Temi e protagonisti della filosofia

Melisso, Sulla natura o sull’essente (7)

Melisso, Sulla natura o sull’essente (7)

Mar 10

Articolo precedente: Melisso, Sulla natura o sull’essente (6)

 

Aët., I, 24, 1 (D. 328; R. A 12)

Parmenide e Melisso tolsero [anēiroun] generazione e distruzione perché ritenevano il tutto immobile.

 

Alex., apud Simpl., Phys., 110, 13 (R. 8a)

Melisso, avendo dimostrato l’illimitato con l’argomento che non ha né principio né termine, e poi dall’illimitato che è unico, di seguito mostra anche che è immobile [deixas to apeiron ek tou mēte arkhēn mēte telos ekhein, ek de tou apeirou to hen einai, ephexēs kai hoti akinēton deiknusin], come dice Alessandro, per questo: quel che si muove giocoforza si muove o attraverso il pieno o attraverso il vuoto [tōi to kinoumenon ē dia plērous opheilein kineisthai ē dia kenou]… Però, da un lato, non c’è qualcosa capace di muoversi attraverso il pieno e, d’altro lato, il vuoto non è tra gli essenti [hoti de dia men plērous oukh’oion te ti kinēthēnai, kenon de mē dunasthai en tois ousin einai].

 

Cicero, Academica priora, II, 37, 118 (DK 30 A 9; R. A 9)

Melisso dice che cìò che è infinito ed immutabile sempre fu e sarà [hoc quod esset infinitum et immutabile et fuisse semper et fore].

 

Themist., Phys., 8, 11 (R. A 10a)

E poi afferma che l’essente è anche immobile: infatti, non ha dove muoversi essendo unico ed illimitato in ogni senso [oude gar ekhein hopou kinethēsetai hen te on kai apeiron pantakhēi].

 

Philoponus, In Aristotelis Physicam, 50, 30 (ed. H. Vitelli, Berolini 1887; R. A 10a)

È quindi questo l’argomento [logos] di Melisso, anzi meglio: il sillogismo non è di Melisso, ma questo è quanto [tosouton] egli ipotizzava, cioè che l’essente è imprincipiato, l’essente è unico, l’essente è illimitato, l’essente è immobile [hupetitheto hoti «to on anarkhon esti, to on hen esti, to on apeiron esti, to on akinēton esti»]. Essendo state quindi queste le quattro ipotesi fatte [hupotethentōn] da Melisso, alcuni crederono che egli le deducesse da un qualche sillogismo [apo tinos sullogismou ta toiauta sunagein], che Aristotele espone [ektithetai]. Però, sia che Melisso abbia esposto anche il sillogismo, sia che altri abbiano creduto che egli le abbia dedotte da tale sillogismo, ci è affatto indifferente [ouden diapherometha]. Semplicemente, ecco, il sillogismo dal quale si deducono questi enunciati [ex hou ta eirēmena sunagetai] è tale.  (1) L’essente non s’è generato, il non generato non ha principio, il non avente principio non ha neppure limite, il non avente limite è illimitato, l’essente, allora, è illimitato [to on ou gegone, to mē genomenon arkhēn ouk ekhei, to mē ekhon arkhēn oude peras ekhei, to mē ekhon peras apeiron esti, to on ara apeiron estin].  (2) Così, quindi, mostrò che è illimitato, indi che è anche [enthen d’ hoti kai] unico ed immobile. Se, infatti, è illimitato, è chiaro che dovrebbe essere anche unico: infatti l’illimitato comprende tutto quanto lo spazio; se, dunque, è così, non concederà che ci sia altro, perché così non sarebbe illimitato [dēlon hoti kai hen an eiē: to gar apeiron ton panta topon kateilēphen, ei de touto, ou sunkhōrēsei allo einai, epei houtōs ouk an eiē apeiron].  (3) Dunque, essendo unico ed illimitato, per ambedue queste ragioni sarà anche immobile: se, infatti, comprende lo spazio intero, non avrà dove muoversi [dia de to hen einai kai apeiron, di’ amphotera tauta kai akinēton estai: ei gar ton holon kateilēphe topon, oukh hexei pou kinēthēnai].  (4) Daccapo [palin], se è unico, di necessità esso è anche immobile: se, infatti, si muovesse, di necessità ci sarebbe o spazio o tempo in cui muoversi, o la stessa specie del movimento secondo cui si muoverebbe, cosicché, daccapo, non sarebbe unico, ma molteplice [ei gar kinoito, anankē einai ē topon ē khronon en hōi kineitai, ē auto tēs kinēseōs to eidos kath’o kineitai. hōste palin ouk estai hen, alla polla]. Ebbene, mediante questi argomenti [dia toutōn] Melisso comprovò che l’essente è unico ed illimitato ed immobile.

(1) Ecco come mostra che l’essente non s’è generato [gegone]. Se, ecco, l’essente si fosse generato, si sarebbe generato o dall’essente o dal non essente; ebbene, se l’essente s’è generato dall’essente, l’essente sarà prima di generarsi (mentre infatti qualcosa d’essente si genera da qualcosa d’essente, il semplicemente essente non può generarsi dall’essente: il medesimo, infatti, si genererebbe dal medesimo, cosicché sarebbe stato prima di generarsi, il che è assurdo); se, invece, l’essente s’è generato dal non essente, di necessità non si sarebbe generato dal non essente per niente in nessun modo: infatti il semplicemente essente, se si generasse, si genererebbe dal semplicemente non essente, ma c’è la legge comune a tutti i fisici nel loro insieme, questa: niente si genera dal non essente per niente in nessun modo [ei gar gegone to on, ē ex ontos gegonen ē ex ouk ontos; ei men oun ex ontos, estai to on prin genesthai (ti men gar on ek tinos ontos ginetai, to de haplōs on ouk an ex ontos genoito: auto gar ex hautou ginoito an. hōste prin genesthai ēn, hoper atopon), ei de ex ouk ontos, anankē ek tou mēdamēi mēdamōs ontos: to gar haplōs on ei ginetai, ek tou haplōs mē ontos genoit’ an. alla touto koinon estin homologēma pantōn tōn phusikōn to mēden ek tou mēdamēi mēdamōs ontos genesthai]… Se, orbene, di necessità l’essente, se si genera, si genera o dall’essente o dal non essente, ma da entrambe le assunzioni segue qualcosa d’assurdo, è chiaro allora che l’essente non s’è generato [ei toinun anankē to on ei ginoito, ē ex ontos ginesthai ē ek mē ontos, hekaterōi de ti atopon hepetai, dēlon ara hoti to on ou gegonen].  (2) Poi mostra che il non generato non ha principio utilizzando la conversione dall’opposto. Assume, infatti, che tutto il generato ha principio. Se, orbene, il generato ha principio, il non generato non ha principio [hoti de to mē genomenon arkhēn ouk ekhei, deiknusin ek tou antikeimenou antistrophēi khrēsamenos. lambanei gar hoti to genomenon pan arkhēn ekhei. ei toinun to genomenon arkhēn ekhei, to mē genomenon arkhēn ouk ekhei].  (3) Che, poi, l’avente principio abbia anche limite, l’assume daccapo da leggi comuni a tutti i fisici nel loro insieme: infatti, il principio medesimo è un qualche limite [hoti de to arkhēn ekhon kai peras ekhei, ek koinōn palin homologēmatōn eilēphe: kai gar autē hē arkhē peras ti estin]. Ebbene, questo è l’intero procedimento [holē agōgē] dell’argomento di Melisso.

 

Articolo seguente: Melisso, Sulla natura o sull’essente (8)


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply