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Filosofia Analitica: origini, correnti, svolte

Filosofia Analitica: origini, correnti, svolte

Gen 11

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Origini della filosofia analitica

Quando si parla di filosofia analitica, spesso si riconduce il movimento a due fenomeni:

1. il neopositivismo logico, sviluppatosi nel centro europa intorno tra il 1910 e il 1930 e concretizzatosi nella scuola di Leopoli-Varsavia, il Circolo di Vienna e di Berlino;

2. il lavoro svolto a Cambridge da Russell e Moore.

A loro volta, queste due componenti si intersecano tra loro: il positivismo logico, sopratutto nel Circolo di Vienna, si ispira ai Principia Mathematica (1910-1913) di Russell e Whitehead, oltre che a Peano, Frege, e al Wittgenstein del Tractatus Logico Philosophicus.

Le influenze riguardano anche:

– l’interesse per il linguaggio ordinario, che si può ricondurre a Frege;

– la metodologia di lavoro come analisi rigorosa, che può essere ricondotta a Frege, Brentano, Bolzano e Lotze.

Quando inizia la filosofia analitica?

La risposta a questa domanda dipende dall’aspetto della filosofia analitica che consideriamo determinante:

– se consideriamo la concezione di filosofia come scienza, possiamo pensare a Brentano;

– se consideriamo la procedura di analisi linguistica, Frege è l’illustre punto di arrivo di una tradizione filosofica, da Aristotele, a Cartesio, a Kant, che usa comunque l’analisi linguistica come strumento di indagine filosofica, in modo più o meno dichiarato a seconda dei casi;

– se consideriamo l’aspetto del confronto tra senso comune e linguaggio filosofico, un’analisi del senso comune si può già trovare nel settecento scozzese fino a Moore;

– non dimentichiamo infine il “primo” Wittgenstein degli anni ’30 e Austin (anni 40 e 50) con la loro attenzione al linguaggio.

Scritti e riviste

La filosofia analitica trova quindi le sue influenze in determinati filosofi e nei loro scritti degli anni trenta del 900. In particolare possiamo ricondare come testi che fissano i principi essenziali della filosofia analitica:

– le riviste Erkenntnis (1930) e Analysis (1933);

– La Sintassi logica del linguaggio di Carnap (1934);

– il saggio Espressioni sistematicamente fuorvianti di Ryle (1931);

Linguaggio, verità e Logica di Ayer.

USA E Inghilterra

L’ascesa al potere del nazismo (1933) segna la diaspora degli intellettuali neopositivisti, che si rifugiano in America e in Inghilterra. In America si fanno strada gli studi logico positivisti, mentre in Inghilterra si diffonde la componente analitica.

In entrambi i casi la filosofia viene concepita come analisi logica, capace di determinare la sensatezza o meno degli enunciati, come avvenne in Inghilterra, con la dissoluzione in chiave logico linguistica dei problemi classici della filosofia, mentre in America l’interesse è più concentrato su interessi epistemologici, legati alla filosofia della scienza.

Linguaggio ideale e ordinario

Abbiamo detto dell’attenzione della filosofia analitica per il linguaggio: più precisamente, l’analisi avviene su due tipi di linguaggio:

1. il linguaggio ideale: in questo caso l’obiettivo è la chiarificazione e purificazione del linguaggio filosofico e scientifico con il confronto con il linguaggio formale della logica. Questa è la tendenza di Carnap, Reichenbach, Quine, Goodman e si sviluppa perlopiù negli Stati Uniti.

2. il linguaggio ordinario: l’attenzione per il linguaggio ordinario avviene con l’individuazione di giochi linguistici (Wittgenstein, Wisdom, Waissman, Ryle) e nella rivalutazione del senso comune (Strawson, Grice, Searle).

La svolta pragmatica, La svolta cognitiva e la Filosofia post-analitica

La svolta pragmatica che interessa la filosofia analitica la porta a considerare il linguaggio non più come struttura logica ma nel più generale contesto della comunicazione sociale: di conseguenza verità e significato non vengono più determinati dalla corrispondenza di enunciati a stati di cose, ma dal complesso delle interazioni sociali.

La filosofia analitica, in seguito a questa svolta, tende quindi a concepire il linguaggio come azioni (giochi, atti linguistici) che come proposizioni e funzioni di verità, a non delimitare più l’analisi del linguaggio naturale all’uso della logica formale.

Tra il 1960 e il 1980, l’influenza delle teorie di Quine e di Davidson porta a una volontà di superamento della filosofia analitica per una filosofia post-analitica.

Non solo: dopo un ridimensionamento dell’importanza della logica formale a favore di fattori sociali, psicologici, alla fine degli anni 50 del 1900 viene messo in discussione un altra tesi cardine della filosofia analitica: il rifiuto di considerare i fatti del pensiero e del linguaggio come eventi mentali (psicologismo o mentalismo). La diffusione delle teorie di Chomsky, l’Intelligenza Artificiale e la svolta pragmatica portano quindi a un dibattito sugli aspetti psicologici e sulla mente, con la cosidetta svolta cognitiva.

Approfondimenti:


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