Diogene Laerzio sull’etica di Platone (III, 78-80)
Diogene Laerzio sull’etica di Platone (III, 78-80)
Set 05
78 Per quel che riguarda, dunque, beni e mali esponeva queste lezioni. Telos sarebbe l’assimilazione al dio. Dunque, la solerte virtù sarebbe esercizio proporzionato di per se stesso all’eudemonia. Come organi, comunque, deve per di più aver un surplus d’efficienza per il corpo, forza, salute, l’ubbidire bene agli stimoli sensoriali, e aver beni simili, anche quelli esteriori, come ricchezza e nobili natali e decoro. Comunque il sofo non sarà per nulla meno felice, anche qualora questi non si presentino. Inoltre, politicherà e si sposerà ovvero non contravverrà alle norme positive prescritte; di più, nei limiti dell’effettuabile, si farà eziandio nomoteta per la propria patria, qualora non riscontri che le cose son definitivamente invariabili in un’iperbolica differenza di peso in senso democratico. 79 Crede, dunque, anche che gli dei guardino le occupazioni umane e che i dèmoni siano. Per primo, dunque, dichiarò che l’intelligenza del bene ha a che fare con quel ch’è oggetto di lode, col logico, coll’utile, coll’appropriato e coll’armonioso, e fu persuaso che tutti quanti questi abiti seguano il solco della natura e s’omologhino a essa.
Perlustrò dialetticamente, dunque, eziandio la correttezza dei nomi; dunque questi per primo costituì eziandio l’episteme discernente il chiedere e rispondere correttamente, che ha abbondantemente utilizzato. Nei dialoghi, dunque, sosteneva che dike sia legge di dio, giacché, essendo rafforzata, dovrebbe condizionare protretticamente a praticare le azioni giuste, cosicché, dopo la morte, i malfattori non abbiano a sottostare a giusti giudizi di condanna. 80 Onde da alcuni è stato supposto troppo propenso al mito, giacché negli scritti ha commisto le indagini e queste narrazioni, cosicché, giacché è immanifesto il tropo che hanno le cose dopo la morte, per questo si astenessero dal dedicarsi alle ingiustizie. Ebbene, i placiti di costui presentavano queste articolazioni.
La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.