Diogene Laerzio, Proemio (seconda parte: I, 5-11)
Diogene Laerzio, Proemio (seconda parte: I, 5-11)
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5 D’altronde, quanti danno ad essi l’escogitazione della filosofia adducono anche Orfeo il tracio, legittimandone la presenza nel genere dei filosofi e sostenendo che sia il più arcaico. Io, dal canto mio, non so se occorra chiamare filosofo chi ha enunciato tali vedute per quanto concerne gli dei e come si debba appellare chi non si fa scrupolo di attribuire ogni umana passione agli dei, anche gli atti turpi compiuti raramente da alcuni uomini con l’organo della fonazione. Il mito, inoltre, afferma che costui fu soppresso dalle donne; d’altronde, l’epigramma leggibile nell’insediamento di Dio in Macedonia afferma che fu fulminato, in quanto recita così:
Il tracio dalla lira d’oro, Orfeo, in questa tomba le Muse seppellirono;
Giove, sovrano dell’alto, uccise costui con fumante dardo.
6 D’altra parte, coloro che professano che la filosofia ebbe origine dai barbari fanno riferimento anche alle peculiarità evidenziantisi presso ciascuna di queste aggregazioni. Così narrano che i ginnosofisti e i druidi filosofano con apoftegmi enigmatici; inoltre onorano gli dei, non fanno nulla di male e coltivano il coraggio. Clitarco, nel dodicesimo libro, dice che i ginnosofisti disprezzano anche la morte. I caldei, da parte loro, s’impegnerebbero nella perlustrazione dell’astronomia e nelle predizioni. I magi, per parte loro, disporrebbero del loro tempo nella venerazione degli dei, nei sacrifici e nelle preghiere, giacché convinti d’esser i soli a venir ascoltati. Avanzano dunque ragionamenti pertinenti all’essenza e alla genesi degli dei, i quali sarebbero fuoco, terra ed acqua; si narra, d’altronde, che condannino le immagini e che biasimino massimamente quanti argomentano che vi sono divinità maschili e femminili. 7 Comunque fanno ragionamenti pertinenti anche alla legalità e giudicano irreligioso cremare i defunti; eppure considerano conforme alla religione accoppiarsi con la madre o la figlia, secondo la fama verbalizzata da Sozione nel ventitreesimo libro; eserciterebbero, poi, la mantica e la predizione, dicendo pure che gli dei appaiono innanzi a loro. Ma sostengono anche che l’aria è piena di simulacri concretizzantisi come flusso suscitato dall’effumazione di particelle che entrano negli occhi di quanti han la vista acuta. Si riferisce anche che censurino gli ornamenti appariscenti e i preziosi d’oro. La loro veste è bianca, mentre il letto è un giaciglio di foglie; il vitto, poi, è costituito da verdura, formaggio e pane integrale, e il bacolo è una canna con cui, infilzatolo – riferiscono questa fama –, alzano il formaggio così da mangiarlo.
8 D’altra parte, secondo la fama veicolata da Aristotele nel trattato Sull’arte dei magi e da Dinone nel quinto libro delle Storie, non avrebbero conosciuto la magia degli incantesimi; quest’ultimo sostiene anche che «Zoroastro» sarebbe interpretabile come «colui che sacrifica agli astri»; anche Ermodoro riferisce questa fama. Aristotele, da parte sua, nel primo libro Sulla filosofia, li presenta come più antichi degli Egizi. E nella concezione di costoro vi sono due principi, un dio buono e un demonio cattivo; e i nomi del primo sono Giove ed Oromasde, quelli dell’altro Ade ed Arimane. Riferiscono questa fama, dunque, anche Ermippo nel primo libro Sui magi, Eudosso nel Giro intorno alla terra e Teopompo nell’ottava delle Filippiche. 9 Quest’ultimo, procedendo, discute il fatto che i magi professano che gli uomini rivivranno e saranno immortali e che gli enti permarranno nell’oggettività grazie alle loro epiclesi. Anche Eudemo rodio, dunque, mette in luce queste idee. Ecateo, da parte sua, dice che nella loro concezione gli dei sono anche generati. Secondo la fama riportata da Clearco di Soli nel trattato Sull’educazione, poi, gli stessi ginnosofisti sarebbero nati dai magi; alcuni, dunque, affermano che anche i Giudei emersero da essi. Proseguendo oltre queste notizie, quanti scrivono sui magi biasimano Erodoto perché Serse non avrebbe scagliato dardi in direzione del sole, né avrebbe gettato statue in mare, dato che i magi li supponevano dei. È verosimile, invece, l’asserzione che distrusse le statue degli dei.
10 La filosofia degli Egizi pertinente agli dei e sulla giustizia è invece questa. Professano, dunque, che principio è la materia. Indi i quattro elementi si sarebbero discriminati evolvendo da essa e sarebbero stati prodotti alcuni viventi. Dichiarano inoltre che sole e luna sono dei, chiamati l’uno Osiride e l’altra Iside; questi sono comunque rappresentati enigmaticamente per mezzo dello scarabeo, del drago, del falco e di altri viventi, come afferma Manetone nell’Epitome dei fisici ed Ecateo nel primo libro della Perlustrazione della filosofia degli Egizi. Costruiscono dunque statue e templi, visto che non conoscono la forma del dio. 11 Il cosmo, nella loro concezione, è generato, corruttibile e sferoide; gli astri sono pirici e dalla mescolanza di questi si generano tutti gli oggetti sulla terra; la luna s’eclissa nel ricadere nell’ombra della terra; la psiche permane dopo l’obliterazione del corpo e viene a reincarnarsi; le piogge sono determinate dall’occorrere di una distorsione nell’aria; erano competenti sulle leggi fisiche anche da altri punti di vista, come documentano Ecateo ed Aristagora. Fecero, inoltre, leggi a sostegno della giustizia, che ascrissero ad Ermete; e considerarono dei quanti, tra i viventi, sono utili. Si autoeleggono, infine, scopritori di geometria, astronomia ed aritmetica. Comunque, per quanto concerne la scoperta che c’interessa, si legga quanto segue.
La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.
Brano seguente: Diogene Laerzio, Proemio (terza parte: I, 12-17)