L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (1)
L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (1)
Ott 28
1. Alcune parole sull’autore
L’americano John Rawls (Baltimora, Maryland, 1921 – Lexington, Massachusetts, 2002) è considerato uno dei più influenti filosofi del Novecento. Professore a Princeton ed Harvard, ha proposto una teoria della giustizia distributiva in numerosi saggi: Giustizia come equità (1958), Giustizia distributiva (1967) e il trattato di cui ci occupiamo, Una teoria della giustizia (1971), una sorta di grande sistematizzazione di tutti i saggi e gli articoli che aveva pubblicato sul tema dal 1958 al 1970. Ma cosa significa “giustizia” per il filosofo? E quale è il suo scopo scrivendo questo libro? Alla domanda risponde l’autore stesso nella prefazione:
Per buona parte della moderna filosofia morale, la teoria globale dominante si è ispirata ad una qualche forma di utilitarismo. […] Coloro che li hanno criticati [gli utilitaristi, N.d.R.] […] non credo siano riusciti a costruire una concezione morale, adoperabile e sistematica, che si opponesse ad esso. […] Ma questa non è una ragione per non tentare. Quello che ho cercato di fare è generalizzare e portare ad un più alto livello di astrazione la teoria tradizionale del contratto sociale di Locke, Rousseau e Kant. Spero così che la teoria possa essere sviluppata in modo da non prestare più il fianco alle più ovvie obiezioni che spesso sono sembrate esserle fatali. Ciò sembra offrire una teoria alternativa della giustizia, che mi pare superiore all’utilitarismo tradizionale dominante. [1]
In queste poche righe, è possibile individuare chiaramente l’intento di Rawls: costruire una teoria della giustizia che, ponendosi sulla scia delle note teorie contrattualistiche di John Locke, Jean-Jacques Rousseau e Immanuel Kant, cerchi di portarle “ad un più alto livello di astrazione”, in modo da offrire una teoria alternativa della giustizia più forte e capace di opporsi al dominante utilitarismo. Fin d’ora si comprende che la posizione del filosofo è nettamente contraria a coloro che egli stesso definisce “grandi utilitaristi”, ossia David Hume, Adam Smith, Jeremy Bentham e John Stuart Mill, e che non ritiene che essi rappresentino «la fondazione morale più adeguata per una società democratica» [2]. Rawls ha di fronte a sé un paese in aspro conflitto per i diritti civili, appena impegnatosi militarmente in Vietnam; per questi motivi la sua teoria può essere letta come un tentativo di risposta che si erge a riscatto dell’idea che la giustizia e il bene umani siano possibili sulla terra [3]. Per sottolineare il suo intento, Rawls lo ribadisce anche nel primo capitolo con le seguenti parole:
Il mio scopo principale è la costruzione di una teoria della giustizia che costituisca un’alternativa praticabile a queste dottrine che hanno a lungo dominato la nostra tradizione filosofica. [4]
Scopo di Una teoria della giustizia è però non solo l’elaborazione di una società giusta, ma di una società in grado di essere sostenuta spontaneamente dai suoi cittadini e dalla loro volontà di cooperazione [5].
Per approfondire
Note
[1] Rawls J.B., Una teoria della giustizia, Prefazione, pp. 13-14.
[2] Rawls, Ivi, p. 14.
[3] Ottonelli V., Leggere Rawls, p. 12.
[4] Rawls, Ivi, p. 21.
[5] Cfr. Ottonelli, Ivi, p. 149.
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Nel noto blog letterario Sul romanzo, l’articolo I 10 libri più difficili per Natale, tra le opere strettamente filosofiche, annovera anche «Una teoria della giustizia» di John Rawls, dopo la «Fenomenologia dello spirito» di Georg W.F. Hegel e prima de «Le ombre delle idee» di Giordano Bruno. Ci auguriamo che la serie di articoli, inaugurata con questo post, aiuti a introdurre il lettore al capolavoro di Rawls, illustrandone gli aspetti principali.