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Aristotele,Metafisica, libro 5°, significati di “identico”, “diverso”, “differente”, “simile” e “dissimile”; post 1

Aristotele,Metafisica, libro 5°, significati di “identico”, “diverso”, “differente”, “simile” e “dissimile”; post 1

Mag 20

Aristotele inizia col dire che anche l’essere “identico” “si dice” “per accidente” e “per sé”.

 

I significati di “identico per accidente” secondo Aristotele sono i seguenti:

1) Sono identici per accidente gli accidenti di un medesimo soggetto; ad esempio sono identici “bianco” e “musico” quando riferiti allo stesso “uomo”.

2) Il soggetto e un suo accidente; ad esempio: l’ “uomo è musico”.

3) L’accidente e il soggetto che è una sostanza; ad esempio: il “musico è uomo”.

4) L’insieme di accidente e soggetto rispetto al soggetto in questione. A proposito di questa evenienza Aristotele scrive: “a uomo musico si dicono identici sia l’uomo che il musico, e quello a questi”. Da questa citazione scaturiscono gli ultimi due casi.

Si dicono infatti identici per accidente anche:

5) il soggetto rispetto all’insieme di soggetto e accidente; ad esempio: “uomo è uomo musico”.

6) l’accidente e l’insieme di soggetto e accidente; ad esempio: “musico è l’uomo musico”.

In alcun caso si predicano identici per accidente gli universali poiché questi si dicono solamente “per sé” (oppure si predicano per sé, oppure come scrive Aristotele “appartengono per sé”); con altre parole non esiste qualcosa che sia identico per accidente in senso universale. Infatti un universale come l’essere “uomo” si predica di per sé mentre un accidente può sussistere solo come caratteristica di una sostanza, l’essere “bipede” non ha infatti senso di per sé ma solo se è attribuito ad un essere animale o un insieme di esseri animali esistenti. Aristotele scrive a tal proposito:

Perciò tutte queste cose [i significati di identico per accidente] non si dicono in universale. Ché, le cose universali appartengono per sé, ma <soltanto> di quelle individuali si dicono senza aggiungere altro: infatti tutti sono d’accordo che Socrate e Socrate musico sono la stessa cosa, e Socrate non si dice di molti, cosicché non si dice ogni Socrate come ogni uomo.

Se seguiamo anche il commento di Alessandro di Afrodisia possiamo avere un ulteriore aiuto per capire; negli esempi Alessandro possiamo leggere che non ogni “musico” (accidente) è identico ad ogni “bianco” (accidente) ma solo nel caso specifico in cui coincidano nello stesso soggetto e ad ogni modo non sono universalmente identici “musico” e “bianco”. Scrive anche: non ogni “musico” (accidente) si dice identico a ogni “uomo” (sostanza), né viceversa ogni “uomo” (universale) è sempre identico al significato di “musico” (accidente), potendo benissimo verificarsi il caso di un uomo non musico e quello di un uomo musico. Riassumendo: nessun accidente di una cosa è detto (è predicato) in modo universale, ma, gli accidenti si dicono (si predicano) degli individui. Da ciò consegue che la predicazione di ciò che è “identico per accidente” non può mai assumere valore universale.

 

Passiamo ora a considerare i significati di “identico per sé“, Aristotele scrive che l’identico per sé si dice in tutti i sensi in cui si dice per sé l’Uno. Si dice perciò “identico per sé”:

1) Ciò la cui materia è una per specie. Ad esempio l’ “acqua”, se consideriamo uno fra gli elementi fondamentali per la cultura greca; il “ferro” se consideriamo un’altro tipo di materia qualsiasi; il legno ( con la specificazione: di pino, di faggio, ecc.) se consideriamo una materia naturale.

2) Ciò la cui materia è una per numero. Ad esempio una specifica statua di marmo, uno specifico sasso, ecc.

3) Ciò la cui “essenza” è una. Qui l’esempio può essere, tautologicamente, l’ “uomo” è identico all’ “uomo”. Chi ha seguito il corso di logica base su filosofiablog.it o ha letto i post riguardanti il quarto libro della Metafisica, saprà che la triade composta dal principio d’identità, il quale risulta implicito nel principio di non contraddizione postulato da Aristotele, assieme al principio del terzo escluso formano la base della logica classica. L’autoidentità è una proprietà intrinseca della determinazione stessa, infatti è necessario ed autoevidente che una cosa determinata sia essa stessa e non anche, contemporaneamente, qualsiasi altra cosa senza alcuna possibilità di creare alcuna relazione determinata fra quella cosa specifica e qualsiasi altra e quindi un linguaggio composto di enunciati e quindi un pensiero, che per Aristotele, razionalmente si organizza (almeno in larga parte o per la parte più evidente) secondo il linguaggio. La definizione è proprio questo, una determinazione precisa, dove esiste una definizione si stabilisce un’insieme di individui che vi appartengono mentre tutti gli altri ne sono esclusi.

L’identità per sé, conclude Aristotele, è una specie di unità secondo la sostanza intesa come definizione dove (a) più elementi costituiscono uno stesso. Ad esempio una “spada” può essere considerata tale benché spesso la lama sia di un materiale (o comunque numericamente) differente dalla guardia, dal pomolo, dal rivestimento dell’impugnatura, e nonostante ciò questi componenti possono essere considerati insieme come un’unica determinazione a sé identica, cioè una spada; lo stesso vale nel caso di “uomo” composto da vari organi e sistemi. In alternativa può esservi identità per sé quando uno stesso elemento viene considerato due volte paragonandolo di nuovo a se stesso, preciso richiamo al principio di identità dove “a = a” ossia ogni determinazione è uguale a se stessa. Punto questo, su cui discuterà molto Hegel.

 


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