tēs megalonkiēs].
La tranquillità d’animo è cosa pregiata che diviene acquistabile coll’inazione.
La ragione interiormente [ton logon entos] già nutrita [trephomenon] e radicata in se stessa [rizoumenon en heautōi] è abituata a trarre le gioie da se stessa [ex heautou tas terpsias ethizomenon lambanein].
O uomo, molti malanni e patimenti affliggono il tuo corpo provenendo per natura da esso stesso e ne riceve anche di accidentali da fuori; ma se vi t’introdurrai, troverai una dispensa varia e molto penosa di mali [an de sauton anoixēs endothen poikilon ti kai polypathes kakōn tamieion heurēseis], che non affluiscono dall’esterno, ma hanno come delle fonti sotterranee ed autoctone che la malvagità fa rampollare essendo pervasiva e prodiga di passioni.
In un pesce messo in comune non ci sono spine [en xynōi ichthyi akanthai ouk eneisin].
Il politico non deve curarsi di piacere a quelli che gli stanno vicino [tois pelas handanein].
Noi siamo stati discepoli [mathētas] degli animali nelle cose principali [en tois megistois]: del ragno nella tessitura e nel rammendo, della colomba nell’edilizia [en oikodomiai] e degli uccelli canterini, del cigno e dell’usignolo, nel canto, mediante imitazione [en ōidēi kata mimēsin].
‹Bisogna› apprendere dall’arte politica, che è la maggiore, [politikēn technēn megistēn ousan ekdidaskesthai] e perseguire quelle fatiche dalle quali si generano le cose grandi e splendide [tous ponous diōkein aph’hōn ta megala kai lampra ginontai] per gli uomini.
… con pensieri nuovi per il (nuovo) giorno [nea eph’hēmerēi phroneontes].
Se, citandola [= l’anima] il corpo in giudizio per tutto ciò che l’ha afflitto in vita [tou sōmatos autēi dikēn lachontos para panta ton bion hōn ōdynētai] e gli ha fatto patire male, fossi io stesso giudice del reclamo, con piacere condannerei l’anima sulla base di queste cose: da un lato, per aver rovinato il corpo con le (sue) disattenzioni [kakōs peponthen autos genoito tou enklēmatos di‹aitētēs› hēdeōs an katapsēphisasthai tēs psychēs eph’hois ta men apōlese tou sōmatos tais ameleiais] e per averlo dissolto [exelyse] con le ubriacature, e, dall’altro, per averlo corrotto [ta de katephtheire] e sciupato con l’attaccamento ai piaceri, come accusando uno che ha utilizzato senza riguardo qualche strumento o attrezzo malridotto [diespase tais philēdoniais hōsper organou tinos ē skeuous kakōs echontos ton chrōmenon apheidōs aitiasiamenos].
Se il corpo esigesse giustizia dall’anima per maltrattamento, essa non potrebbe sfuggire (alla condanna) [dikasaito tēi psychēi kakōseōs ouk an autēn apophygein].
Il vivente è un piccolo mondo [mikros kosmos].
L’uomo è un piccolo mondo.