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Emanazione e Trinità. Analisi dell’esegesi eckhartiana di Genesi 1.1 (5)

Emanazione e Trinità. Analisi dell’esegesi eckhartiana di Genesi 1.1 (5)

Feb 08

Articolo precedente: Emanazione e Trinità. Analisi dell’esegesi eckhartiana di Genesi 1.1 (4)

 

3. Esegesi eckhartiana di Genesi 1.1

3.4. Come dall’Uno procede sempre un unico Uno

Nell’Indice delle Autorità del Libro delle Parabole della Genesi, Eckhart preliminarmente pone a questo punto sul tavolo tre questioni che riguardano la processione, o emanazione dell’Uno dall’Uno, cioè:

Come dall’Uno, in quanto Uno, sempre proceda un unico Uno. Poi ancora come ciò che decade dall’Uno immediatamente decada nel due. Inoltre, come un numero sia maggiore di un altro non perché contiene e include più volte l’Uno, ma invece perché più si allontana dall’Uno e meno ha di esso [1].

La prima parte viene da Eckhart spiegata in quanto anche secondo Aristotele, in natura l’Uno, restando uno, è sempre rivolto a operare l’uno. Dunque, ciò che permane nell’Uno, rimane uno, ma ciò che cade al di fuori di esso, cade necessariamente nella molteplicità, poiché in quanto diviso dall’Uno, non è più ormai uno. Dunque,

Tutto ciò che è prodotto dall’Uno come effetto, nel senso di fatto al di fuori, necessariamente cade al di fuori dell’Uno in quanto prodotto e decade perciò nel numero e nella divisione, così, reciprocamente, tutto ciò che l’Uno produce non come effetto, nel senso di fatto al di fuori, necessariamente è Uno, in quanto permane nell’Uno.

Intuitivamente già fin d’ora capiamo dove Eckhart vuole andare a parare, ossia nella dimostrazione della Trinità, in quanto non prodotta dall’Uno, bensì in quanto unita nell’Uno e perciò Uno, in tre persone che procedono dall’Uno ma non ne sono condotte al di fuori, dato che se lo fossero, non potrebbero essere Uno, ma diverrebbero molteplice. Infatti, dice:

Ne consegue in primo luogo che in Dio chi procede ed è prodotto, ma non condotto o tratto fuori, cioè fuori dell’Uno, ovvero il Figlio e lo Spirito Santo, che non sono al di fuori dell’Uno, ma sono lo stesso che l’Uno e la medesima unità, non sono effetti del Padre, al quale è attribuita l’unità, e non sono fatti o effetti come fuori dell’Uno, fuori del Padre; infatti sono precedenti e anteriori ad ogni operazione e creazione. Perciò in essi non cade divisione o alterità. […] ne consegue che il Figlio è nel Padre e il Padre è nel Figlio – Gv 14,11: «io sono nel Padre e il Padre è in me» – ed è una cosa sola col Padre – Gv 10,30: «io e il Padre siamo una cosa sola». Lo stesso vale per lo Spirito Santo, che è nel Figlio, e il Figlio in esso; è nel Padre e il Padre in esso, ed è col Figlio e col Padre. Perciò «questi tre sono Uno», 1 Gv 5,7, sia perché procedono dall’Uno e permangono nell’Uno […] sia perché vengono prima di ogni caduta esteriore e caduta nell’esteriorità. […] Perciò in Dio niente è fatto o creato, ma precede tutto ciò [3].

Ora, si è capito che l’emanazione è un procedere all’interno dell’Uno, senza uscirne. Ciò che emana dall’Uno, infatti, non è prodotto dal nulla, non è un effetto. L’Uno non è causa né creatore, per quanto riguarda la Trinità. È un tutt’uno con ciò che emana, Uno anch’esso perché non diviso da esso, in quanto rimane in esso. E la Trinità è allora

un caso speciale di questa legge metafisica [4],

un caso speciale perché Figlio e Spirito Santo non sono creati, ma emanati dal Padre, e perciò Uno in Lui, con Lui e attraverso Lui, eternamente dato che l’emanazione è un processo eterno. La creazione diventa allora possibile, e trova fondamento metafisico, nella dinamica eterna emanativa della Trinità [5]. Ora, se la Trinità procede dall’Uno, e non è altro da esso, perché continua, nell’Uno, a essere Uno, eppure è anche Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone distinte, ne consegue che

colui che procede è altro [alius] da colui dal quale procede, ma non altra cosa [aliud] da esso [6].

E che

le opere della Trinità sono indivise [7].

Ciò viene supportato anche grazie a un principio di Proclo, che Eckhart cita espressamente, e che dice:

ogni molteplicità partecipa in qualche modo dell’Uno [8].

Dunque, anche le opere molteplici della Trinità partecipano dell’Uno, e in esso sono indivise, poiché l’Uno raccoglie ciò che è diviso e riunisce la molteplicità nell’unità. Per quanto riguarda invece la caduta dell’Uno, esso decade necessariamente nel due, dato il principio aristotelico per cui la natura non fa salti. E, nel caso di Genesi 1.1, Dio, ossia l’Uno, decade, ossia crea, il cielo e la terra, due cose. Creare è dunque decadere, emanare invece è rimanere nell’Uno. Per questo, a essere emanata è la Trinità, e a decadere è la creazione, che via via raggiunge il molteplice. In questo processo esiste anche una scala perfectionis. Secondo un principio di Avicenna, tutto desidera l’essere e detesta il molteplice, l’imperfezione, in quanto caduta dell’essere [9]. Allora, tutto ciò che è più vicino all’Uno è più perfetto. L’Uno decade prima nel due, e dunque il due è il numero che meno si allontana dalla perfezione dell’Uno.

 

3.5. Le tre proprietà del principio

Afferma Eckhart nell’Indice:

Nel quarto punto trovi le tre proprietà del principio. La prima: che niente è annoverato nel suo principio. La seconda: che niente si fa annoverare insieme al suo principio. La terza: che nessuna cosa è principio suo e neppure nel suo genere, mentre invece il principio è al di fuori e al di sopra del genere di ciò di cui è principio [10].

Ora, il principio di cui parla Eckhart è l’Uno, principio dei numeri, Dio, dal quale decadono due, cielo e terra, al di sopra e al di fuori dei quali egli è. Eppure, il principio è anche il Verbum del Prologo di Giovanni,

infatti il logos, l’idea e il principio sono la stessa cosa [11].

Questo perché Uno è anche il Figlio, il Verbum, nell’Uno come il Padre e lo Spirito Santo. E Gv 1 quando dice logos, dice Verbum, Uno, principio.

 

Note

[1] Indice delle autorità del Libro delle Parabole della Genesi, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., p. 431.

[2] Capitolo I, 11-12, Liber Parabolarum Genesis, op.cit., pp. 459-461.

[3] Capitolo I, 12-13, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., pp. 461-463.

[4] Beccarisi A., op.cit., p. 181.

[5] Cfr. Ibidem.

[6] Capitolo I, 14-15, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., p. 463.

[7] Capitolo I, 15-16, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., p. 463. Si tratta di un concetto mutuato da Alano di Lilla.

[8] Proclo, Elementatio Theologica, Proposizione I, cit. in Ibidem.

[9] Cfr. Capitolo I, 18-19, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., p. 467.

[10] Indice delle autorità del libro delle Parabole della Genesi, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., p. 431.

[11] Capitolo I, 20-21, Liber Parabolarum Genesis, op. cit., p. 469.

 

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