Il genere femminile e la morale (2)
Il genere femminile e la morale (2)
Mar 01[ad#Ret Big]
Articolo precedente: Il genere femminile e la morale (1)
Nel precedente articolo su questo argomento abbiamo visto come il pensiero femminista si sia storicamente manifestato in varie correnti, soffermandoci, per quanto concerne l’etica, sul femminismo liberale che vede in J S Mill il suo esponente principale, su quello socialista e sulla proposta della Gilligan riguardante un’etica della cura come specifica posizione normativa del genere femminile.
La particolarità di questa posizione è l’attenzione (tipicamente femminile, secondo l’autrice) alle caratteristiche particolari e concrete degli altri, verso cui abbiamo delle responsabilità, laddove le morali “maschili” tenderebbero a privilegiare caratteri generali ed astratti quali i “diritti” di ciascuno (rispettando quelli altrui e, al contempo, facendo valere i nostri). E’ interessante notare che questa dicotomia si manifesta anche nel diverso modo in cui “l’altro” viene concepito, rispetto alle morali “classiche” che hanno dato grande importanza al piano relazionale: astratto e generale nelle morali “maschili” (si pensi ad esempio all’Altro in Fichte), persona concreta nelle etiche femminili.
Ma, a ben vedere, questa teoria assume implicitamente un presupposto, che sarà oggetto di studio e di aspra critica nella più recente riflessione femminista, quella post-moderna. Una morale “femminile” assume infatti che sia possibile “distaccare”, astrarre, un singolo attributo, la “femminilità”, prescindendo dal resto. In sostanza, un’etica femminile sembra presuppore che si possa essere semplicemente “donne”, invece che, ad esempio, “donne, bianche occidentali, del ceto medio, di confessione cattolica” (e naturalmente l’elenco potrebbe ancora allungarsi). Naturalmente questa posizione implica il confrontarsi con tutti i paradossi che discendono da un’identità multisfaccetata. Lo stesso individuo, infatti, potrebbe trovarsi ad essere, in quanto donna, membro di un gruppo discriminato e privato di alcuni diritti e, in quanto bianca, membro di un gruppo dominante che potrebbe prevaricare altre etnie.
Vorrei infine soffermarmi sulle “applicazioni” del pensiero femminista alle questioni etiche attuali. Tipicamente, esso è intervenuto in alcuni campi (divorzio e aborto, per citare i due più importanti) in cui la definizione del ruolo e dei diritti della donna era un elemento molto importante. Ma questo non esaurisce lo spettro delle implicazioni della riflessione femminista.
Possiamo ad esempio vedere come una proposta morale ispirata all’etica della cura potrebbe rendere conto dell’eutanasia. Mentre una morale classica, incentrata sui diritti (il diritto a scegliere riguardo al proprio corpo), potrebbe prendere una posizione favorevole, chi seguisse l’etica della cura potrebbe avanzare alcune posizioni basandosi sull’attenzione della concretezza tipica della morale. Potrebbe per esempio evidenziare come la società tenda ad esaltare nelle donne qualità come l’abnegazione e il sacrificio di sè, mostrando così come in molte donne una certa scelta riguardo questo argomento potrebbe essere coatta.