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Diogene Laerzio su Cratete accademico (IV, 21-23)

Diogene Laerzio su Cratete accademico (IV, 21-23)

Feb 20



Brano precedente: Diogene Laerzio su Polemone (IV, 16-20)

21 Cratete, il cui padre era Antigene, era ateniese, del demo di Tria, ed era simultaneamente così uditore come amato di Polemone; fu altresì diadoco di costui qual direttore della scuola. Dunque, costoro volevano così bene l’uno all’altro che, sinché rimasero in vita, non solo erano interessati dalle stesse occupazioni, ma, persino nel respirare, si sforzavano altresì di assomigliare l’uno all’altro; così, da morti, furono accomunati dalla stessa tomba. Per questo Antagora compose una poesia indirizzata a entrambi costoro, di questo tenore:

Nella rimembranza che in questo sepolcro Cratete divino a vedersi e Polemone
giacciono evoca, straniero che passi per di qui,
uomini per somiglianza di sentire magnanimi; detti
sacri eran emessi dal demonico labbro di costoro,
così una vita pura di sofia s’ostendeva adorna,
per un divino evo irreversibile, nelle dottrine fededegna.

22 Quindi Arcesilao, che, partitosene da Teofrasto, passò presso costui, enunciava questo: erano degli dei o superstiti di quelli della gente aurea. Cosicché non erano amanti della fama popolare, tutt’altro: erano come Dionisodoro l’auleta, il quale dicono che in un’occasione si sia vantato rievocando il fatto che nessuno aveva udito i suoi concerti né su una trireme né presso una fonte, dissimilmente da come era occorso per i concerti d’Ismenia. Antigono, dunque, afferma che costui era sempre commensale presso Crantore, e che costoro vivevano in concordia insieme anche ad Arcesilao: dunque, Arcesialo coabitava con Crantore, mentre Polemone insieme con Cratete e con tale Lisicle, uno dei concittadini. Cratete dunque – afferma – era l’amato di Polemone, com’è stato verbalizzato prima, mentre Arcesilao lo era di Crantore.

23 Dunque, quando trapassò Cratete nel [lacuna] anno della centoventottesima Olimpiade – questa fama è comunicata da Apollodoro nel terzo libro della Cronologia – lasciò vari libri, alcuni di filosofia, altri pertinenti alla commedia, e altresì discorsi rivolti al popolo e composti in occasione di legazioni diplomatiche. Raccolse altresì come discepoli menti illustri; tra questi Arcesilao, del quale parleremo (udì, ecco, anche le sue lezioni), e Bione di Boristene, posteriormente chiamato teodoreo dall’osservanza scelta; parleremo eziandio di costui, subito dopo il percorso su Arcesilao.

Son nati, dunque, dieci Cratete: primo, il poeta della Commedia Antica; secondo, un retore di Tralle, seguace d’Isocrate; terzo, uno scavatore di trincee, ch’era insieme al seguito d’Alessandro; quarto, il cinico, di cui parleremo; quinto, un filosofo peripatetico; sesto, l’accademico su cui abbiamo verbalizzato prima; settimo, uno di Mallo, grammatico; ottavo, uno che ha scritto lezioni di geometria; nono, un poeta di epigrammi; decimo, uno di Tarso, filosofo accademico.

La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.


Brano seguente: Diogene Laerzio su Crantore (IV, 24-27)



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