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Platone, Filebo (22)

Platone, Filebo (22)

Dic 01

Brano precedente: Platone, Filebo (21)

 

SOCRATE  Toh, adesso, secondo natura, dopo i piaceri mescolati, saremmo or dunque opportunamente portati da una qualche necessità nel canto di quelli non misti.

PROTARCO  [51a] Hai detto benissimo.

SOCRATE  Io, dunque, tenterò, cambiando argomento, di segnalarveli. Di coloro, ecco, che affermano che tutti i piaceri sono riposo da dolori non mi fido assolutamente, ma, come ho detto, li utilizzo quali testimoni dell’esserci di alcuni piaceri che sembrano tali, mentre non lo sono in alcun modo, e di alcuni altri immaginati grandi e simultaneamente numerosi, mentre essi sono intrisi insieme di dolori e di pause dalle maggiori sofferenze per le impasse del corpo e dell’anima.

PROTARCO  [51b] Invece assumendo quali come veri, Socrate, si penserebbe rettamente?

SOCRATE  Quelli per i colori cosiddetti belli e per le figure e la più parte degli odori e dei suoni e per quanto si ha che doni bisogni impercettibili e non dolorosi, pienezze percepibili e piacevoli, depurate dai dolori.

PROTARCO  Ma dunque come mai, Socrate, argomenti questo così?

SOCRATE  Beh, assolutamente non è subito chiaro quello che argomento: bisogna provare a chiarirlo eccome. [51c] Ecco, adesso non tento di argomentare la bellezza delle figure assumendo, come casomai farebbero i più, quella degli animali o di alcuni dipinti naturalistici, ma parlo di un che di rettilineo – dice l’argomento – e di circolare, e dunque delle figure piane e di quelle solide da questi generate coi compassi e con le righe e le squadre, se m’intendi. Queste, ecco, argomento che non sono belle in relazione a qualcosa, come le altre, ma sono di natura di per sé sempre belle ed hanno alcuni piaceri propri, [51d] per nulla afferenti a quelli del grattarsi; dunque, anche i colori hanno bellezza e piaceri di questo tipo. Ma c’intendiamo? Come pensi, sì o no?

PROTARCO  Beh, tento, Socrate; tenta dunque anche tu di argomentare ancor più chiaro.

SOCRATE  Argomento dunque che, tra i rumori, i suoni lievi e luminosi, quelli che diffondono un’unica pura melodia, sono belli non in relazione ad altro, ma in sé e per sé, e da loro seguono piaceri loro connaturati.

PROTARCO  Infatti anche questo è così.

SOCRATE  [51e] Dunque, per quel che concerne gli odori, beh, è un genere di piaceri meno divini di questi; tuttavia, poiché non son necessariamente commisti in essi dolori, e capita che questo si generi in noi ovunque ed in qualunque caso, lo pongo tutto in contrapposizione al genere di quegl’altri. Ma, se cogli, queste sono due idee specifiche di quelli che diciamo ‘piaceri’.

PROTARCO  Colgo.

SOCRATE  E dunque aggiungiamo ancora a questi i piaceri per le rappresentazioni mentali apprese, [52a] se ci sembra che esse non contengano fame d’apprenderle e che, per fame di rappresentazioni mentali, non generino, dall’inizio, sofferenze?

PROTARCO Ma sì, dottrina condivisibile.

SOCRATE  Che dici dunque? Nel caso in cui per i pieni di rappresentazioni mentali apprese si generino poi perdite per l’oblio, scorgi qualche sofferenza in esse?

PROTARCO  Ciò non è per natura, ecco, ma in alcuni ragionamenti sul patito, [52b] svolti quando uno, privatone, è addolorato per il bisogno.

SOCRATE  Eh beh, beato, per adesso, ecco, noi attraversiamo solo le passioni naturali in sé, separatamente dal ragionamento.

PROTARCO  Toh, allora è vero ciò che argomenti, che separatamente dal dolore per noi ogni volta si genera oblio nelle rappresentazioni mentali apprese.

SOCRATE  Toh, allora va detto che questi piaceri delle rappresentazioni mentali apprese non sono misti a dolori, e che non son in nessun modo propri della maggioranza degli uomini, ma di pochi assai.

PROTARCO  Ecco, come si fa a non dirlo?

SOCRATE  [52c] Quindi, giacché secondo misura abbiamo discriminato separatamente i piaceri puri e quelli che abbastanza rettamente posson dirsi impuri, attribuiamo con l’argomentazione ai piaceri forti smisuratezza ed a quelli che non lo sono, al contrario, giusta misura; e quelli che accolgono il grande ed il forte, che divengono tali frequentemente e raramente, facciamo che essi siano di quel genere dell’illimitato trasferentesi sia di meno sia di più attraverso corpo ed anima, [52d] mentre quelli che non lo sono facciamo che siano del genere degli enti dalla giusta misura.

PROTARCO  Argomenti molto rettamente. Socrate.

SOCRATE  Ed inoltre, dopo di ciò, si deve ancora osservare questa cosa.

PROTARCO  Quale?

SOCRATE  Che cosa mai bisogna professare sia prossimo alla verità? Il puro e discreto ed il sufficiente o il forte ed il molto ed il grande?

PROTARCO  Che cosa mai volendo, Socrate, lo chiedi?

SOCRATE  [52e] Protarco, non voglio tralasciare niente saggiando piacere e scienza stabile, affinché, nell’eventualità che l’una parte di ciascuno di loro due sia pura e l’altra non pura, ciascuna parte pura, pur andando nella fusione, renda più facile il giudizio discriminante a me ed a te ed a tutti costoro.

PROTARCO  Rettissimo.

SOCRATE  Orsù dunque, su tutti quanti i generi che diciamo puri riflettiamo in questo modo qui: trascelto per primo uno qualsiasi di essi, esaminiamolo.

PROTARCO  [53a] Quale sceglieremo, quindi?

SOCRATE  Uno di loro… per primo, se vuoi, studieremo il genere ‘bianco’.

PROTARCO  Va assolutamente bene.

SOCRATE  Quindi, come e che cosa sarebbe mai per noi la purezza del bianco? È forse quel che c’è di più grande ed abbondante o quel che c’è di più impermeabile, in cui non sarebbe insita nessun’altra parte di nessun colore?

PROTARCO  Chiaro che è essere discreto al meglio.

SOCRATE  Rettamente. Quindi non [53b] faremo forse di questo il più vero, Protarco, e dunque assieme il più bello di tutti gli enti bianchi, ma non il più abbondante né il più grande?

PROTARCO  Molto rettamente, ecco.

SOCRATE  Allora, se professeremo che poco bianco puro viene ad essere più bianco e simultaneamente più bello e più vero di molto bianco mescolato, parleremo in tutto e per tutto rettamente?

PROTARCO  Molto rettamente, eccome.

SOCRATE  Che dici quindi? Non avremo proprio bisogno di molti esempi di tal sorta per l’argomento sul piacere, ma ci basta esso per intuire che forse allora ogni piacere piccolo rispetto ad uno grande ed esiguo rispetto ad uno abbondante, [53c] purché purgato dal dolore, verrebbe ad essere più piacevole e più vero e più bello dell’altro.

PROTARCO   Beh, per forza, e l’esempio, ecco, è sufficiente.

 

 


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