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Aristotele,Metafisica, libro 5°, i significati di “potenza” e “potente”, “impotenza” e “impotente”, “possibile” e “impossibile”.

Aristotele,Metafisica, libro 5°, i significati di “potenza” e “potente”, “impotenza” e “impotente”, “possibile” e “impossibile”.

Set 14

In questo post continueremo la lettura del libro Delta della Metafisica di Aristotele da dove ci eravamo fermati prima della mia inescusabile pausa estiva. Può sembrare che il libro Delta sia un tantinello noiosetto, in fondo si tratta di  un dizionario scritto in modo meno simpatico di uno moderno. D’altra parte dobbiamo insistere, la definizione tecnica dei termini filosofici dataci da Aristotele ci apre un ampio scorcio sull’impostazione della sua teoresi e sarà di grande aiuto nei prossimi libri della Metafisica (oltre che permettere una più corretta interpretazione dei precedenti).

Iniziamo col trattare i significati di potenza intesi da Aristotele:

1) Potenza si dice il principio di movimento esterno alla cosa che è causa del movimento della cosa. Ne è un esempio l’arte di costruire case, la quale ovviamente non risiede nella casa costruita, essendo questa un prodotto di tale arte. Potenza è, più in generale, anche l’urto meccanico, la capacità di instaurare un movimento e un mutamento.

2) Una potenza è anche un principio della cosa stessa o di una esterna che la costringe a mutare in qualcosa di differente.  Oltre l’urto meccanico (esterno) in questo caso la potenza è anche la forma della cosa che si sviluppa nel tempo; per esempio, secondo natura, l’uccello appena uscito dall’uovo è impotente a volare, ma nella sua forma è inscritto come fine possibile e determinato quello di divenire abile al volo, in questo caso la genetica dell’uccello (principio interno alla cosa stessa) è la potenza che lo spinge a mutare la sua forma in modo intrinseco fino ad essere abile al volo.

Per precisione dobbiamo comunque dire che in questo caso stiamo parlando di qualcosa che in potenza può mutare in qualcosa d’altro, come un tronco può in potenza essere usato per fare del fuoco, è una capacità di subire del tutto determinata poiché Aristotele non aveva di certo in mente che un tronco possa in potenza essere del ferro.

Zanatta fa notare che questi sono due lati della potenza: la potenza attiva che fa mutare qualcosa d’altro e la potenza passiva che invece subisce affezioni da parte di qualcos’altro, ciò secondo Reale è indice di come la causa materiale implichi una materia del tutto inerte solo come condizione di possibilità, mentre in esistenza si troverebbe sempre e solo materia già informata, capace quindi di recepire forma anche passivamente cambiando da uno stato ad un altro ma mai da niente a forma. Ciò sembra del tutto coerente in effetti, dobbiamo considerare che la dottrina delle quattro cause aristotelica sia in primo luogo una dottrina gnoseologica piuttosto che ontologica e che non faccia riferimento a precisi stati di cose delimitabili spazio-temporalmente, piuttosto si configura come una spiegazione razionale che serve ad interpretare il reale.

3) La potenza è poi la capacità di realizzare “bene” un qualcosa, cioè ottemperare ad un obiettivo secondo una scelta deliberata.

4) Potenza è poi un principio di qualsiasi tipo che mantiene una cosa in uno stato impedendole di mutare in altro. Ogni cosa sensibile ha in qualche grado questa forma di potenza: il ferro di mantenersi per un certo periodo inossidato prima di cedere alla ruggine, l’organismo vivente di rimanere in vita nel tempo, l’atleta di rimanere competitivo per un lasso di tempo.

5) Una potenza è anche ciò che mantiene lo stato di una cosa perché non si disfaccia, non scivoli nell’entropia e, in generale, perché non volga al peggio. Gli astri sembrano appartenere a questa categoria di potenza secondo Alessandro di Afrodisia, infatti gli astri e relativi motori sono incorruttibili e non soggetti al mutamento temporale.

 

Seguono i significati di potente:

1) Potente in primo luogo è qualcosa che possiede un principio di movimento o di mutamento.

2) Potente è ciò che può esercitare un principio di movimento o mutamento su di un’altra cosa.

3) E’ potente una cosa che può mutare in meglio o in peggio, avendo in sé un principio come possesso, oppure allontanandolo da sé per non esserne assoggettata.

4) E’ potente ciò che non ha in sé o in altro principio di distruzione. Si tratta sempre degli astri e dei motori immobili in questo punto.

5) E’ inoltre potente ciò che può o non realizzarsi, o non realizzarsi in modo adeguato. Stiamo probabilmente parlando di ciò che è in potenza, che ha la possibilità di divenire attuale ma non è necessario che lo divenga.  Come ad esempio una lira può non essere, ma anche può (venire all’essere e) suonare ma non suonare bene.

 

L’impotenza, secondo Aristotele, è la privazione della potenza.

Si è visto che la potenza può essere attiva (rivolta al mutamento estrinseco) o passiva (capacità di subire il mutamento o possedere una determinata energia potenziale). Oltre a questi due significati la potenza può essere intesa in senso assoluto, oppure, nel senso di agire “bene” al fine di uno scopo, secondo la deliberazione, e anche a patire bene, ossia la cosa deve avere la potenza di svilupparsi nel mutamento verso quella forma potenziale che le è determinatamente raggiungibile (come nel caso di una lira: essere una lira che non solo suona, ma viene realizzata per suonare “bene”).

Per quanto riguarda l’impotenza abbiamo privazione della potenza come descritta nell’ultimo paragrafo.

L’impotenza attiva riguarda perciò:

a) Ciò che non può essere potente in senso assoluto. Con l’esempio di Alessandro di Afrodisia diciamo che una pietra non può generare in senso assoluto.

b) Ciò che per natura dovrebbe possedere tale potenza ma invece ne è privato secondo l’aspetto temporale. Seguendo l’esempio di Aristotele diciamo che un bambino dovrebbe per natura avere la capacità di generare ma non l’ha ancora sviluppata.

c) Ciò che dovrebbe avere per natura una potenza di un qualche tipo ed in atto, ma ne viene privato. Sempre con Aristotele, diciamo che l’uomo adulto, secondo natura, dovrebbe essere pienamente in grado di generare, ma avviene che non lo sia e venga privato di tale potenza.

L’impotenza passiva (a subire, a patire una potenza) secondo gli stessi tre casi non è trattata da Aristotele ma ricostruita nel commentario di Alessandro di Afrodisia.

a) E’ impotente a patire in senso assoluto ad esempio un muro che non può imparare la grammatica, ovvero non possiede come forma potenziale possibile quella del conoscere la grammatica (tantomeno di possedere un intelletto); a differenza del tronco che può subire l’essere infiammato.

b) L’impotenza relativa a ciò che per natura dovrebbe avere una caratteristica ma in una condizione temporale in cui ne sia ancora privato è sempre quella del bambino neonato o di qualsiasi cucciolo che alla nascita si trovano in uno stato di privazione e non di potenza, incapaci di utilizzare la tecnica, l’intelletto, la forza fisica naturale che svilupperanno solo con l’età.

c) L’impotenza a patire di ciò che per natura dovrebbe avere in modo attuale una potenza ma ne viene privato trova esemplificazione nell’uomo cieco che dovrebbe possedere la vista ma si trova ad esserne manchevole.

 

Per quanto riguarda i significati di impossibile il testo si rivela leggermente più complesso.

Innanzitutto è impossibile ciò che rispecchia alcuni dei significati dell’impotenza, sicuramente l’impotenza assoluta è un caso dell’impossibile.

Ma l’argomentazione principale per definire il significato di impossibile sembra passare attraverso il quadrato logico aristotelico popolato con le nozioni che ci interessano.

“Necessario” e “impossibile”, come anche “possibile” e “contingente” sono contraddittori (i quali non possono essere entrambi veri o entrambi falsi).

Ci troviamo quindi ad avere che il “possibile” è il contrario “dell’impossibile” (i contrari non possono essere entrambi veri, ma possono essere entrambi falsi).

Sembra che alla fine di questo ragionamento il “contingente” sia ciò “che non è necessariamente vero”.

Di contro, secondo Aristotele, il possibile è:

1) In primo luogo e in modo più specifico, ciò che non è necessariamente falso.

2) Ciò che è vero (possibilità attualizzata cioè reale).

3) Ciò che può essere vero (energia potenziale, stato che una determinata cosa può assumere date determinate condizioni).

Effettivamente i significati di possibile e contingente in parte si sormontano, in fondo entrambi sono modulazioni del fatto che una cosa possa passare dalla potenza all’atto in presenza di determinate condizioni o meno. Non è così nel quadrato logico aristotelico dove appunto Aristotele definisce in modo preciso ogni punto della figura. Tuttavia questo non è un problema da poco anche nella logica modale moderna.

Ricaviamo dal medesimo quadrato delle opposizioni anche che l’impossibile è il contraddittorio del necessario, da cui una cosa o è necessaria, e quindi di conseguenza è anche possibile, oppure è impossibile ,e di conseguenza anche contingente, cioè non vera di necessità. E qui sta proprio il risvolto importante e non evidente: ciò che è impossibile è anche non necessariamente vero, ovvero che una cosa sia “necessariamente falsa” implica in qualche modo che essa sia anche “non necessariamente vera” in un senso meno specifico.

 


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