Frammenti morali di Democrito (12)
Frammenti morali di Democrito (12)
Nov 16[ad#Ret Big]
Povertà, ricchezza: nomi di bisogno e sazietà [peniē ploutos onomata endeiēs kai korou]; dunque chi ha bisogni [endeōn] non è ricco e chi non ha bisogni non è povero.
Se non desidererai molte cose, le poche ti sembreranno molte: infatti un piccolo appetito fa sì che la povertà eguagli in forza la ricchezza [ēn mē pollōn epithymeēis ta oliga toi polla doxei smikra gar orexis peniēn isosthenea ploutōi poieei].
Bisogna essere consapevoli [gnōskein] che l’umana vita è fragile, di poco tempo, commista a molte sciagure e disfunzioni, cosicché ci si prenda cura di una modesta proprietà e lo sforzo sia commisurato alle necessità [anthrōpinēn biotēn aphaurēn te eousan kai oligochronion pollēisin te kērsi sympephyrmenēn kai amēchaniēsin hokōs an tis metriēs te ktēsios epimelētai kai metrētai epi tois anankaiois hē talaipōriē].
Felice chi è pago di ricchezze modeste, infelice invece chi non è pago di molte [eutychēs ho epi metrioisi chrēmasin euthymeomenos dystychēs de ho epi polloisi dysthymeomenos].
L’impasse pubblica è più gravosa di quella privata: infatti non lascia speranza di soccorso [aporiē xynē tēs hekastou chalepōterē ou gar hypoleipetai helpis epikourēs].
C’è malattia della casa e del vivere così come ce n’è pure della baracca (del corpo) [nosos oikou kai biou ginetai hokōsper kai skēneos].
Irrazionalità è non adattarsi alle circostanze inevitabili nel corso della vita [alogistiē mē xynchōreein taisi kata ton bion anankais].
Espelli col ragionamento l’angoscia indomabile dell’anima bloccata [lypēn adespoton psychēs narkōsēs logismōi ekkroue].
Proprio del saggio è sopportare dignitosamente la povertà [peniēn epieikeōs pherein sōphroneontos].
Sono irrazionali le speranze di quelli che non comprendono [alogoi tōn axynetōn hai helpides].
Coloro ai quali le sventure dei vicini fanno avere piacere non comprendono che le sfortune sono comuni a tutti e inoltre sono sprovvisti di gioie a casa loro [hoisin hēdonēn echousin hai tōn telas xymphorai ou xyniasi men hōs ta tēs tychēs koina pasin aporeousi de oikēiēs charas].
Vitalità e bella forma fisica sono i beni della gioventù, ma la saggeza è il fiore della vecchiaia [ischys kai eumorphiē neotētos agatha gēras de sōphrosynē anthos].
Il vecchio era giovane, ma non è certo che il giovane perverrà alla vecchiaia; dunque il bene compiuto è migliore di quello ancora futuro e incerto [ho gerōn neos egeneto ho de neos adēlon ei es gēras aphixetai to teleion oun agathon tou mellontos eti kai adēlon kresson].
Vecchiaia è mutilazione integrale: ha tutto e manca di tutto [gēras holoklēros esti pērōsis pant’echei kai pasin endei].
Alcuni uomini, che non vedono la dissoluzione della natura mortale [thnētēs physeōs dialysin ouk eidontes] ma sono consci delle cattive azioni condotte nella vita, tribolano in turbamenti e paure per tutto il tempo della loro vita, foggiando miti falsi sul tempo dopo la fine [syneidēsei de tēs en tōi biōi kakopragmosynēs ton tēs biotēs chronon en tarachais kai phobois talaipōpeousi pseudea peri tou meta tēn teleutēn mythoplasteontes chronou].
Bel blog, complimenti!
Grazie Elisa, continua a seguirci!
LA METAFISICA DI ARISTOTELE
di Davide Boratto perché non c’è più? :-((
Ciao! Abbiamo perso l’articolo con il trasloco di host (e anche la mia copia di salvataggio per motivi ignoti), ma adesso ho riscritto un nuovo articolo e dalla settimana prossima si prosegue, finalmente!