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Platone, Fedone (20)

Platone, Fedone (20)

Nov 11

Brano precedente: Platone, Fedone (19)

 

«Beh», disse poi lui: Socrate, «dunque si vede che in qualche modo Armonia, la tebana, ci è diventata misuratamente propizia; invece per quanto riguarda Cadmo», disse, «in che modo ce lo propizieremo e con quale argomento

«Mi aspetto che tu», disse, «lo escogiterai; ecco, già questo argomento relativo all’armonia che hai pronunciato mi sembra stupendo oltre ogni aspettativa. Infatti, mentre Simmia argomentava l’impasse, ero del tutto stupito [95b] e mi domandavo se qualcuno avesse qualcosa da rispondere al suo argomento. Quindi mi sembrava del tutto straordinario che subito al primo assalto non reggesse al tuo argomento. Dunque non mi stupirei se anche l’argomento di Cadmo patisse lo stesso».

«Caro amico», disse Socrate, «non dirlo forte, ché qualche malia non distorca l’argomento che sta per uscire. Però di questo si curerà Dio; noi invece, rinserrandoci, come direbbe Omero, sperimentiamo se tu argomenti qualcosa di probante. Dunque… il punto capitale delle tue ricerche è questo: esigi si dimostri che, [95c] essendo l’anima nostra inestinguibile e immortale, se un uomo filosofo che sta per morire s’ingagliardisse e ritenesse cha da morto di là starà bene differentemente che se avesse terminato di vivere in una vita alternativa, non s’ingagliardirebbe di una gagliardia irriflessiva e sciocca. Però appalesare che l’anima è qualcosa di vitale e di specie divina e che era anche prima che noi ci generassimo come uomini ‒ nulla vieta, dici, che tutto questo notifichi non già l’immortalità, bensì che l’anima è durevole e c’era prima per un tempo quasi incalcolabile e sapeva e faceva molte cose, ma, ecco, [95d] per ciò non era per nulla più immortale, ma proprio l’accedere al corpo umano era l’inizio della sua distruzione, come fosse una malattia, e sopportando dunque vive questa vita e, terminatala, allora sì che si estingue nella cosiddetta morte. E dici dunque che non fa proprio nessuna differenza, rispetto a ciò che ciascuno di noi ha da paventare, se accede al corpo umano una volta o più volte: è ovvio infatti che sia spaventato colui che non sa e non ha argomenti da dare [95e] del fatto che è immortale, se non è mentecatto. Tal quali credo siano i tuoi argomenti, Cebete; e di proposito li riassumo più volte, cosicché non ce ne sfugga alcuno e tu ne aggiunga o tolga qualcuno se vuoi».

E Cebete disse: «Ma io presentemente non ho proprio bisogno né di aggiungere né di togliere nulla: sono dunque questi i miei argomenti».

Quindi Socrate, dopo essersi fermato per alquanto tempo e aver esaminato qualcosa tra sé e sé, disse: «Non cerchi una cosa da poco, Cebete: si deve infatti trattare per intero della causa della generazione e della distruzione [96a]. Io quindi, riguardo a ciò, discorro con te, se vuoi, di quel che ho passato; all’occorrenza, se qualcuno dei miei argomenti ti parrà utile, potrai usarlo per persuaderti dei tuoi argomenti».

«Ma sì», disse Cebete, «che lo voglio!»

 

Brano seguente: Platone, Fedone (21)


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1 comment

  1. christian

    Ottimo, articolo davvero interessante, era proprio quello che cercavo! Grazie per lo spunto!

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