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L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (3)

L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (3)

Nov 11

 
Articolo precedente: L’etica di John Rawls: analisi di «Una teoria della giustizia» (2)

 

2.1.1. I concetti di “buono” e “giusto”

Nell’opera che abbiamo in esame, il filosofo statunitense conviene che, nell’etica, i concetti principali siano quello di “buono/bene” e quello di “giusto” e che perciò la relazione che incorre tra i due determini la struttura di una teoria che si possa definire “etica”. Osserva però Rawls che ciò è da sempre stato ritenuto incarnato nelle teorie cosiddette “teleologiche” che, come dice il termine stesso, ponevano innanzitutto un fine, il bene, definito indipendentemente [17] dal giusto, che anzi avrebbe dovuto “rendere omaggio” in termini di possibilità ed attuazione a quel concetto [18]. È questa la posizione che il filosofo appoggia? Certamente no.

Se la distribuzione dei beni è considerata anch’essa un bene, di ordine forse superiore, e la teoria ci spinge a ottenere il maggior bene possibile, non abbiamo più una teoria teleologica in senso classico. […] cade direttamente sotto il concetto di giusto, e la teoria viene così a perdere una definizione indipendente del bene. [19]

Il concetto di giusto, insomma, deve essere prioritario e indipendente. Se lo fosse solo (e primariamente) il concetto di bene, dato un qualsiasi concetto di bene tutto ciò che lo massimizza non potrebbe che essere giusto. Ma ciò potrebbe portare a conseguenze eticamente pericolose. Questo è un punto chiave della teoria rawlsiana e si inserisce (e capisce) all’interno della critica che il filosofo muove all’utilitarismo che, volendo massimizzare la felicità comune con ogni mezzo, può ritenere la violazione della libertà di pochi un passo necessario, e legittimarla. Cosa che non può essere giustificata, secondo l’etica che Rawls ha abbracciato e che traspare dal suo capolavoro senza dubbio alcuno, visto che (stoccata finale), in sostanza:

L’utilitarismo non prende sul serio la distinzione tra persone. [20]

In una società giusta, invece,

le libertà fondamentali sono date per scontate e i diritti assicurati dalla giustizia non sono soggetti né alla contrattazione politica né al calcolo degli interessi sociali. [21]

Possiamo allora dire che, quando parliamo di utilitarismo, parliamo di una teoria teleologica nel senso prima spiegato; quando invece trattiamo di giustizia come equità parliamo di una teoria deontologica, che cioè non definisce il bene indipendentemente dal giusto, o non interpreta il giusto come massimizzazione del bene. Questo non esclude che si possa giungere al massimo bene, ma si tratterebbe solo di una coincidenza come tante. Inoltre, parlare di giustizia come equità significa parlare di teoria etica che ci avvicina ad un ideale filosofico [22], in poche parole significa parlare di

una struttura orientativa il cui scopo è mettere in risalto la nostra sensibilità morale. [23]

Per approfondire


Note

[17] Il corsivo è mio.

[18] Vedi Rawls, cit., pp. 37-38.

[19] Rawls, cit., p. 38.

[20] Ivi, p. 40.

[21] Ibidem.

[22] Cfr. Rawls, cit., p. 57.

[23] Rawls, cit., p. 60.

 

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