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L’etica stoica VII. Una scienza dalle molte virtù

L’etica stoica VII. Una scienza dalle molte virtù

Mag 15

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Se essere virtuosi significa esercitare la razionalità specificamente umana in accordo colla ragione universale secondo una disposizione dell’anima in armonia con sé per tutta la vita, è chiaro che l’etica degli stoici tocca uno dei culmini del famigerato intellettualismo greco: condizione necessaria ed anche sufficiente per agire virtuosamente è possedere un certo tipo di conoscenza, cioè la scienza dei beni e dei mali, la quale è una perfezione del logos, mentre il vizio è dovuto all’ignoranza dei beni e dei mali. Per di più sappiamo che questo spiccato cognitivismo etico è fondato ontologicamente dalla fisica e giustificato dalla logica: la scienza pratica non è autonoma da quella teoretica. Ora, una volta che la ragione abbia giudicato buona una certa azione sulla scorta di tale scienza, ecco che subito la disposizione interiore al bene ci spinge ad agire virtuosamente, non essendo contemplata (almeno fino al neostoico Seneca) la possibilità che un’eventuale volontà malvagia e viziosa scelga scientemente ciò che la ragione ha giudicato come male.

Ma siccome la scienza dei beni e dei mali determina una molteplicità di strutture, si pone il problema dell’unità ovvero molteplicità della virtù stessa. Mentre per Aristone, allievo diretto di Zenone, la virtù è una, per il cavilloso Crisippo e tutta la pletora dei suoi seguaci modernisti ci sono molteplici virtù, il che attirò le critiche dell’ala conservatrice zenoniana. Perdendo in monoliticità, qui come altrove, Crisippo si sforza di rendere più convincente e plastica l’altrimenti indigeribile dottrina stoica. Nello specifico, egli persegue una maggiore aderenza alla fenomenologia dell’esperienza morale così da non lasciare sguarnito di soluzioni l’agente nelle emergenze della vita concreta.

Ciò non toglie che quelle diverse perfezioni di ciascuna qualità umana che sono le virtù rappresentino comunque molteplici modi particolari di realizzare praticamente l’unitaria scienza dei beni e dei mali. Infatti il fine di tutte le virtù, oggetto di tale scienza, è unico: vivere coerentemente con la natura. Ciascuna virtù porta a raggiungere questa coerenza, che è la cosa principale: la saggezza dispone naturalmente al bene, la temperanza all’equilibrio degl’impulsi, la fortezza alla forza d’animo e la giustizia all’equità, tutti aspetti prospetticamente diversi ma sinergicamente convergenti sulla vita buona, coerente e virtuosa. Come ciascuna delle divinità tradizionali è sussumibile sotto la forma di qualsiasi altra, nella misura in cui nessuna manca della perfezione riassumentesi nell’unico Zeus guida dell’universo, così per esempio la temperanza, che persuade a perseguire il meglio, filtra le altre virtù secondo le sue caratteristiche specifiche, ma non si può essere temperanti senza essere al contempo saggi, cioè senza sapere cosa bisogna fare, senza essere forti d’animo, cioè senza saper affrontare le difficoltà, e senza essere giusti, cioè senza colimitare le azioni, di modo che chi possiede una virtù le ha tutte. Fondamentale e predominante, al pari di Zeus in ambito fisico, resta comunque la phronesis (saggezza) in quanto scienza pratica.


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