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[Incipit] Philía e inizio (4)

[Incipit] Philía e inizio (4)

Mar 18

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4. «Il dolce immortale slancio di Amicizia irreprensibile»

L’amicizia intesa come philía è dunque connaturata, non solo etimologicamente, con la filosofia e la sua origine relazionale. Tuttavia una considerazione storico-linguistica a questo punto si impone, una considerazione che ci consente di approfondire ulteriormente il significato di questo costituente fondamentale della parola «filosofia».

Ora, si è sempre detto che il tipo di relazione che i primi pensatori (i primi “filosofi”) intrattennero con la sophía fu quello di philía, da cui appunto deriverebbe «filosofia». Ma il termine philía si assesta nella lingua greca non prima del V secolo a.C., quando cioè l’attività filosofica era già in atto. Sorge allora una domanda: com’è possibile sostenere che i primi pensatori intrattennero un particolare tipo di relazione con il sapere quando non c’era ancora il termine per qualificare quella relazione, cioè philía? Non è forse un errore di anacronismo utilizzare categorie concettuali successive per spiegare fenomeni antecedenti?

È quanto meno curioso osservare infatti che all’epoca in cui si presume la filo-sofia occidentale dovette “nascere”, il termine philía non esisteva. Non esisteva come sostantivo astratto, non esisteva se non come nome derivato da una dizione più antica. Si tratta allora nelle righe che seguono di provare a recuperare quella sostantivazione più antica e cercare di metterla in risonanza con il suo comporre la nozione covalente di «filo-sofia».

La sostantivazione antecedente a quella di philía è quella di φιλότης (philótēs), un termine che in epoca classica doveva sopravvivere soltanto nella sua patina poetica e suonare assai arcaizzante, ma che di fatto costituisce la matrice concettuale da cui si è emancipato il concetto classico (platonico-aristotelico) di philía. Ha notato Fraisse:

La philótēs homérique nous présente des conditions concrètes de realisation qui demeureront pour logtemps celles que les penseurs grecs assigneront à toute philia [1].

Nei paragrafi seguenti osserveremo come l’area semantica di philía, sopra delineata nelle sue prime linee essenziali, non sia del tutto sovrapponibile all’area semantica di philótēs: per quanto convergenti, indicano due diverse disposizioni relazionali. Sempre positiva la prima e più recente philía, più scaltra e accorta la più antica philótēs. Il significato di philótēs del resto affonda le sue radici in un’epoca più conflittuale e battagliera, come il contesto delle sue attestazioni sembra confermarci, quando cioè le relazioni amicali, soprattutto quelle più aristocratiche, non potevano essere così scontate o idealizzate, ma dovevano essere misurate sulla contingenza dello stato di belligeranza [2].

Philótēs invece di philía: che cosa comporta concepire quella primigenia attività della ragione umana, prima ancora che come filosofia, come “filotesofia”? Come vedremo, comporta sapere ad esempio che quel concetto di amore/amicizia con il quale troppo semplicisticamente si declina la relazione con la sophía ha avuto un prezzo, ha seguito un’evoluzione e forse, come per tutti i trascorsi repressi e obliati, ritorna in qualche modo ad emergere.

Nella natura della filosofia c’è forse qualcosa di più complesso di una semplice infatuazione erotico-amicale nei confronti di un sapere in divenire, qualcosa che dovette portare Empedocle ad entusiasmarsi per «il dolce immortale slancio di philótēs irreprensibile».

 

Note:

[1] J.-C. Fraisse, cit., p. 43.

[2] «Dal momento che il nome philía non compare in Omero o in Esiodo, non c’è altro termine migliore e più antico di philótēs che meglio esemplifichi un nuovo legame tra due persone e la relazione personale o politica che emerge da allora in avanti… Philótēs fu infatti un termine centrale per stipulare accordi nel mondo antico… il termine in sé in riferimento ad accordi interstatali cominciò a non essere più utilizzato dagli inizi del quinto secolo a.C., quando poi iniziò a venire lentamente sostituito dal più frequente uso di philía». P. Karavites (with the collaboration of Th. Wren), Promise-giving and Treaty-making: Homer and the Near East, Brill, Leiden, 1992 (Mnemosyne Suppl. 119), in particolare il Cap. 2.A: «The significance of Philótēs», pp. 48-58 (la citazione è tratta in particolare dalle pp. 55-57) e Id., «Philótēs, Homer and the Near East», in Athenaeum, n.s. 64 (1986), pp. 474-481. Ns. trad.

 

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