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Che cosa si intende (e non) con Filosofia del Linguaggio?

Che cosa si intende (e non) con Filosofia del Linguaggio?

Apr 05

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La filosofia del linguaggio nasce con Frege (1848-1925) che si pone contro la teoria ideazionale del significato di Locke, secondo cui i significati sarebbero entità mentali (idee). Prima di arrivare a Frege, cerchiamo tuttavia di chiarire cosa si intende con Filosofia del linguaggio.

Innanzitutto, la filosofia del linguaggio non è filosofia linguistica, secondo cui i problemi filosofici sono problemi di linguaggio.

L’identificazione dei problemi filosofici con problemi del linguaggio si può intendere in due modi:

  1. nel primo Wittgenstein, la filosofia è fraintendimento linguistico (perché le parole sono strumento da usare in un certo modo) e l’inadeguatezza del linguaggio è destinata a dissolversi con la sostituzione del linguaggio naturale con un sistema simbolico logicamente perfetto;
  2. in un secondo modo la filosofia linguistica si può intendere come analisi concettuale (Socrate).

Tuttavia questo modo di intendere la filosofia come filosofia linguistica è smentito non solo dalla constatazione che comunque i problemi filosofici del nostro linguaggio hanno una formulazione chiara, ma anche dal fatto che l’analisi concettuale è solo propedeutica, non esaustiva dei problemi (Quine, Due Dogmi dell’Empirismo).

Il paradigma classico in filosofia del linguaggio, messo in discussione negli anni ’50, è quello Frege-Russell-Wittgenstein che ha come caratteristiche:

  1. La centralità della nozione di verità nell’analisi del significato;
  2. Il ruolo privilegiato dell’enunciato come unità minima di significazione (monecolarismo), per cui il significato di un enunciato sono le sue condizioni di verità. Questo comporta un nesso tra significato e verità, tale che nell’enunciato “Paolo corre” il significato è la condizione che lo rende vero, ovvero che l’individuo Paolo rientri nell’estensione delle cose che corrono.
  3. Il principio di composizionalità: il significato dell’intero è composizionalmente determinato (ovvero è funzione) dal significato delle parti (non c’è contraddizione, perché il valore semantico dell’enunciato è individuato dal valore semantico delle sue parti).
  4. L’antimentalismo (messo in discussione da Chomsky e Fodor)

Riguardo all’ultimo punto, la Filosofia del Linguaggio si oppone al paradigma mentalistico, che vuole la separazione tra semantica (che si occupa del significato) e psicologia (processi cognitivi nella comprensione del significato). L’opposizione tra semantica e psicologia verrà meno alla metà degli anni ’50 con l’introduzione dell’intelligenza artificiale, che dà rilevanza all’aspetto cognitivo.

La filosofia del linguaggio, oltre quindi a non avere l’ambizione di risolvere i problemi filosofici col linguaggio e opporsi al mentalismo, si distingue anche:

  • dalla linguistica in quanto semantica, riflessione sul significato;
  • dall’ermeneutica per l’interesse per gli usi scientifici del linguaggio.

Abbiamo quindi visto a che cosa non può essere ricondotta la Filosofia del Linguaggio: passando dalla pars destruens a una pars costruens, possiamo affermare che la filosofia del linguaggio si occupa di teoria del significato e del riferimento, intendendo con “riferimento” l’aspetto referenziale della connessione linguaggio-mondo.

Sarà proprio sul problema del significato e del riferimento che Frege, opponendosi alla teoria referenziale del linguaggio, proporrà le nozioni di Sinn e Bedeutung, Senso e Significato.


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