Temi e protagonisti della filosofia

Epicarmo IV. Pars construens: pitagorismo

Epicarmo IV. Pars construens: pitagorismo

Feb 09

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Per induzione probabilmente avete sospettato che dopo la pars destruens venisse la construens.

Sembra che Epicarmo discendesse dagli Asclepiadi, prestigiosa famiglia di Cos legata, oltre che alle miracolose pratiche terapeutiche (resurrezione compresa) del loro mitico antenato Asclepio, ai culti misterici dei Cabiri di Samotracia e ai nebulosi e intricati segreti magico-simbolici (rune) della formazione dell’alfabeto greco, cui, a detta del naturalista fantasioso Plinio e del mitografo Igino (lo stesso che diede lo spunto all’antropologia della cura heideggeriana), se non Epicarmo, per lo meno un suo omonimo antenato collaborò (per sbrogliare la matassa nel dettaglio (e rimbrogliarla in grande) vedi R. Graves, La dea bianca).

Leggende (comunque da leggere, beninteso) a parte, è verosimile che fosse ben inserito nel milieu pitagorico. Al riguardo è notevole che una raccolta di suoi detti di utilità pratica fosse redatta proprio da un pitagorico, Assiopisto, e che si tramandi che suo figlio Metrodoro abbia applicato alla medicina gli insegnamenti pitagorici mediatigli dal padre. Forse Epicarmo fu discepolo di Pitagora, ma non si sa se ne avesse accolto l’insegnamento o fosse rimasto libero pensatore. Probabilmente, come lascia intendere Giamblico, era un “matematico” (indottrinato), cioè era tra il pubblico delle lezioni essoteriche, non un “acusmatico” (uditore), cioè un iniziato agli insegnamenti esoterici di Pitagora. Sempre secondo Giamblico (fonte peraltro nient’affatto neutrale ma incline a cogliere la cifra pitagorica ovunque) egli avrebbe tenuto segreto il suo pitagorismo a causa dell’avversione dei regimi tirannici sicelioti per i disordini causati dai pitagorici sul continente italiota.

Ora, il pitagorismo passa per filosofia anziché per esclusiva setta religiosa soprattutto perché accostava alle dottrine segrete della scuola un intenso impegno politico e pedagogico nei confronti delle masse: i pitagorici non disdegnavano di argomentare le loro soluzioni meno profonde proponendole nel vivace dibattito italiano di quegli anni e proponendosi come classe dirigente illuminata. In concreto, Epicarmo sembra perseguire la divulgazione di un’etica e di una psicologia soteriologica pitagoreggianti o in senso lato orficheggianti attraverso lo show più moderno dell’epoca, la commedia, in modo da addolcire la medicina amara dell’ascetismo col miele dell’umorismo. Egli quindi non avversa la filosofia in toto, ma solo quelle estremizzazioni teoretiche nocive per la saldezza dell’impegno etico-esistenziale, teso a purificare e salvare il sano senso comune.

In modo analogo, molti autori iniziati alla massoneria (per esempio l’estremo Voltaire, Franklin, Victor Hugo) hanno mantenuto un atteggiamento ambiguo e paternalistico verso l’educazione delle masse propinando loro un deismo all’acqua di ros(acroc)e e tenendo aristocraticamente per sé la dottrina segreta. La giustificazione pubblica, su cui i filoni pessimisti delle antropologie illuministe e reazionarie convergono, di solito è: poiché il debole intelletto e l’acrasica volontà dei più non reggono i rigori delle vette della conoscenza e della virtù, l’unica via è correggere con compromessi ipocriti ma filantropici la viziosità delle massime cui si conforma la condotta del popolo sublunare. Tale habitus di altissima dissimulazione intellettuale (averroismus perennis retroactiuusque?) circola nel Mediterraneo e calza a pennello all’Italia.


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