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Lo sviluppo morale in Kant

Lo sviluppo morale in Kant

Giu 30

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In un precedente articolo, dedicato all’etica di John Stuart Mill, abbiamo parlato di un’etica consequenzialista, dove cioè la moralità delle azioni viene valutata in base alle loro conseguenze. La morale di Kant si colloca, invece, sul piano opposto: per valutare la moralità delle azioni è essenziale considerare le motivazioni dell’agente, il quale deve agire per il puro rispetto del dovere, senza altre motivazioni estrinseche.

Ora, andiamo a osservare lo sviluppo morale “concreto”, psicologico, di un uomo. Evidentemente, quello di una volontà avente come fine la legge morale, è un obbiettivo da raggiungere (giacché, se fosse innato nell’uomo, quella di votarsi al Dovere non sarebbe una scelta libera).

Questa “conversione” al bene non può, secondo Kant, avvenire con un processo graduale.

Ma che ciascuno divenga un uomo buono […] anche moralmente […] non può essere prodotto mediante una riforma progressiva […]. Ma bisogna ottenerlo mediante una rivoluzione nell’intenzione dell’uomo […]. Egli può dunque diventare un uomo nuovo mediante una specie di rinascita, mediante quasi una nuova creazione. (1)

Essa si configura invece come una rivoluzione interiore:

[…] per una decisione unica ed immutabile, l’uomo capovolge la base suprema delle sue massime, per cui egli era un uomo cattivo. (2)

In maniera analoga, nell’Antropologia pragmatica, la necessità di “una nuova nascita” morale è motivata dal fatto che:

È un tentativo vano quello di volere diventare migliori a poco a poco; perché un’impressione svanisce mentre si lavora a un’altra; invece la fondazione di un carattere risiede nell’unità assoluta del principio interno della condotta in genere. (3)

È interessante notare le affinità fra questa rivoluzione morale kantiana e “l’irruzione” (Durchbrunch) della grazia nei pietisti (4) tedeschi (Kant stesso, peraltro, ebbe un’educazione pietista). Essa per Francke, uno dei massimi esponenti del pietismo, è rinascita, palingenesi che riempie l’anima del credente. Questi parallelismi fra la morale kantiana e dei concetti religiosi non devono stupirci, giacché nella cultura tedesca i temi del pietismo, nella loro diffusione, subirono una progressiva secolarizzazione. (5)

Torniamo a Kant: abbiamo visto come la prima tappa morale sorga, quasi ex nihilo, in maniera rivoluzionaria. Fin qui è stato dunque escluso un procedere per gradi: il progresso morale compare però dopo questa prima palingenesi etica, concretizzandosi come lotta all’inclinazione sensibile. Essa è resa difficoltosa fondamentalmente da due elementi.

Il primo è l’impossibilità di “fissare” i risultati morali conseguiti: se infatti compiere una certa azione morale diventasse un’abitudine, essa sarebbe un automatismo, il che sarebbe contrario all’etica kantiana, che ritiene necessaria la libertà del soggetto nell’agire morale.

E sempre al concetto di libertà è legato il secondo punto. Per sfuggire al determinismo caratterizzante la sfera fenomenica, la determinazione morale viene fatta avvenire da Kant nell’Io noumenico. Che però è, in quanto tale, inintelligibile. Questo porta il soggetto ad essere in uno stato di perenne incertezza riguardo la reale purezza delle sue intenzioni. Per usare la terminologia kantiana, se si può essere certi della legalità di un’azione, non si potrà mai esserlo della sua moralità. Infatti:

[…] nessun segreto impulso generato dall’amor di sé […], sia stata la vera causa determinante della volontà; […], e però in realtà non possiamo mai giungere del tutto, anche con la prova più rigorosa, al di là degli impulsi segreti, perché quando si tratta del valore morale non sono in questione le azioni, che si vedono, ma quei loro principi interni, che non si vedono. (6)

Note

(1) Immanuel Kant, La religione nei limiti della semplice ragione, Torino: Chiantore, 1945.

(2) Immanuel Kant, La religione nei limiti della semplice ragione, cit.

(3) Immanuel Kant, Antropologia pragmatica, Bari: Laterza, 1969.

(4) Il pietismo fu un movimento religioso sorto in seno al luteranesimo nel XVII secolo, particolarmente interessato alla vita interiore del religioso e ai suoi sentimenti.

(5) Per una trattazione sul pietismo e sulla sua influenza sulla cultura tedesca, si veda Ladislao Mittner, Storia della letteratura tedesca, Volume II, “Dal pietismo al romanticismo (1700-1820)”, Torino: Giulio Einaudi, 1964.

(6) Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, Pavia: Mattei Speroni, 1910.


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2 comments

  1. Clemente

    Seguo il vostro blog molto volentieri perché trovo sempre degli spunti con molto interesse.

  2. Articolo interessante, voglio invitarvi a leggere una parte del “discorso sul metodo” di Spinoza riguardante la questione morale.

    notefilosofiche.blogspot.it/2013/01/qualche-regola-della-morale-tratta-dal.html

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