Temi e protagonisti della filosofia

Lo sviluppo morale in Piaget

Lo sviluppo morale in Piaget

Ago 24

Jean Piaget, nato alla fine dell’800 in Svizzera, sviluppa una teoria dello sviluppo cognitivo fortemente influenzata dai suoi studi di biologia. La sua tesi è infatti che si diano apriori degli stadi, ontogeneticamente fondati, nello sviluppo dell’intelligenza e delle capacità conoscitive del bambino. Questi stadi sono fissi anche in senso cronologico, ovvero un bambino non può svilupparli prima di una certa età. Ogni stadio implica capacità di ragionamento (capacità di coglier rapporti di causa-effetto, capacità di pensiero astratto) e capacità strategiche, nel rapportarsi a sistemi di regole.

Egli muoverà da questa visione nell’elaborare la sua teoria dello sviluppo morale. Questa teoria, comunemente nota come “cognitivo-evolutiva”, ha avuto un grande seguito nelle teorie dello sviluppo morale, e sarà ripresa da pensatori molto influenti, fra cui Lawrence Kohlberg. Essa implica l’idea che lo sviluppo morale sia in buona parte correlato allo sviluppo cognitivo: il soggetto sviluppa un insieme di capacità di processare i dati esterni via via superiori. Quando un certo modello generale di rapportarsi alla realtà diviene obsoleto, l’agente lo supera adottandone uno superiore. E’ bene focalizzarsi su questo punto. Non ci sono singole funzioni che si sviluppano autonomamente, ma un insieme che cresce in maniera organica.

Piaget assegna molta importanza al modo in cui l’individuo si rapporta alle regole nella sua teoria dello sviluppo morale. Illustriamo dunque come egli studi, in generale, le regole (basandosi su come i bambini si rapportano alle regole nei giochi), per poi vedere come egli utilizzi questi elementi nella sua teoria.

In Piaget, si possono distinguere tre livelli nella gestione delle regole:

  1. in un primo livello, non esistono vere e proprie regole, ma il bambino si limita a ripetere movimenti ritualizzati;
  2. in un secondo livello, il bambino ritiene acriticamente le norme che vengono impartite da un’autorità (tipicamente gli adulti): le regole hanno un carattere “sacro”, e sono concepite come immutabili;
  3. successivamente il bambino, sviluppando capacità cooperative, è in grado di partecipare a giochi di gruppo: progressivamente le regole perdono il loro carattere di oggetto sacro, proveniente da un’autorità esterna, e vengono viste come accordi cooperativi, stipulati dagli agenti e, pertanto, in parte convenzionali. Si sviluppa così la capacità di mettere in discussione le regole e di formularne di nuove.

Tenendo conto di questa visione sullo sviluppo del bambino nel rapportarsi alle regole, possiamo vedere i vari stadi dello sviluppo morale in Piaget:

  1. inizialmente, il bambino è preso da un totale egoismo, e opera solo in termini di interessi edonistici a breve termine;
  2. in seguito egli inizia a seguire delle norme definite come “morali”, ma le percepisce come provenienti da un’autorità esterna; esse hanno valore in ragione di questa loro provenienza, e il bambino le rispetta in maniera formale, “alla lettera”, e tenendo scarsamente conto delle circostanze;
  3. infine, il bambino arriva a uno stadio in cui vede le regole come fondate su esigenze di coordinazione e di reciprocità. Questo porta all’assegnazione di una maggiore importanza, nella valutazione morale, a fattori quali le intenzioni e il contesto. Questo cambiamento di stadi segna il passaggio fra l’eteronomia e l’autonomia della morale, un passaggio dalle evidenti coloriture kantiane. Pur venendo, naturalmente, a mancare l’impianto teorico del pensatore di Königsberg, permane l’idea di un passaggio da una morale guidata da elementi estrinseci a una determinata da una libere scelta del soggetto.

Nei suoi esperimenti Piaget si avvaleva spesso del “metodo clinico”, un metodo semisperimentale nel quale venivano sottoposti all’attenzione dei bambini alcuni racconti a contenuto morale, e veniva chiesto loro di esprimere un giudizio in merito. Tramite questo metodo si è ad esempio appurato che i bambini più piccoli tendono a dare poca importanza alle intenzioni: se vengono loro raccontati due episodi di due bambini che fanno dei danni, essi formulano la loro valutazione considerando unicamente gli oggetti danneggiati (rompere sei piatti è più grave che romperne uno) e non le intenzioni, cioè considerando se i danni siano stati causati inavvertitamente o per cattiveria.

In conclusione, Piaget è probabilmente il padre fondatore dei moderni studi sullo sviluppo morale, nonché dell’approccio cognitivo evolutivo. Il suo impianto teorico è talvolta carente, ma esso verrà rivisto e ampliato dai suoi discepoli, fra cui, come detto, Lawrence Kohlberg.

Articolo seguente: Lo sviluppo morale in Durkheim

Per Approfondire


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply