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Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 5

Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 5

Apr 27

 

 

Brano precedente: Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 4

 

5. Ordunque, quando, accostandomi coll’anima a qualcosa, ho modo d’argomentare per quanto riguarda esso, o meglio di riguardarlo come di natura tale che per esso non avviene assolutamente nulla ‒ sennò, ecco, questo non sarebbe sempre o non sarebbe sempre qualcosa d’intero ‒ questo, orbene, è già perpetuo, e non sarebbe perpetuo se inerisse [5] ad esso una natura tale che s’abbia modo di confidare che, per quanto riguarda esso, è così e non altrimenti e che, se ci si accostasse ancora ad esso, lo si troverebbe tale? Ebbene, che avverrebbe se qualcuno non desistesse mai dalla contemplazione di esso, ma fosse compresente con esso ed affascinato da questa natura e capace di fare questo senza detrimento? O che avverrà se egli, salito [10] all’eternità, sarà non declinando in nessuna maniera, così da essere simile a essa ed eterno, contemplando l’eternità e l’eterno coll’eterno in lui stesso? Se quindi quel ch’esibisce questa condizione è eterno e sempre essente, ossia non declina per nulla verso un’altra natura, avendo una vita che ha già tutta, non avendo aggiunto né aggiungendo od [15] essendo predisposto ad aggiungere in futuro, allora quel ch’èsibisce questa condizione è perpetuo; perpetuità, dunque, è tale costituzione del sostrato ch’è emanata da esso ed è in esso, mentre eternità è il sostrato con l’apparire di tale costituzione. Quindi l’eternità è venerabile e la riflessione la giudica identica a Dio; la giudica, ordunque, identica a questo Dio. Ed [20] è ben argomentabile che l’eternità è Dio che illustra e prospetta se stesso quale è: l’essere come indistorcibile ed identico ed in questa condizione e saldo nella vita. Se dunque giudichiamo essa* emanata da più enti, non si deve meravigliarsi: ciascuno, infatti, degli enti di là è plurale mediante potenza infinita, giacché l’infinito è il non mancare ‒ e questo propriamente ‒ di nulla giacché [25] non spreca nulla di sé. E così, se qualcuno giudicasse l’eternità vita infinita giacché è totale e non spreca nulla di sé giacché nulla è passato e neppure sarà futuro ‒ sennò non sarebbe già totale ‒ allora sarebbe dappresso al definirla.

 

* L’eternità.

 

La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Oxford 1064-82 (1964, pp. 337-361).

 

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