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L’inconscio e il suo tempo: Freud e Lacan tra memoria e avvenire (1)

L’inconscio e il suo tempo: Freud e Lacan tra memoria e avvenire (1)

Giu 18

 
Nota redazionale:Dopo la pubblicazione su Filosofia Blog, questo articolo è stato inserito nel volume Sulla modernità estetica, a cura di Manuel Pezzali, che raccoglie saggi, articoli, relazioni e interventi realizzati dal nostro collaboratore negli ultimi anni di studi universitari. Il volume è disponibile online su Lulu, Amazon, Barnes & Nobles.
 

Rimanere ancorati ad un paradigma teorico considerato obsoleto costituisce, spesso, un errore piuttosto ingenuo per uno studioso. Per di più, pensare che le intuizioni del padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, siano da tempo superate non è un atteggiamento così fuori dal mondo. Anzi, ci procureremmo, di certo, il favore della comunità scientifica, sempre più inebriata dall’enorme successo delle neuroscienze e della psicologia cognitiva.
Se è pur vero che alcune delle considerazioni tratte dalle opere di Freud mancano di plausibilità scientifica e che, per questo motivo, non possono essere, oggi, utilizzate a fini terapeutici, rimane tuttavia fondamentale, a livello speculativo, l’influenza del nucleo concettuale e della terminologia psicoanalitica.
Non va dimenticato, infatti, che la pubblicazione de L’interpretazione dei sogni ha segnato un vero e proprio spartiacque nel passaggio dal XIX al XX secolo, non solo perché la data di pubblicazione viene fatta simbolicamente risalire al 1900 [1], ma soprattutto perché dalla sua lettura emerge un’idea nuova di soggetto: un individuo la cui unità psichica è frammentata in più parti. Come scrive lo stesso Freud,

la distinzione dello psichico in cosciente e inconscio è il presupposto fondamentale della psicoanalisi. [2]

La genesi del metodo psicoanalitico sta, dunque, nella scoperta del mondo inconscio – una scoperta che mette in luce tutte le manie e le incertezze della modernità.
L’inconscio è tradizionalmente considerato come un luogo dominato da pulsioni, ricordi, istinti e immagini, come un ambiente che segue una temporalità particolare, regolata da principi che spesso e volentieri sono in conflitto con il tempo logico-cronologico della coscienza. Come modulare, dunque, lo scorrere del tempo in questa dimensione avulsa dalla realtà effettuale?
Proveremo a trovare una risposta ponendo a confronto gli elementi di continuità e di contrasto che possiamo trovare nelle diverse suddivisioni dello “psichico” operate da Freud (le cosiddette topiche) e nella riflessione sull’inconscio, come luogo del desiderio, proposta dallo psicoanalista francese Jacques Lacan.
Si vedrà come, pur essendo di fronte al comune impegno di affermare la predominanza dell’incosciente nella dinamica psichica, uno dei punti di rinnovamento e distanza proposti da Lacan, rispetto al discorso freudiano, sia proprio costituito dal diverso modo di intendere i principi temporali che governano l’Es.
Potremmo introdurre il concetto affermando che, da un lato, l’inconscio freudiano è caratterizzato da una staticità di fondo, che ne fa una dimensione rivolta essenzialmente al passato; dall’altro, Lacan intravede una caratteristica dinamicità in un’inconscia apertura all’avvenire.
L’incosciente si costruisce attorno ad una collezione di sedimentazioni e residui della memoria, ricordi e tracce rimosse, pensieri e parole che ci sono, apparentemente, sconosciuti. Il contenuto inconscio si identifica, sostanzialmente, con il materiale rimosso, a differenza del livello “preconscio” che contiene il latente. Freud stesso delinea un’importante distinzione tra questi due piani:

La vera differenza fra una rappresentazione (o pensiero) inconscia e una rappresentazione preconscia consiste nel fatto che la prima si produce in relazione a qualche materiale che rimane ignoto, mentre nella seconda interviene in aggiunta un collegamento con rappresentazioni verbali. [3]

La possibilità di riaffiorare sul piano della coscienza, sotto forma di elementi linguistici, separa i contenuti latenti e preconsci da quelli che semplicemente non possono diventare coscienti «poiché una certa forza si oppone a ciò» [4]. La forza che impedisce a tali residui mnestici di giungere alla coscienza, operando come una vera e propria energia di resistenza al lavoro dell’analista, è definita, da Freud, rimozione.
La dialettica superficie-profondità, che caratterizza le relazioni tra preconscio, conscio e inconscio, ricompare nell’altra topica freudiana, quella più celebre, che divide il soggetto in Io, Es e Super-io. Se, semplificando, presupponiamo l’equivalenza tra Io, Es, conscio e inconscio, allora rimane la necessità di specificare la natura “derivata” del Super-io (o “ideale dell’Io”). Esso contiene l’ammonizione, il divieto, l’interdizione del godimento incestuoso da parte del padre: il Super-io è il vero e proprio «erede del complesso edipico», è la traccia di un’antica proibizione che continua a ripercuotersi nella vita psichica dell’adulto. Come risultato di una serie di investimenti oggettuali [5] da parte dell’Es e di reazioni a queste scelte, il Super-io entra costantemente in relazione con gli altri due piani, configurandosi come un codice di comportamento, che a tratti ricorda l’imperativo categorico di Kant – una suggestione che verrà colta perfettamente da Lacan.

L’ideale dell’Io è dunque l’erede del complesso edipico, e costituisce pertanto l’espressione dei più potenti impulsi e delle vicissitudini libidiche più importanti dell’Es. Mediante la costituzione di tale ideale, l’Io è riuscito a padroneggiare il complesso edipico, e nello stesso tempo si è sottomesso all’Es.
Mentre l’Io è essenzialmente il rappresentante del mondo esterno, della realtà, il Super-io gli si erge contro come avvocato del mondo interiore dell’Es. I conflitti fra l’Io e l’ideale rispecchieranno, in ultima analisi, il contrasto fra reale e psichico, fra mondo esterno e mondo interiore. [6]

La temporalità dell’inconscio freudiano si basa, dunque, sul persistere di elementi passati, che condizionano le scelte oggettuali dell’adulto, sulla base di regole e standard imposti da una vera e propria legge consolidata nella memoria. Il ricordo dell’Edipo lascia in eredità al soggetto un mondo fatto di pulsioni rimosse e di istinti sconosciuti.
Di conseguenza, il soggetto costruisce la propria identità a partire da quegli elementi che, una volta lasciato il mondo inconscio, pervengono all’Io, sotto forma di identificazioni che si sostituiscono agli investimenti abbandonati dell’Es.

 

Note:

[1] La data reale di pubblicazione risale all’anno precedente.

[2] S. Freud, L’Io e l’Es, 1922, Bollati Boringhieri, 2013, Torino, p. 19.

[3] Ivi, p. 29.

[4] Ivi, p. 21.

[5] Freud distingue due tipologie di libido: la pulsione libidica originaria è quella oggettuale, ammassata nell’Es e rivolta verso oggetti esterni. Tuttavia, l’Io cerca, a sua volta, di impadronirsi di una parte di tale spinta pulsionale e di imporsi come “oggetto d’amore”: questa parte diviene libido narcisistica.

[6] S. Freud, L’Io e l’Es, Bollati Boringhieri, 2013, Torino, p. 54.

 

Articolo successivo: L’inconscio e il suo tempo: Freud e Lacan tra memoria e avvenire (2)

 

 


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