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Pitagorizzazione delle dottrine non scritte di Platone testimoniata da Sesto Empirico (4)

Pitagorizzazione delle dottrine non scritte di Platone testimoniata da Sesto Empirico (4)

Lug 22

Sesto Empirico, Contro i matematici, X (Contro i fisici, 2) 257-262 (ed. E. Bekker, Berlin 1842)

 

Ma da quanto detto risulta acclarato che i principi dei corpi mentalmente osservabili devono essere incorporei [all’ hoti asōmatous einai dei tas archas tōn logō(i) theōrētōn sōmatōn, ek tōn eirēmenōn sumphanes]. [258] Se dunque alcuni incorporei sussistono prima dei corpi, comunque essi non sono di necessità elementi degli enti e principi primi [ēdē de ouk ei tina proüphestēke tōn sōmatōn asōmata, taut’ ex anankēs stoicheia esti tōn ontōn kai prōtai tines archai].

Ecco, vedi pure le idee: essendo incorporee, secondo Platone, sussistono prima dei corpi [idou gar kai hai ideai asōmatoi ousai kata ton Platōna proüphestasi tōn somatōn] e ciascuna degli enti generati si genera in relazione ad esse [hekaston tōn ginomenōn pros autas ginetai]; tuttavia, non sono principi degli enti, giacché ciascuna idea, se è presa in proprio, è detta essere una, ma se è presa con un’altra o con altre è detta essere due, tre, quattro, cosicché bisogna che ci sia qualcosa che sopravanzi la loro sussistenza: il numero, per appartenenza al quale l’uno o il due o il tre o le pluralità ancora maggiori di essi si predicano di esse [all’ ouk eisi tōn ontōn archai, epeiper hekastē idea kat’ idian men lambanomenē hen einai legetai, kata sullēpsin de heteras ē allōn duo kai treis kai tessares, hōste einai ti epanabebēkos autōn tēs hupostaseōs, ton arithmon, hou kata metochēn to hen ē ta duo ē ta tria ē ta toutōn eti pleiona epikatēgoreitai autōn]. [259] Anche le figure solide, avendo natura incorporea, sono colte prima dei corpi [kai ta sterea schēmata proepinoeitai tōn sōmatōn, asōmatōn echonta tēn phusin]; tuttavia, daccapo, esse non sono principi di tutti gli enti [all’ anapalin ouk archei tōn pantōn]: infatti, le figure piane, nella riflessione, le precedono perché le solide sono costituite da esse [proagei gar kai toutōn kata tēn epinoian ta epipeda schēmata dia to ex ekeinōn ta sterea sunistasthai]. [260] Ora, però, nessuno porrebbe le figure piane come elementi degli enti [alla mēn oude ta epipeda schēmata theiē tis an tōn ontōn stoicheia]: ciascuna di esse, infatti, è a sua volta composta dalle linee che la precedono [hekaston gar autōn palin ek proagontōn suntithetai tōn grammōn], e le linee hanno i numeri come ciò che è colto prima di esse, in quanto ciò che è costituito da tre linee si chiama triangolo [hai grammai proepinooumenous echousi tous arithmous, paroson to men ek triōn grammōn trigōnōn kaleitai] e ciò che è costituito da quattro linee si chiama quadrilatero [to ek tessarōn tetragōnon]. E poiché la semplice linea non è colta separatamente dal numero, ma, essendo tracciata da punto a punto, è contenuta nel due, e, inoltre, tutti quanti i numeri ricadono sotto l’uno (e infatti la dualità è un’unica dualità e la trinità, qual trinità, è un uno e la decina è uno qual numero capitale) [261], muovendo da qui [kai epei hē haplē grammē ou chōris arithmou nenoētai, all’ apo sēmeiou epi sēmeion agomenē echetai tōn duein, hoi te arithmoi pantes kai autoi hupo to hen peptōkasin (kai gar hē duas mia tis esti duas, kai hē trias hen ti esti, trias, kai hē dekas hen arithmou kephalaion [261], enthen kinētheis] Pitagora disse che principio degli enti è l’unità, per appartenenza alla quale ciascuno degli enti è detto uno [archēn ephēsen einai tōn ontōn tēn monada, hēs kata metochēn hekaston tōn ontōn hen legetai], e che essa, se è colta in identità con sé, è colta come unità [kai tautēn kat’ autotēta men heautēs nooumenēn monada noeisthai], ma, se è sovrapposta con sé secondo alterità, termina nella dualità indefinita, chiamata così perché essa non è alcuna delle dualità numeriche e definite, ma ogni dualità è colta per appartenenza ad essa, e così provano anche rispetto all’unità [episuntetheisan d’ heautē(i) kath’eterotēta apotelein tēn kaloumenēn aoriston duada dia to mēdemian tōn arithmētōn kai hōrismenōn duadōn einai tēn autēn, pasas de kata metochēn autēs duadas nenoēsthai, kathōs kai epi tēs monados elenchousin]. [262] Due, dunque, sono i principi degli enti: la prima unità, per appartenenza alla quale tutte le unità numeriche sono colte come unità, e la dualità indefinita, per appartenenza alla quale le dualità definite sono dualità [duo oun tōn ontōn hai archai, hē te prōtē monas, hēs kata metochēn pasai hai arithmētai monades noountai monades, kai hē aoristos duas, hēs kata metochēn hai hōrismenai duades eisi duades].

E che questi siano davvero i principi dell’intero universo [kai hoti tais alētheiais hautoi eisi tōn holōn archai] i Pitagorici lo insegnano [didaskousin] variamente [poikilōs].


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