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Argomenti epicurei contro il timore della morte (8)

Argomenti epicurei contro il timore della morte (8)

Dic 20

Articolo precedente: Argomenti epicurei contro il timore della morte (7)

 

Secondo argomento

Argomento per simmetria

 

2. Discussione

Abbiamo osservato che l’argomento per simmetria condivide alcune debolezze dell’argomento “nessun soggetto di danno”. Inoltre, possiamo sollevare alcuni dubbi sulla premessa principale su cui poggia – la presunta simmetria tra stati e atteggiamenti – sia accettandola, sia rifiutandola. Esaminiamo entrambi i casi.

 

2.2. Inversione di prospettiva

Si può replicare all’argomento di Lucrezio abbracciandone fino in fondo la simmetria. L’argomento assume che non temiamo l’inesistenza prenatale, rispecchiando poi questo atteggiamento verso l’inesistenza postuma in base alla premessa implicita: «Stati simili per aspetti rilevanti autorizzano atteggiamenti simili».

Ora, che accadrebbe se invece di muovere dall’assenza di timore per lo stato prima del nostro concepimento assumessimo come punto di partenza la presenza di timore per lo stato dopo il nostro decesso? Ne concluderemmo che dobbiamo temere l’inesistenza passata almeno quanto temiamo quella futura. Dopotutto, un altro modo di adottare atteggiamenti simili verso entrambi gli stati è temere sia l’inesistenza prenatale sia quella postuma. Anche in questo caso, la simmetria espressa dall’argomento sarebbe garantita.

Così, l’argomento lucreziano può ritorcersi contro chi lo propone. Difatti, accettandone assunti e struttura, ma sostituendo la premessa iniziale, giungiamo a conclusioni opposte. Sembra esserci qualcosa di piuttosto debole in un ragionamento che, variando solo il punto di partenza, permette di provare ora una tesi, ora la sua contraria. Ma l’argomento può essere rigettato anche contestandone la simmetria.

 

2.3. Asimmetria tra stati

Alcuni filosofi hanno cercato di provare che stato previtale e stato di morte non sono così speculari come Lucrezio suppone. Da un punto di vista oggettivo, i due stati sembrano effettivamente simili. Considerata “dall’esterno”, la nostra esistenza può essere rappresentata come un segmento dai cui estremi (concepimento o nascita da un lato, decesso dall’altro) si dipartono due semirette (inesistenza previtale da un lato, inesistenza postuma dall’altro) che giacciono sulla stessa retta e si estendono all’infinito.

Viste da questo punto di osservazione – sostanzialmente atemporale data la compresenza dei due stati d’inesistenza – le due semirette che li raffigurano sono perfettamente simmetriche. Sotto questo rispetto, forse Lucrezio coglie una verità: essere morti non sarà peggio (proprio come non sarà meglio) di quanto lo è stato, tempo fa, non essere ancora nati. In entrambi i casi, siamo nulla.

Tuttavia, da un punto di vista soggettivo, la faccenda cambia. Noi viviamo la nostra vita “dall’interno”: è da questo punto di vista che la consideriamo quotidianamente. Il modo in cui viviamo la prospettiva della nostra morte è diverso dal modo in cui viviamo la retrospettiva della nostra precedente inesistenza. E questo, forse, in ragione del fatto che siamo immersi nella temporalità: la morte non c’è ancora, l’inesistenza previtale non c’è più. Questa dimensione temporale mette in luce almeno due asimmetrie.

  • L’inesistenza postuma sarebbe uno stato di privazione in un modo che l’inesistenza prenatale non è. Chi muore è privato della vita (e di tutto ciò che essa comporta), mentre chi è non è ancora venuto al mondo non patisce alcuna perdita. Per fare un paragone, chi è stato abbandonato dal proprio compagno non si trova nella stessa condizione di chi non ne ha mai avuto uno: sebbene entrambi siano privi di compagno, il primo ha perduto qualcosa. Venire al mondo (nascere, o essere concepito) non mi sottrae alcunché, perché prima della mia esistenza non potevo acquisire qualcosa, dato che ero nulla. Al contrario, adesso che ho già vissuto, posso prevedere che cosa mi sarà tolto morendo: niente più amicizie, amori, progetti, passatempi… La morte preoccupa, forse, per la paura di perdere ciò che abbiamo – e ci è caro.
  • Lo stato d’inesistenza prenatale è irreversibilmente sfumato, ed è difficile inquietarsi per qualcosa che ormai se n’è andato. Paura e timore, infatti, sembrano essere disposizioni essenzialmente orientate al futuro, per cui è naturale temere un danno venturo ma non uno già accaduto. Ad esempio, immaginiamo che in passato mi sia dovuto sottoporre a un delicato intervento chirurgico e che in un futuro prossimo ne debba subire un altro esattamente identico. Anche ipotizzando che i due interventi siano indistinguibili, è evidente che non li vivo nello stesso modo, come non vivrei nello stesso modo un brutto ricordo e una minaccia. Ora non temo più il primo intervento perché, essendo cessato e allontanandosi, non sono più nella condizione di attenderlo, mentre il secondo mi spaventa perché si sta avvicinando. In questo caso, il passato non rispecchia simmetricamente il futuro, ed è possibile che sia così anche per la morte.

Sebbene queste ultime osservazioni sembrino piuttosto corrosive, potrebbero non essere decisive. Difatti, si potrebbe obiettare che l’argomento per simmetria funziona solo se seguiamo l’implicito invito lucreziano a guardare alla nostra esistenza con occhio distaccato, ossia assumendo quel punto di vista esterno cui abbiamo accennato, che tralasci visioni parziali e soggettive.

Benché questa replica possa essere corretta, c’è ancora una possibile obiezione all’argomento per simmetria di cui dare conto. Come l’argomento “nessun soggetto di danno” non considerava che l’oggetto di timore fosse l’inesistenza, così anche l’argomento di Lucrezio potrebbe non cogliere nel segno. Di questa ultima e forse definitiva critica ci occuperemo nel prossimo articolo.

 

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