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Karl Marx visto dalla prospettiva di Friedrich Pollock (1)

Karl Marx visto dalla prospettiva di Friedrich Pollock (1)

Nov 26

 

Oggi pubblichiamo il primo articolo di Dario Currado, studente di filosofia presso l’Università di Torino. Dario inizia la sua collaborazione con Filosofia Blog presentando un’interpretazione pollockiana di Marx. Ringraziandolo per il contributo, gli diamo il benvenuto tra i collaboratori del blog.

 

Teoria e prassi dell’economia di piano non è altro che un insieme di saggi scritti tra il 1928 e il 1941, i quali compongono quella che potrebbe essere definita come una revisione del pensiero marxista alla luce dei cambiamenti storici che sono accaduti a seguito della crisi del ‘29. Lo stesso Walter Benjamin aveva dichiarato che la sua generazione non avrebbe visto la fine del capitalismo o che non avrebbe più creduto in una tale fine [1]. Il capitalismo non muore, il suo spirito, per dirla con Boltanski, rimane, cambia la forma in cui si presenta. Dunque l’opera di Pollock è un’opera scritta da un marxista eterodosso che legge il mondo mutato del capitalismo, il mondo del capitalismo di Stato.

1 La tesi di laurea di Pollock su Marx

La tesi di Friedrich Pollock si intitola: La teoria marxiana del denaro; in essa sostiene che la parte più rilevante della teoria di Karl Marx sia proprio la teoria del denaro che viene spiegata nelle prime cento pagine del primo libro del Capitale. Le prime pagine del Capitale sono infatti dedicate al problema del denaro e della sua introduzione. Mentre nelle altre teorie economiche precedenti (Smith, Ricardo, ecc.) si partiva sempre dal denaro come un presupposto, Karl Marx non parte mai dal denaro, piuttosto si chiede come questo compaia nella realtà economica ad un certo punto. L’idea chiaramente è quella di avere una valuta comune, ma perché non le uova come nel fumetto Bone? Ci sarebbero prima di tutto una serie di problemi pratici con le uova, in secondo luogo certamente prima del denaro noi sappiamo che c’erano i vari metalli, si sapeva che ad ogni banco-nota corrispondeva una certa quantità di oro e così via. Il denaro si caratterizza nella sua introduzione non solo come mezzo per facilitare lo scambio, ma sopratutto come la merce per eccellenza, quella merce che ci apre tutte le porte a tutte le altre merci, merce attraverso la quale possiamo acquistare le altre merci. In questo senso, come fa notare Pollock, il possessore del denaro si trova in una determinata posizione di vantaggio rispetto agli altri, proprio perché con quella merce può comprare tutte le altre, mentre a chi ha solo uova non resta che tentare di venderle per denaro. In pratica il denaro è diventato la chiave di accesso ad ogni cosa e mano a mano che il capitalismo si è sviluppato il denaro è diventato il potere. Quante volte ci siamo detti che non potevamo realizzare determinati sogni perché ci mancava il denaro? Il denaro in qualche maniera è ciò che misura la distanza tra noi e le cose, le cose diventano raggiungibili solo se lo possediamo e i soldi in questa società sembrano aprirci le porte ad ogni cosa; Simmel diceva che con il denaro oramai possiamo comprarci anche gli affetti e l’amore.

La teoria marxista può essere vista come avente l’obbiettivo di studiare il flusso di denaro, capire da dove si possa generare il profitto (denaro in eccesso), perché esiste la povertà (persone senza denaro) e, soprattutto, com’è che in un mondo che produce abbondanza la povertà sia alla fin fine quasi la condizione della ricchezza del capitalista. Il denaro è lo strumento di misura quasi di ogni cosa: il tempo è denaro, il lavoro è pagato per le ore di lavoro (denaro mensura), le opportunità della vita si hanno tramite il denaro (istruzione, sanità, cibo, viaggi, ecc…). Nell’interpretazione di Marx data da Pollock la stessa merce comincia quando ha un valore di scambio, cioè quando ha un prezzo, per cui il fenomeno del feticismo della merce non può che essere una conseguenza di tutto questo. Il feticismo è spiegato molto bene da parte di Friedrich Pollock, che afferma che una merce diventa feticcio quando ha valore per le sue dirette qualità, mentre perde il suo valore sociale. Nel fenomeno del feticismo si perde la consapevolezza del lavoro che sta a monte rispetto alla merce, il processo viene nascosto dietro al prodotto. Immaginiamoci la classica pubblicità del detersivo: normalmente vediamo dei detersivi che nella pubblicità sono lodati per dei poteri sbiancanti quasi miracolosi e sappiamo che questo viene fatto perché essi vengano venduti. C’è però un altro aspetto nelle pubblicità degno di nota: il fatto che questi prodotti sono decantati come se quelle qualità che possiedono fossero delle qualità naturali che questi hanno, mentre invece sono prodotti del lavoro umano, sono quindi dei prodotti sociali e non naturali. Sarebbe stupido pensarlo, ma la pubblicità tratta il cliente come fosse un credulone, come se i detersivi crescessero sugli alberi e così via. Tutto questo si nasconde dietro il termine: feticismo. Chiaramente se si dice che la merce è feticcio e la merce è merce solo in quanto ha un valore di scambio, esiste un rapporto diretto tra il valore di scambio (prezzo della merce) e il feticismo. È proprio il prezzo che deve esprimere le qualità oggettive della merce; in pratica questo è un altro metodo di quantificazione tramite il denaro. Prima le merci avevano semplicemente un valore d’uso, ovvero noi dicevamo che questa merce ci serviva a qualcosa e la scambiavamo con un’altra che eventualmente serviva a qualcos’altro e così via. In pratica un prezzo alto misura l’alta qualità del prodotto e il prezzo alto esprime quelle qualità del prodotto che sembra sfoggiare come gli appartenessero naturalmente. Quando noi entriamo in un supermercato, siamo abituati a trovarci tutte le merci già davanti ai nostri occhi, ma spesso dimentichiamo che dietro tutto questo ci sono tutta una serie di processi lavorativi.

Un altro aspetto del discorso di Pollock su Marx mi sembra molto importante: il fatto che, secondo Pollock, Marx consideri il diritto come un fenomeno, mentre l’essenza sarebbe costituita dai rapporti socio-economici, in cui chiaramente c’è sempre di mezzo il denaro. Così, facendo un bilancio della rivoluzione francese, si potrebbe dire che: libertà, uguaglianza e fraternità non trovano nessuna concretizzazione in un mondo dove il proletariato è sfruttato, povero e servo, costretto a vendere la propria forza lavoro. Secondo la teoria marxiana la libertà nel mondo capitalista, che si esprime secondo la libera concorrenza, è contraddittoria perché questa libertà consiste nell’essere liberi di schiacciare il proprio prossimo per battere la concorrenza. Quando tu puoi farlo con qualcuno, qualcuno può farlo con te, queste due libertà si negano a vicenda. Non ha senso poi parlare di uguaglianza quando le differenze sociali ed economiche sono completamente evidenti, nemmeno avrebbe senso fare appello alla fraternità perché chi è ricco non aiuta i poveri ma vive sulle loro spalle. In pratica il diritto in generale diventa puro fenomeno dal punto di vista di Marx perché la realtà sono solo i fatti economici e sociali. Ci saranno uomini liberi non quando e perché lo dichiara una costituzione, ma quando questi lo saranno davvero, quando lo saranno economicamente, quando non saranno più costretti a vendersi per uno stipendio. Per esempio in Italia attualmente nella costituzione leggiamo subito che il nostro paese è fondato sul lavoro, se guardiamo invece le statistiche sulla disoccupazione ci sembrano in contraddizione con quell’articolo, ma tra questi due dati è essenziale solo il secondo, il primo è solo fenomeno; peraltro Marx non era uno che dava tanto credito alla statistica in quanto questa si basa su medie, ma non riesce a cogliere appieno la realtà concreta, quindi si dovrebbe andare ancora oltre il dato statistico della disoccupazione [2]. Il dato reale è socio-economico, la ricchezza del paese dipende anche dal denaro che vi è in circolazione: se molto denaro è in circolazione la società è ricca e questo sarebbe un dato reale positivo. Come si stabilisce quanto è il denaro in circolazione? Marx considerava la somma dei prezzi come uguale al denaro circolante. Nel modello di circolazione semplice del denaro (M-D-M) una persona vende per 2 euro un pacchetto di caramelle, qualcuno lo acquista, questa persona usa quei due euro per comparsi un chilo d’uva. I due euro stanno circolando come quantità fissa di denaro da merce a merce. Nel modello della circolazione complessa, il modello capitalista (D-M-D’), si cerca di creare denaro con il denaro, di fare profitto. Questo profitto verrà investito in un secondo momento, oppure il capitalista può tenerselo per sé togliendolo dalla circolazione. Un punto molto importante da sottolineare, per quello che dice Pollock su Karl Marx, è che il denaro non coincide con la carta stampata. Su questo dice infatti Pollock:

La carta moneta, vale a dire la carta moneta di stato a corso controllato, si distingue dal “denaro” per il fatto che non può abbandonare la sfera della circolazione e perciò, determinando il rialzo dei prezzi, funge, appena viene spesa in una somma nominale maggiore, da quantità (oro) denaro necessaria alla circolazione. [3]

Il denaro in senso proprio, a questo punto, sembra qualcosa che ha origine peculiarmente con il capitalismo: laddove i soldi generano soldi, non ha più senso una corrispondenza tra banconote e oro equivalente. [4] Karl Marx nei Manoscritti spiegava che il fenomeno della concorrenza avrebbe visto diversi capitalisti lottare l’uno contro l’altro, alcuni con più capitali e altri con meno, facendo sì che alcuni avrebbero conquistato più quote di mercato e altri avrebbero fatto bancarotta. È naturale per Marx pensare che vi sia un conflitto tra la ricchezza della società e quella del capitalista: la prima si genera quando la concorrenza è diffusa, la seconda quando pochi capitalisti eliminano la concorrenza arricchendosi. È sempre vero che il capitalista guadagna quando società e proletariato perdono.

 

Note

[1] «L’esperienza della nostra generazione: il fatto che il capitalismo non morrà di morte naturale» (W. Benjamin, I «passages» di Parigi, Einaudi, Torino 2002, p. 740).

[2] Ad esempio chi si occupa di statistica potrebbe stabilire in base ai suoi calcoli che mediamente le condizioni dei lavoratori sono migliorate, ma questo fatto spesso si riferisce solo ad alcuni lavoratori e per giunta a quelli che fin dall’inizio sono sempre stati meglio, quindi la statistica non coglie in realtà nella piena concretezza la condizione vera dei lavoratori.

[3] F. Pollock, Teoria e prassi dell’economia di piano. Antologia degli scritti 1928-1941, De Donato, Bari 1973, p. 80.

[4] In Marx sembra esserci sempre una forma di trascendentalismo; questo accade perché Marx, pur essendo un materialista, non è un riduzionista. Trascendentali per Marx sono la merce e il denaro. La merce infatti non coincide mai semplicemente con l’oggetto materiale e questo vale anche per il denaro che non coincide mai con la cartamoneta. Forse si dovrebbe dire: non dovrebbero coincidere, perché già Kant diceva che il denaro deve rimanere trascendentale e non diventare reale, ma nel nostro finazcapitalismo il denaro non è assolutamente trattato come trascendentale, anche quando magari si tratta semplicemente di alcuni numeri sullo schermo di un computer.

 

Articolo seguente: Karl Marx visto dalla prospettiva di Friedrich Pollock (2)

 

 


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