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Platone, Parmenide (12)

Platone, Parmenide (12)

Giu 05

Brano precedente: Platone, Parmenide (11)

 

«Avanti dunque, ancora per questa via!» «Quale?» «Affermiamo che l’uno ha parte dell’essere, per cui è?» «Sì». «E per questo dunque l’uno essente parve molti». «Così». «Che dici dunque? L’uno in sé, che affermiamo abbia parte dell’essere, se col pensiero lo cogliamo da solo in sé e per sé, senza quello di cui affermiamo abbia parte, allora, ecco, questo uno in sé stesso parrà solo uno o anche molti?» «Io credo uno, ecco». [143b] «Vediamo dunque: è necessario che altro sia l’essere di esso, altro esso, perché l’uno non è l’essere, ma, come uno, ha parte dell’essere». «Necessario». «Quindi, se altro è l’essere, altro l’uno, né l’uno è diverso dall’essere in quanto uno, né l’essere è altro dall’uno in quanto essere, ma sono diversi l’uno dall’altro mediante il diverso e l’altro». «Beh, assolutamente». «Sicché il diverso non è identico né all’uno né all’essere». «Ecco, come potrebbe?»

[143c] «Che dici quindi? Se tra essi scegliamo, se vuoi, l’essere ed il diverso, oppure l’essere e l’uno, oppure l’uno ed il diverso, allora in ciascuna scelta non scegliamo forse due quid che è corretto chiamare ‘entrambi’?» «Come?» «Così: è possibile dire ‘essere’?» «Lo è». «Ed anche dire ‘uno’?» «Anche questo». «Ed allora non abbiamo detto ciascuno di loro due?» «Sì». «Che dici dunque? Allorquando dico sia ‘essere’ sia ‘uno’, non dico entrambi?» «Assolutamente sì». «Quindi anche se dico ‘essere’ e ‘diverso’ o ‘diverso’ ed ‘uno’, anche così non mi riferisco in ogni modo ad entrambi i singoli?» «Sì». [143d] «Allora ciò che è correttamente categorizzato come ambo, è possibile ch’esso sia ambo, ma non due?» «Eh, non è possibile». «Dunque, se sono due, c’è qualche espediente per cui ciascuno di essi non sia uno?» «Nessuno». «Allora, poiché accade che ognuno di questi sia in una collezione di due, ciascuno è comunque anche uno». «Pare». «Ma se ciascuno di essi è uno, aggiuntone uno qualsiasi ad una coppia qualsiasi, il tutto non diventa tre?» «Sì». «Tre, dunque, non è dispari, e due pari?» «Come no?» «Che dici dunque? Essendoci il due, [143e] non è necessario che ci sia anche il due volte, e, essendoci il tre, anche il tre volte, perché al due appartiene il due volte uno ed al tre il tre volte uno?» «Necessario». «Dunque, essendoci il due ed il due volte, non è necessario che ci sia il due volte due?» «E come no?»  «Che dici dunque? Essendoci il tre ed il due volte, ed essendoci il due ed il tre volte, non è necessario che ci siano anche il due volte tre ed il tre volte due?» «Sì, assai». «Ed allora ci sarebbero numeri parimenti pari ed [144a] imparimenti dispari ed imparimenti pari e parimenti dispari». «È così». «Se quindi si ha questo, credi sia tralasciato qualche numero il cui essere non sia necessario?» «In nessun modo, ecco». «Allora, se l’uno è, è necessario che anche il numero sia». «Necessario». «Ma ecco che, essendoci il numero, allora ci sarebbero i molti e la pluralità illimitata degli essenti; o non si genera un numero illimitato in pluralità ed avente parte dell’essere?» «Eh sì, assolutamente». «Quindi, se tutto quanto il numero ha parte dell’essere, allora anche ciascuna parte del numero avrebbe parte di esso, no?» «Sì».

[144b] «Allora l’essere è distribuito su tutta la molteplicità degli essenti e non si distanzia da nessuno degli essenti, né dal più piccolo né dal più grande? O chiedere questo è addirittura illogico? Ecco, or dunque, come potrebbe l’essere distanziarsi da qualcuno degli essenti?». «In nessun modo». «Allora è spezzettato quanto possibile in enti che sono piccolissimi e grandissimi e di ogni dimensione, e si parcellizza più di tutti, e le parti dell’essere sono infinite».  [144c] «È così». «Allora le sue parti sono le più numerose?» «Le più numerose, eccome». «Che dici quindi? C’è qualcuna di loro che sia parte dell’essere, benché non sia parte?» «E come potrebbe mai avvenire questo?» «Ma se c’è, credo, è necessario che essa, fintantoché è, sia sempre un quid, ecco; dunque è impossibile che sia niente». «Impossibile». «Allora presso ogni parte dell’essere è presente l’uno, che non tralascia né la parte minore né la maggiore né nessun’altra». «Così». «E quindi, pur essendo uno, è tutt’intero simultaneamente in molti luoghi? [144d] Osserva questo». «Osservo ma vedo che è impossibile». «Allora è spezzettato, se non è intero: in nessun altro modo infatti potrà essere presente in tutte le parti dell’essere se non da spezzettato». «Sì». «Ed è proprio assolutamente necessario che quel che è spezzettato sia tanto quante le parti». «Necessario». «Allora non argomentavamo il vero testé argomentando che è l’essere ad essere spezzettato nelle parti più numerose. Infatti non è spezzettato in più parti dell’uno, ma in parti uguali, [144e] come sembra, all’uno: infatti, né l’essente lascia l’uno né l’uno l’essente, ma si eguagliano, essendo sempre presenti in due presso tutti gli enti». «Pare sia in tutto e per tutto così». «Allora l’uno in sé, spezzettato dall’essere, è molti e pluralità illimitata». «Pare». «Non solo, allora, l’uno essente è molti, ma è necessario che anche l’uno in sé, spezzettato dall’essente, sia molti» «Beh, in tutto e per tutto».


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