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APORIE 8-9-10 DEL LIBRO B

APORIE 8-9-10 DEL LIBRO B

Lug 09

Tratterò di seguito le aporie dalla 8 alla 10 del libro B della Metafisica secondo la suddivisione dei critici che le raggruppano insieme, pur ricordando che questa non è una suddivisione impostata da Aristotele.

Nella settima aporia avevamo visto che i generi non esistono separatamente dagli individui che li compongono. Non possono essere considerati tali i generi sommi “uno” ed “essere”. Infine i generi sono tali perché divisibili in specie, i gruppi di individui non più divisibili sono specie ultime, chiamate anche specie infime.

L’ottava aporia si chiede se esista o meno qualcosa accanto agli individui.

Aristotele quindi analizza la tesi secondo cui esiste qualcosa oltre gli individui. La modalità argomentativa è una dimostrazione per assurdo in cui si pone l’inesistenza di qualcosa oltre gli individui e viene successivamente mostrata l’inconsistenza di questa posizione. Se non esistesse niente oltre gli individui allora non esisterebbe niente di unitario e universale, quindi non si potrebbe fare scienza di alcunché; infatti la scienza non è degli individui ma dell’universale e viene applicata agli individui, sulle situazioni particolari. Aristotele inoltre specifica che esisterebbero solamente le cose sensibili e non la scienza “a meno che non si dica che la sensazione è scienza”. Inoltre se non esistesse niente di unitario significherebbe che gli individui sono infiniti, di una infinità inconcepibile (senza unità, senza cioè determinazione) non si potrebbe avere conoscenza. In secondo luogo, se non esistesse nulla accanto agli individui allora non ci sarebbe nulla di eterno ed immutabile, visto che gli individui sono caduchi. Potrebbero esistere accanto agli individui degli enti eterni, e anzi ciò sarebbe necessario poiché per la dottrina delle quattro cause occorre una materia inerte che funga da materia per ogni individuo, così occorre una forma ingenerata che generi ogni altra forma. Materia e forma si uniscono nel sinolo che è la sostanza (uno dei significati di sostanza) che è l’individuo (anche se si tornerà più avanti e emeglio su questo argomento). L’esistenza del sinolo per Aristotele implica la necessità di qualcosa di eterno che non sia esso stesso un individuo e specifica che occorre “qualcosa che diviene [un individuo]” e “qualcosa da cui diviene [tale medesimo individuo]”, la seconda di queste deve essere eterna.

Sempre secondo questo argomento ogni movimento è finito, poiché ogni divenire tende ad uno scopo, secondo Aristotele il divenire non è puramente stocastico e ogni cosa ha una causa e un fine, venendo a mancare la causa ogni cosa emergerebbe dal “nulla” in modo totalmente oscuro rendendo di fatto impossibile ogni tipo di comprensione pensiero e scienza. Mancando il fine ogni cosa sarebbe comunque incomprensibile poiché preda di un divenire illimitato e oscuro, senza determinazione. Se quindi deve esistere una materia ingenerata per permettere una generazione comprensibile, tanto più deve esistere la sostanza, ciò di cui è composto l’individuo.

Di contro l’antitesi prevede che non esista nulla accanto all’individuo, per assurdo se esistesse sarebbe un genere, sommo o intermedio, o una specie ultima. Nell’aporia precedente abbiamo visto che non possono esistere i generi accanto agli individui e tantomeno le specie.

Da una parte quindi sembra che sia necessario porre accanto agli individui almeno la forma e la specie. Ma se così fosse vedremmo ripresentarsi quelle critiche rivolte al platonismo, all’impossibilità ontologica, e prima ancora epistemologica, dell’esistenza di enti separati e afferenti agli individui, a quali individui? A tutti o solo ad alcuni? A quelli naturali o anche a tutte le opere di artigianato (cosa negata anche dai platonici)? E dell’individuo in se inteso come Socrate o della specie intesa come uomo? E in quest’ultimo caso se esistesse un ente (un’“idea”) accanto ad ogni singolo individuo avremmo una proliferazione infinita ed ingenerata degli enti non individui. Se invece esistesse accanto a Socrate l’“idea” di uomo allora “Socrate” e “uomo” avrebbero la medesima essenza, quindi “Socrate” e “Callia” non si distinguerebbero in niente, cosa evidentemente impossibile.

Questa aporia per ora non trova risposta, rimandando ad una trattazione più approfondita nei libri sulla sostanza. Anche se l’accanimento contro i Platonici esposto nel libro A e la teoria dei generi come sta emergendo dalla lettura finora intrapresa della Metafisica dovrebbe dare dei precisi indizi su quale sarà lo sviluppo argomentativo.

La nona aporia è breve, questa verte sulla questione se i principi siano unitari per specie o per numero. Tesi secondo cui i principi sono unitari per numero. Se infatti non lo fossero allora non vi sarebbe alcun tipo di unità, nessun uno e nessuna determinazione e quindi nessuna comprensione e nessuna scienza.

L’antitesi è che i principi siano unitari per specie, se per assurdo fossero per numero allora il numero sarebbe specifico per ogni principio, mentre così non è e ogni principio deve essere specifico per sé. Infatti, non per il fatto di essere “uno” ogni individuo consegue che principio di ogni individuo è l’ “uno”; piuttosto ogni individuo appartiene al suo principio così l’individuo Socrate, che è “uno”, appartiene alla specie “uomo”. Tanto è vero che nella settima aporia si era già dimostrato come non potessero essere principi i generi sommi come “essere” e “uno”.

Anche questa aporia verrà specificata nei libri sulla sostanza.

Nella decima aporia Aristotele chiede se i principi degli enti corruttibili e quegli degli enti incorruttibili siano i medesimi. Inizialmente Aristotele inizia una ricognizione del senso comune notando come nel mito gli dei e i mortali sembrerebbero avere i medesimi principi. Ma subito emerge come questa considerazione sia assai confusa e difficile da analizzare, anzi di come sia assurdo cercare di fare scienza seguendo i miti. Questa era anche una nozione cara a Platone, che la filosofia dovesse essere differente dalla mitologia e tenersi separata da quest’ultima (anche se in Platone questa affermazione rimane quanto meno ambigua alla luce di alcune moderne interpretazioni, mentre è più netta in Aristotele). Aristotele poi osserva come i presocratici naturalisti abbiano considerato causa di entrambi i tipi di enti una stessa sostanza, sia essa fuoco, acqua o altro. Non così Empedocle che sembra fare dei passi avanti considerando “amore” come origine delle cose e “odio” come causa della loro dissoluzione, ma anche viceversa “amore” è causa della dissoluzione e “odio” origine degli enti. Salvo poi Empedocle cadere in altre contraddizioni e mancando soprattutto di indicare la ragione di questo ciclo di creazioni e dissoluzioni. Non inserendosi Empedocle nella dottrina delle quattro cause come già criticato nel libro A allora non può egli essere considerato come portatore di una nozione esatta per Aristotele.

Infine la tesi è che a generare enti corruttibili ed enti eterni siano gli stessi principi, allora non si spiega perché generino enti diversi essendo i medesimi principi. In antitesi se fossero principi differenti a generare i due tipi di enti allora questi principi sarebbero alcuni eterni altri corruttibili. Poiché non si vede come da un principio eterno possano nascere un ente eterno e uno corruttibile insieme, allora da un principio eterno nasceranno solo enti corruttibili come sembra evidente dalle considerazioni svolte fino ad adesso. Mentre sembra impossibile il contrario, cioè che da un principio corruttibile nasca un ente incorruttibile, ciò invertirebbe il principio di causalità rendendo preminente l’effetto sulla causa, e del tutto inspiegabile questo tipo di generazione, si noti che questa è una impossibilità logica prima ancora che temporale. Quindi tutt’al più enti corruttibili sono generati da principi corruttibili, però principi corruttibili dipendono da altri principi corruttibili (se non da enti eterni), non essendo essi eterni e quindi non essendo un sostrato inerte su cui si formino logicamente gli individui. La conclusione quindi è quindi che principi corruttibili devono fondarsi via via su principi corruttibili e per sfuggire ad un regresso all’infinito, che annullerebbe la possibilità della scienza, devono fondarsi su principi eterni. Quindi questa ipotesi non sta in piedi, non possono esserci principi corruttibili e principi eterni, ma solo principi eterni.

Anche questa aporia in quanto tale si mostra un blocco del pensiero, l’impossibilità di proseguire per alcuna via pur presentandosi varie ipotesi. Sembra che qualche passo avanti sia stato fatto nella direzione di soli principi eterni, ma ulteriore approfondimento ci sarà nelle prossime aporie e nei libri sulla sostanza.


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