Temi e protagonisti della filosofia

Frammenti di Anassagora (1)

Frammenti di Anassagora (1)

Ago 16

 

 

H. Diels – W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, Griechisch und Deutsch, Berlin 1951-1952, 59 B 1

Simplicius, In Aristotelis Physicam, 155, 23: Che Anassagora professa che da un unico miscuglio si secernono omeomeri infiniti di numero [ex henos migmatos apeira tō(i) plēthei homoiomerē apokrimesthai phēsi], essendo, da una parte, tutte le cose insite in ogni cosa e, dall’altra, essendo ciascuna caratterizzata conformemente a quel che prevale, lo mostra [pantōn men en panti enontōn, hekastou de kata to epikratoun kharaktērizomenou, dēloi] mediante il primo libro della Fisica dicendo all’inizio:

homou panta khrēmata ēn, apeira kai plēthos kai smikrotēta; kai gar to smikron apeiron ēn kai pantōn homou eontōn ouden endēlon ēn hupo smikrotētos: panta gar aēr te kai aithēr kateikhen, amphotera apeira eonta: tauta gar megista enestin en tois sumpasi kai plēthei kai megethei.

«Insieme tutte le cose erano, illimiti sia per quantità sia per piccolezza; infatti anche il piccolo era illimite e, essendo tutte insieme, per la piccolezza nulla era appariscente: infatti aria ed etere le contenevano tutte, essendo entrambi illimiti: questi infatti sono i massimi nel complesso di tutti gli enti sia in quantità sia in magnitudine».

Diels-Kranz 59 B 2

Simpl. Phys. 155, 30: E dopo poco:

kai aēr te kai aithēr apokrinontai apo tou pollou tou periekhontos, kai to ge periekhon aperiron esti tō(i) plēthei.

«E sia aria sia etere si secernono dal molto contenente, ed il contenente, ecco, è infinito in quantità».

Diels-Kranz 59 B 3

Simpl. Phys. 164, 16: E che non vi è nei principi né il minimo né il massimo [oute to elakhiston estin en tais arkhais oute to megiston]: «Né infatti del piccolo», professa, «c’è… piccola». Se infatti tutto è in ogni cosa e tutto da ogni cosa si secerne, anche da quel che sembra minimo si secernerà qualcosa di più piccolo di esso, e quel che sembra grande sarà secreto da qualcosa di maggiore di esso [ei gar pan en panti kai pan ek pantos ekkrinetai, kai apo tou elakhistou dokountos ekkrithēsētai ti elasson ekeinou, kai to megiston dokoun apo tinos exekrithē heautou meizonos]. Dice dunque luminosamente [saphōs] che «in ogni cosa v’è parte di ogni cosa, ad eccezione del nous; vi sono cose nelle quali comunque v’è anche il nous» [DK 59 B 11]. Ed ancora che «le altre cose hanno parte di ogni cosa, il nous invece è infinito e comandante da sé e non è mescolato ad alcuna» [DK 59 B 12]. Ed inoltre altrove s’esprime [phēsi]: «E se dunque parti uguali sono del grande e del piccolo per quantità, allora anche così tutte le cose sono in ognuna; né è possibile che siano separatamente, ma tutte partecipano di ognuna. Giacché non è possibile che il minimo sia, non è possibile separarsi, e neppure essersi generato in sé, ma, com’era in principio, sono anche adesso tutte insieme. In tutte le cose dunque sono insite molte cose ed uguali per quantità si nelle maggiori sia nelle minori di quelle secrete» [DK 59 B 6]. E questo dunque Anassagora stima, che ciascuno degli omeomeri sensibili si generi e si caratterizzi conformemente alla sintesi dei simili [axioi to hekaston tōn aisthētōn homoiomerōn kata tēn tōn homoiōn sunthesin ginesthai te kai kharaktērizesthai]. Dice dunque: «ma ogni uno è ed era le cose più appariscenti che più vi son insite» [DK 59 B 12].

oute gar tou smikrou esti to ge elakhiston, alla elasson aei (to gar eon ouk esti to mē ouk einai) ‒ alla kai tou megalou aei esti meizon. kai ison esti tō(i) smikrō(i) plēthos: pros heauto de hekaston esti kai mega kai smikron.

«Né infatti del piccolo c’è, ecco, il minimo, ma sempre un minore (l’essente infatti non è possibile che non sia) ‒ ma anche del grande sempre c’è un maggiore. Ed è uguale al piccolo per quantità; rispetto a se stessa, dunque, ciascuna cosa è sia grande sia piccola».

Diels-Kranz 59 B 4

Simpl. Phys. 34, 28: Dice infatti così Anassagora un poco dopo l’inizio del primo libro dell’Intorno alla natura [Peri phuseōs]: «Queste cose… altrove». E sembrerà [doxei] forse ad alcuni che non paragoni alla discriminazione noetica nella genesi [pros noeran diakrisin tēn en tēi genesei paraballein], ma che confronti [sunkrinein] la nostra contrada [oikēsin] con altri luoghi [pros topous allous] della terra. Non direbbe comunque di altri luoghi «sole… noi» e non chiamerebbe quelli là [ekalese ta ekei] «semi… forme». E dopo un poco «queste cose… gusti. Prima invece che si secernessero», professa, «tutte… all’altra».

Ibid. 34, 21: «Prima invece che si secernessero queste cose,… tutte… cose».

Ibid. 157, 9: E tuttavia [mentoi], avendo detto «siano insite molte… gusti. E si compattarono uomini e tutti gli altri viventi quanti hanno vita», procede «e questi uomini, ecco,… usano». E che alluda ad una qualche altra disposizione cosmica oltre a quella presente da noi, lo mostra il dire [hoti men heteran tina diakosmēsin para tēn par’ hēmin ainittetai, dēloi to] «come presso di noi», detto non una volta soltanto [hapax monon]. E che dunque non la pensi come una disposizione cosmica sensibile, precedente questa dunque nel tempo [aisthētēn men ekeinēn oietai, tōi khronōi de tautēs proēgēsamenēn], lo mostra il dire: «delle quali, dopo averle raccolte nelle loro case, quelli usano le più giovevoli». Non ha infatti detto «usavano [ekhrōnto]», ma «usano». Ma neppure parla di una costituzione che è simile a quella presso di noi in qualche altra contrada di adesso [hōs nun kat’ allas tinas oikēseis homoias ousēs katastaseōs tēi par’ hēmin]. Non ha infatti detto: «quelli hanno il [ton] sole e la [tēn] luna come presso di noi», ma «sole e luna come presso di noi», come se dunque parlasse di altri [peri allōn legōn]. Ma su queste cose [tauta], sia che stiano così sia che stian altrimenti, vale la pena far ricerca [zētein axion].

toutōn de houtōs ekhontōn khrē dokein eneinai polla te kai pantoia en pasi tois sunkrinomenois kai spermatōn pantōn khrēmatōn kai ideas pantoias ekhonta kai khroias kai hēdonas. kai anthrōpous te sumpagēnai kai ta alla zō(i)a hosa psukhēn ekhei. kai tois ge anthrōpoisin einai kai poleis sunōikēmenas kai erga kateskeuasmena, hōsper par’ hēmin, kai ēelion te autoisin einai kai selēnēn kai ta alla, hōsper par’ hēmin, kai tēn gēn autoisi phuein polla te kai pantoia, hōn ekeinoi ta onēista sunenenkamenoi eis tēn oikēsin khrōntai. tauta men oun moi lelektai peri tēs apokrisios, hoti ouk an par’ hēmin monon apokritheiē, alla kai allē(i).
prin de apokrithēnai tauta pantōn homou eontōn oude khroiē endēlos ēn oudemia: apekōlue gar hē summixis pantōn khrēmatōn tou te dierou kai tou xērou kai tou thermou kai tou psukrou kai tou lampo kai tou zopherou, kai gēs pollēs eneousēs kai spermatōn apeiron plēthos ouden eoikotōn allēlois. oude gar tōn allōn ouden eoike to heteron tō(i) heterō(i). toutōn de houtōs ekhontōn en tō(i) sumpanti khrē dokein eneinai panta khrēmata.

«Queste cose stando così, dunque, bisogna opinare che siano insite molte cose e d’ogni qualità in tutte le cose conglomerate e semi di tutte le cose aventi forme d’ogni qualità e colori e gusti. E si compattarono uomini e tutti gli altri viventi quanti hanno vita. E questi uomini, ecco, han sia città abitate sia opere costruite, come presso di noi, ed essi hanno sole e luna e le altre cose, come presso di noi, e la terra produce loro molte cose e d’ogni qualità, delle quali, dopo averle raccolte nelle loro case, quelli usano le più giovevoli. Queste cose quindi sono state da me argomentate sulla secrezione, perché non solo presso di noi è possibile il secernersi, ma anche altrove.
Prima invece che queste cose si secernessero, essendo tutte insieme, neppure era appariscente colore alcuno: lo vietava infatti la commistione di tutte le cose, dell’umido e del secco, del caldo e del freddo, dello splendente e del tenebroso e di molta terra che v’era e di semi infiniti in quantità, per nulla somiglianti l’uno all’altro. Neppure, infatti, delle altre cose per nulla assomiglia l’una all’altra. Queste cose dunque stando così, nel tutto complessivo bisogna opinare che vi siano tutte le cose»

 

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