Frammenti morali di Democrito (11)
Frammenti morali di Democrito (11)
Ott 26[ad#Ret Big]
L’allevamento dei figli è pernicioso: infatti, mentre nel successo ci si accolla un sacco di conflitti e preoccupazioni, nell’insuccesso non è superato da nessun’altro tormento [teknotrophiē sphaleron tēn men gar epitychiēn agōnos mestēn kai phrontidos kektētai tēn de apotychiēn anypertheton heterēi odynēi].
Non mi sembra si debba generare figli: intravedo [ou dokei moi chrēnai paidas ktasthai enorō] infatti nella [en] generazione [ktēsei] di figli sia [men] molti e grandi rischi [kindynous] sia [de] molti dolori [lypas], nonché [de] poche soddisfazioni [euthēleonta] e, quanto a queste, lievi [lepta] e pure deboli [asthenea].
Mi sembra sia meglio [ameinon] che chi ha proprio bisogno di fare un figlio [hoteōi chrēmē tea esti paida poiēsasthai] ne prenda uno dagli amici [ek tōn philōn teu]. E allora egli avrà un figlio tal quale lo vorrebbe: infatti può sceglierselo come gli garba [tōi men pais estai toioutos hoion an boulētai esti gar eklexasthai hoion ethelei]. E inoltre chi gli sembrasse essere idoneo [epitēdeios] lo seguirebbe completamente, secondo la sua natura [malista kata physin hepoito]. E in tutto ciò c’è anche tale differenza [tosouton diapherei]: che in questo caso è possibile prendere [labein] il figlio che si ha in mente tra [katathymion ek] molti, quale dovrebbe essere [hoion an dēei]; qualora invece uno se lo facesse da sé [poiētai apo heōutou], ci sarebbero [eneisi] molti rischi: di necessità [anankē] infatti dovrebbe accontentarsi di quello che nascesse [ho an genētai toutōi chrēsthai].
Agli uomini generare figli sembra essere tra gli obblighi [tōn anankaiōn] (provenienti) dalla natura o da una qualche istituzione antica. Ma ciò è manifesto anche tra gli altri animali [apo physios kai katastasios tinos archaiēs dēlon de kai tois allois zōioisi]: tutti infatti per natura procreano [ekgona ktatai] non avendo in vista [eineka] nessuna utilità [epōpheleiēs], ma ciascuno come può [hōs dynatai], quando genera, si preoccupa per i figli [otan genētai talaipōrei], li nutre [trephei] e ha moltissimo timore per loro [hyperdedoike] finché sono piccoli [smikra] e, qualora succeda loro qualcosa, si affligge [ti pathēi aniatai]. Certo [men], a tutti colro che hanno un’anima è propria tale natura [hē… physis toiautē]; tra gli uomini però [de dē] ora si è creata [pepoiētai] la convinzione [nomizon] che si tragga qualcosa di vantaggioso dalla progenie [epauresin tina gignesthai apo tou ekgonou].
Bisogna spartire le sostanze [dateisthai ta chrēmata] il più possibile [malista… tōn anystōn] tra i figli [tois paisi] e insieme occuparsi di loro, affinché non facciano qualcosa di avventato avendole tra le mani [hama epimeleisthai autōn mē ti atēron poieōsi dia cheiras echontes]: e dnfatti [men gar] allo stesso tempo [hama] diventano molto più parsimoniosi verso [pollon pheidoteroi gignontai es] i soldi, più desiderosi di farne [prothymoteroi ktasthai] e se li contendono [agonizontai allēloisi]. Ma [gar] nella comunione le spese non affliggono come le proprie [en gar tōi xynōi ta teleumena ouk aniai hōsper idiēi] né ci si rallegra per i guadagni [euthymei ta epiktōmena], ma per molto meno.
Senza scialacquare molti dei propri averi [ou polla tōn spheterōn analōsantas] è possibile [exestin] educare i figli e inoltre cingere sia le sostanze sia le loro vite con un muro protettivo [paideusai te tous paidas kai teichos te kai sōtēriēn peribalesthai tois te chrēmasi kai tois sōmasin autōn].
Come tra le piaghe l’ulcera tumorale è il morbo peggiore [tois elkesi phagedania kakiston nosēma], così, nell’ambito delle ricchezze [en tois chrēmasi], peggiore è il morbo [to] che vuole conquistare quelle prossime [prosarmosan] ‹sempre› e di continuo [to syneches].
Mentre usare le ricchezze con senno è utile per risultare liberale e giovevole al popolo, usarle dissennatamente significa prostituirsi pubblicamente [chrēmatōn chrēsis xyn noōi men chrēsimon eis to eleutherion einai kai dēmophelea xyn anoiēi de chorēgiē xynē].