Due poesie introspettive di Giovanni Geometra
Due poesie introspettive di Giovanni Geometra
Giu 05I
Terra e pelago e volta tu, mio Cristo:
e terra pesto a’ numi tuoi di dì,
e il pelago con te al timone navigo,
ed isso verso la celeste volta
la vela della mente. Ma di venti
avversi vedo la navigazion
colma, e temo i rovesci, e per la terza
onda delle passioni inorridisco.
Come percorreò e taglierò l’aria,
dunque, e mi disferò di tanti stalli?
E non naufragherò così e cadrò
agl’estremi di Terra, nei tartarei
antri, se colle mani tu nocchier
sia: se, empiendo del tuo spirito l’ala
delle vele, mi guidi al trono tuo.
II
Infuria sì la carne, ma lo spirito
s’infiamma, trascinato son qua e là;
Cristo, giudica: da’ di più al migliore
che al peggiore. Oimè, contro di me
ancora gl’infuocati dardi manda
l’arcier ch’infiamma i cuori, dardi amari
e più dolci del miel, dardi terribili
eppur desiderabili; dal morbo
ristò trafitto, ma non voglio uscirne,
vibro contro di lui la spada, voglio
morir, arder desidero, di più
ferirmi. O orror degli orrori, quale
acqua rispegnerà la fiamma? quale
estrarrà il dardo amaro? L’acqua tua
vivente, Cristo mio, e il verbo tuo:
Redentor, usa adesso i tuoi rimedi.