Temi e protagonisti della filosofia

Diogene Laerzio su Democrito (prima parte: IX, 34-40)

Diogene Laerzio su Democrito (prima parte: IX, 34-40)

Set 25

Brano precedente: Diogene Laerzio su Leucippo (IX, 30-33)


34 Democrito, nato da Egesistrato – ma per alcuni nacque da Atenocrito e per altri da Damasippo – era abderita o, osservano taluni, milesio. Costui ascoltò le dissertazioni di alcuni Magi e Caldei, che il re Serse aveva lasciato a suo padre come istitutori quando fu ospitato da quest’ultimo, come narra anche Erodoto; da costoro, dunque, prese lezioni in merito alla teologia ed anche all’astronomia quand’era ancora bambino, dopodiché incontrò Leucippo e – presumono alcuni – Anassagora, quand’era di quarant’anni più giovane di quest’ultimo. Ebbene, Favorino nella Storia Varia annota che Democrito delegittimava Anassagora giacché le asserzioni pertinenti al sole e alla luna non erano di quest’ultimo, tutt’altro: erano dottrine arcaiche, egli dunque le aveva sottratte. 35 Di costui, inoltre, disprezzava i ragionamenti pertinenti alla discriminazione del cosmo e al nous, protraendo il dissapore nei suoi confronti giacché non l’aveva preso come discepolo. Ebbene, come si può prestare ascolto alle voci di coloro che invece ne fanno un suo discepolo?

Dunque, Demetrio negli Omonimi e Antistene nelle Successioni dei diadochi dei filosofi narrano che costui si recò tanto in Egitto presso i sacerdoti per imparare la geometria quanto presso i Caldei in Persia, e arrivò anche nel Mar Rosso. Alcuni, inoltre, narrano che egli si mischiò all’ambiente dei Ginnosofisti in India e che arrivò anche in Etiopia. Dunque, essendo il terzogenito, si spartì il patrimonio; e i più affermano che si sia scelta la parte minore, quella in denaro liquido, dacché aveva bisogno di viaggiare; anche gli altri fratelli tenevano sagacemente d’occhio questa sua disponibilità. 36 Demetrio, dal canto suo, afferma che la sua parte era superiore ai cento talenti, che spese tutti quanti. Dice, inoltre, che era tanto diligente nel lavoro che, ritagliatosi una piccola casa nel giardino intorno alla magione paterna, v’era costantemente chiuso; e, quando una volta suo padre vi condusse un bue come vittima per un sacrificio e lo legò lì, per molto tempo non lo notò, sinché il padre non esigette che si alzasse per il sacrificio e gli narrò del bue. Narra: «Sembra che sia andato anche ad Atene e non si preoccupasse d’esser riconosciuto, visto che disprezzava la fama. Così conobbe Socrate, ma non fu conosciuto da quest’ultimo. “Andai infatti”, dichiara, “ad Atene, e nessuno mi ha riconosciuto”».

37 «Se per davvero Gli innamorati antagonisti sono di Platone», sostiene Trasillo, «costui sarebbe il personaggio anonimo, diverso dai proseliti delle cerchie di Euripide e di Anassagora, che dialogava sulla filosofia nella conversazione con Socrate, e al quale quest’ultimo diceva che il filosofo somiglia a un pentatleta. Ed era davvero un pentatleta in filosofia, siccome s’esercitava tanto nelle articolazioni della fisica quanto in quelle dell’etica, e altrettanto nelle matematiche e nelle cognizioni di cultura generale; aveva anche ogni esperienza per quanto concerne le arti». Sua è anche questa lezione: «Il discorso è ombra dell’atto». Demetrio Falereo, di contro, nell’Apologia di Socrate sostiene che egli neanche entrò ad Atene. Questo, dunque, è anche meglio, se effettivamente disdegnò cotanta polis, non volendo ricevere dignità da un luogo bensì preferendo essere lui a fare degno un luogo.

38 Ed è chiaro anche dai suoi scritti quale ingegno era. Riferisce Trasillo: «Sembra dunque che egli fosse emulo dei pitagorici. E menziona anche lo stesso Pitagora, che, nello scritto omonimo, gli sembra ammirevole. Sembra anche che abbia preso tutte le dottrine da lui, e potrebbe sembrare persino che ne avesse ascoltato le lezioni, se la cronologia non lo contraddicesse». Il reggino Glauco, comunque, che era suo contemporaneo, afferma che egli ascoltò le lezioni di uno dei pitagorici. Apollodoro di Cizico, da parte sua, afferma che intrattenne rapporti con Filolao.

Antistene, poi, afferma che era solito testare in vari modi le impressioni, rimanendo talora ermo nel trascorrere il tempo in mezzo alle tombe. 39 Narra inoltre che, rientrato dal viaggio all’estero, trascorreva una vita tapina giacché aveva scialacquato tutto il patrimonio; il suo mantenimento dunque, per questa indisponibilità di mezzi, fu sopportato da suo fratello Damaso. Giacché predisse alcuni eventi futuri, era decorato da una buona fama, ed infine fu ritenuto dai più degno di onori divini. Dacché v’era una legge secondo cui colui che avesse scialacquato i propri beni patrimoniali non avrebbe potuto essere degno di una sepoltura in patria – riferisce Antistene –, egli, ch’era conscio della contingenza oggettiva, per sottrarsi alla denuncia della sua condotta da parte di alcuni invidiosi e sicofanti, lesse ai suoi concittadini la Grande cosmologia, che nell’insieme dei suoi scritti è quello preminente; e così fu onorato con un compenso di cinquecento talenti; non solo, ma anche con simulacri di bronzo; così, quando perì, fu sepolto a spese pubbliche, a un’età superiore ai cent’anni. 40 Da parte sua, Demetrio afferma che furono i suoi parenti a leggere la Grande cosmologia, che valse un compenso di soli cento talenti. Questa fama, dunque, è riferita anche da Ippodoto.


La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.


Brano seguente: Diogene Laerzio su Democrito (seconda parte: IX, 40-45)


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