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L’etica stoica XV. Legge

L’etica stoica XV. Legge

Giu 22

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Secondo gli stoici tutta la natura (physis) è governata dalla ragione (logos) tramite leggi deterministiche. Anzi la legge (nomos) stessa, nella fattispecie di forza o energia infuocata, è senz’altro la ragione suprema ed eterna, sovrana, capo e guida immanente di tutte le cose.

Ma la razionalità è proprietà di una mente: Dio è un fuoco intelligente che governa l’intero in modo non semplicemente meccanico, come un orologiaio cieco, ma appropriato, coordinato, finalizzato e finanche esteticamente ammirevole, gestendo la pluralità degli enti mediante l’unità della loro connessione olistica. La struttura finalistica e perfetta del cosmo implica che il suo decorso non realizzi casualmente una delle infinite possibilità, ma solo quella migliore, cosicché ci dev’essere sempre una mente vigile che lo diriga in un senso piuttosto che negli altri, cioè legiferi con giustizia e sapienza.

Poiché poi ogni cosa divina, umana e naturale si dirige al bene prescritto dalla legge come contrario del male, è chiaro che la legge rappresenta la promulgazione esplicita del contenuto della scienza dei beni e dei mali, corollario etico delle soluzioni propugnate dalla fisica sulla scorta delle necessarie argomentazioni sillogistiche determinate dalla logica: la filiera dalle leggi del ragionamento corretto alle leggi dello stato giusto è ininterrotta, ed è una filiera scientifica e sistematica, senza falle dimostrative. La scientificità della legge la pone su un metalivello rispetto alle realtà buone e cattive, sulle quali esercita un potere di determinazione assoluta, tanto soverchiante da tradursi immediatamente in precipitato etico cui si assente interiormente.

Più in particolare, il logos, portato a perfezione e consistenza massime dalla mente dell’uomo, si configura, nella virtù della saggezza, come legge morale, cioè come criterio o canone normativo che, fissando cos’è bene e cosa male, cosa giusto e cosa ingiusto, comanda, non solo nella dimensione privata ma anche in quella pubblica, di compiere le azioni buone e giuste e vieta le malvagie ed ingiuste, in accordo colla legge universale, personificabile nel governo di Zeus

Dunque il concetto di legge non è limitato al suo senso proprio, alla sfera della regolamentazione della convivenza tra gli uomini, ma assume anche uno spessore etico ed ontologico. Infatti gli stoici fanno derivare “nomos” dal verbo “nemo”: la legge assegna ad ogni ente un’identità specifica tale però da inserirlo in modo utile, finalizzato e buono nell’ordine generale. Sembra allora interessante vedere il concetto di legge all’opera in sede di filosofia politica e del diritto, laddove è usato in senso proprio e non traslato.

Tuttavia, come si sarà già intuito, l’autonomia di tali branche della filosofia sfuma subito: la legge, intesa quale regola non solo di ciò che è conforme o contro natura, bello o turpe, bene o male, giusto od ingiusto, ma anche di ciò che è legale od illegale, fonda il diritto. Ma in tal modo la legge naturale, perfetta e definitiva, non suscettibile di miglioramento alcuno perché identica alla retta ragione divina dotata del potere di comandare o interdire ciascuna cosa nell’universo senza fallo o ambiguità, precede cronologicamente, logicamente ed ontologicamente la legge positiva del diritto storicamente determinato, formulato, oralmente o per iscritto, dagli uomini spinti dalla natura medesima a riunirsi in società. Ora, la giustizia non è altro che l’azione del logos nella società. La legge insomma non è una conquista culturale, opera costruttiva dell’ingegno o espressione costrittiva della volontà popolare, ma il presupposto naturale della nascita stessa della civiltà: il diritto è dato da natura, il diritto positivo si basa sul diritto naturale.

Se è così, la legge positiva non può avere un carattere formale, convenzionale, (ri)contrattabile, opinabile, eticamente neutro ed ontologicamente disimpegnato, ma deve applicare sillogisticamente il contenuto dei dettami universali del logos alle circostanze particolari in cui s’imbatte lo stato sto(r)icamente determinato, decretando per ciascun cittadino ciò che è bene perché conforme alla struttura fisica dell’intero e vietando ciò che è male perché turba (ma è ammissibile?) l’ordine cosmico.


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