Temi e protagonisti della filosofia

Dossografia aristotelica di Diogene Laerzio (V, 28-34)

Dossografia aristotelica di Diogene Laerzio (V, 28-34)

Dic 12

 

 

28 In questi libri, dunque, vuole professare queste dottrine: la lezione della filosofia è divisa nella parte pratica ed in quella teoretica; nella pratica, dunque, si sussumono l’etica ed eziandio la politica; a questa, dunque, si ascrivono le perlustrazioni sulla polis ed eziandio le perlustrazioni sulla casa; in merito a quella teoretica, dunque, vi fanno parte la fisica ed eziandio la logica, salvo che la logica è preliminarmente trattata non già come parte di un intero, bensì come organo. Ordunque, dichiarò che ufficio di questa è il successo in due scopi: sia l’affidabile sia il vero. Quindi, per avvicinarsi a ciascuno dei due scopi usò due dinamiche, dialettica e retorica per l’affidabile, analitica e filosofia, invece, per il vero, non sottraendo reliquie, né tra le dinamiche promuoventi l’euristica, né tra quelle promuoventi la cernita nel giudicare, né tra quelle propizie all’uso. 29 Dunque, a proposito dell’euristica diede i Topici e i Metodici, ed eziandio una pluralità di Proposizioni, da cui sono estraibili epicheremi affidabili propizi a portare alla soluzione dei problemi; per quanto concerne il giudizio, poi, approntò gli Analitici Primi e Secondi (attraverso i Primi, dunque, son criticati i lemmi, dopodiché, attraverso i Secondi, è esaminata la conclusione); a proposito dell’uso, dunque, approntò i trattati agonistici ed eristici, i Percorsi su Quesito e Risposta, ed eziandio una pluralità di Confutazioni sofistiche e sui sillogismi e sulle questioni simili a queste. Inoltre, dichiarò che criterio della verità delle attività ubbidienti alla rappresentazione dei fenomeni è la sensazione, mentre di quelle etiche (quelle pertinenti alla polis, pertinenti alla casa e pertinenti alle leggi) è il nous.

30 Si rifece a un singolo fine: esercizio della virtù in una vita compiuta. Professò eziandio che l’eudemonia è compiutezza effetto di tre classi di beni: quelli per la psiche (che chiama eziandio primi per rilevanza); classe due: quelli per il corpo: salute, vigore, bellezza e fenomeni vicini a questi; dopodiché quelli esterni: ricchezza, nobili natali, fama e simili. L’esercizio della virtù, dunque, non sarebbe autonomamente sufficiente per il prodursi dell’eudemonia, giacché abbisognerebbe comunque anche dei beni propizi per il corpo e di quelli esterni, siccome il sofo sarà infelice, tanto qualora sia coartato nelle pene, quanto qualora sia in povertà e in piaghe simili. L’esercizio del vizio, invece, basterebbe proprio di per se stesso all’infelicità, anche qualora siano presenti oltre a questo, e al meglio, i beni esterni e quelli per il corpo. 31 Dunque, professò che le virtù non s’implicano a vicenda: può darsi, infatti, che qualcuno, anche se è assennato e insieme giusto, sia intemperante e interessato da acrasia. Professò inoltre che il sofo, anziché essere impassibile, è misurato nelle passioni.

Riguardo all’amicizia, dunque, la definì uguaglianza di benevolenza reciproca; le specie di questa sarebbero: quella generata da consanguineità, quella erotica e quella davanti agli ospiti. L’eros, dunque, non rimarrebbe confinato solo al coito, ma si presenterebbe altresì nell’amicizia. Ordunque, il sofo potrà sperimentare l’eros, politicare, sposarsi e vivere alla corte d’un sovrano. Comunque, giacché i generi di vita sono tre, teoretico, pratico, edonistico, s’ingiunse di concretizzare il teoretico. Le discipline enciclopediche si presenterebbero parimenti utili alla conquista della virtù.

32 Ordunque, nelle scienze naturali fu più qualificato di chiunque altro nell’eziologia, tanto da render conto delle cause eziandio per le dinamiche minime; per questo, oltre agli altri scritti, compose non pochi libri di annotazioni relativamente a soggetti fisici. Dichiarò d’altronde che il dio è incorporeo, come eziandio Platone. Oltre a questo, la sua provvidenza s’estenderebbe sino ai destini dei corpi uranici ed egli sarebbe immobile; gli oggetti vicini alla terra, invece, sarebbero gestiti conformemente alla prossimità di simpatia a questi. Oltre ai quattro elementi ve ne sarebbe eziandio un quinto, da cui le esistenze eteree sarebbero costituite. Anche il movimento destinato a questo sarebbe alternativo: sarebbe infatti circonferenziale.

Anche la psiche sarebbe incorporea, essendo l’entelechia prima d’un corpo fisico e organico avente vita in potenza. Legge, dunque, l’entelechia in questi termini: ciò di cui v’è un’idea incorporea. 33 Questa entelechia è duplice secondo costui, giacché l’una è secondo potenza, come l’Ermete nella cera, la quale ha l’opportunità di ottenere di ricevere i caratteri, e la statua nel bronzo; si dice invece secondo disposizione l’entelechia dell’Ermete completo o della statua completa. Successivamente occorre “corpo fisico” giacché, tra i corpi, gli uni sono manufatti, come quelli congegnati dai tecnici, quali ad esempio una torre, una barca, mentre gli altri lo furono da parte della natura, come quelli delle piante e quelli degli animali. Successivamente sceglie il vocabolo “organico” per questo: è fatto per qualche obiettivo, come la vista che riguarda il prodursi del vedere e l’udito che riguarda il prodursi dell’udire; dice infine “in potenza”, come dire che ha la possibilità della vita in se stesso.

34 Questo “in potenza”, inoltre, abilita una duplice lettura, giacché si dice o secondo disposizione o secondo attualità: secondo attualità come quando si dice che lo sveglio ha una psiche; secondo disposizione, invece, come quando si dice questo del dormiente. Propiziando, dunque, la sussunzione anche di questo caso sotto la definizione, fece l’aggiunta di questo “in potenza”.

Compì eziandio molte altre perlustrazioni su una pluralità di fenomeni, però enumerarle sarebbe lungo, siccome in tutti i campi fu un genio solertissimamente amante del lavoro ed anche dalle ottime capacità euristiche, come già si evince con chiarezza dal catalogo degli scritti precedentemente trascritto, e questi per numero arrivano pressappoco a quattrocento, quanti tra questi, almeno, son nell’ambito dei non delegittimabili; infatti vi è comunque una pluralità di altri componimenti scritti attribuiti a costui, ed anche di sagaci apoftegmi non scritti, proferiti oralmente.

 

La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.

 

 


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