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Testimonianze filosofiche su Anassagora (5)

Testimonianze filosofiche su Anassagora (5)

Set 13

 

 

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Diels-Kranz 59 A 43

Aristot. Metaphys. 984a: Il clazomenio Anassagora, che gli [Empedocle, cfr. DK 31 A 6] era precedente per età, posteriore, invece per le opere, afferma che i principi sono infiniti [apeirous einai phēsi tas arkhas]. Afferma infatti che quasi tutti quanti gli omeomeri si generano e si estinguono così come l’acqua od il fuoco, per congregazione e discrezione soltanto, altrimenti né si generano né s’estinguono, ma rimangono eterni [skhedon gar hapanta ta homoiomerē kathaper hudōr ē pur houtō gignesthai kai apollusthai phēsi, sunkrisei kai diakrisei monon, allōs d’ oute gignesthai out’ apollusthai, alla diamenein aidia].

Aristoteles, De caelo, 302a 28: Anassagora argomenta il contrario di Empedocle per quanto riguarda gli elementi [Empedoklei d’ enantiōs legei peri tōn stoikheiōn]. Questi infatti afferma che acqua e terra e gli elementi consimili a questi [ta sustoikha toutois] sono elementi dei corpi e che tutte le cose son composte da questi [sunkeisthai pant’ ek toutōn], Anassagora invece il contrario [tounantion]: elementi, infatti, son gli omeomeri [ta gar homoiomerē stoikheia], cioè a dire carne ed osso e ciascuna delle cose di questa sorta [tōn toioutōn hekaston], mentre aria e fuoco son miscugli di questi e di tutti gli altri semi [meigmata toutōn kai tōn allōn spermatōn pantōn]: ciascuno di quei due infatti è un agglomerato di tutti gl’invisibili omeomeri [ex aoratōn homoiomerōn pantōn ēthroismenon]. Perciò anche tutte le cose si generano da questi [dio kai gignesthai pant’ ek toutōn]: infatti appella ugualmente il fuoco e l’etere [to gar pur kai ton aithera prosagoreuei tauto].

Lanza A 43

Aristot. De caelo 302b 11: In primis bisogna osservare [theōreteon] che non sono infiniti, come credono alcuni, ed in primis coloro che rendono [poiountas] elementi tutti gli omeomeri, come anche Anassagora. Nessuno infatti di coloro che così pensano assume correttamente il termine elemento [axiountōn orthōs lambanei to stoikheion]: vediamo infatti molti dei corpi misti divisi in omeomeri [horōmen gar polla kai tōn miktōn somatōn eis homoiomerē diairoumena], dico ad esempio carne ed osso e legno e pietra, cosicché, se è vero che il sintetico non può esser elemento, non tutto quel ch’è omeomero sarà elemento, ma solo l’indivisibile in cose altre da sé per forma [eiper to suntheton ouk esti stoikheion, oukh hapan estai to homoiomeron stoikheion, alla to adiaireton eis hetera tō(i) eidei], come è stato detto prima.

Diels-Kranza 59 A 44

Lucretius, De rerum natura, I 830 ss.:

Ed adesso scrutiniamo l’omeomerua d’Anassagora,
che così i Greci definiscono e nella nostra lingua d’indicare non
ci concede la povertà della patria parlata,
comunque è facile esporre la cosa stessa [ipsam rem] con nostre parole.
In principio, quella che dice omeomeria delle cose [rerum];
vediamo: costui reputa che le ossa si generino [gigni] da piccine [e pauxillis] e minute
ossa ed i visceri da piccini e minuti
visceri e che il sangue si crei [creari]
per il concorso di molte gocce di sangue [sanguinis inter se multis coeuntibus guttis],
e che l’oro possa costituirsi [consistere] a partire da [ex] briciole d’oro
e la terra crearsi con piccole parti di terra [de terris terram concrescere parvis],
il fuoco da fuochi, che il liquido sia fatto di liquidi [umorem umoribus esse],
e reputa che le altre cose si configurino in maniera consimile [cetera consimili fingi ratione].
E tuttavia non concede né che vi sia da nessuna parte nelle cose il vuoto [esse ulla de parte in rebus inane]
né che vi sia fine al sezionarsi dei corpi [corporibus finem esse secandis].

Lanza A 44

Lucret. I 845 ss.:
Perciò mi sembra che in una duplice maniera parimenti
erri, come anche quelli sui quali dicemmo innanzi.
Aggiungi che configura elementi primordiali troppo instabili [imbecilla minis primordia fingit],
se sono elementi quelli che restano dotati [praedita constant]
d’una natura simile a quella di cui sono dotate le cose stesse, e ugualmente si logorano [atque ipsae res sunt, aequeque laborant]
e periscono, e nessuna cosa frena il proprio perire [neque ab exitio res ulla refrenat].
Infatti che cosa nell’oppressione prevalente [in oppressu valido] durerà di essi,
così da sfuggire alla morte, sotto i denti stessi della letale?
Il fuoco, o l’acqua, o l’aria? Quale di questi? Il sangue o le ossa?
Nulla, così opino, ove egualmente ogni cosa a fondamento [res funditus]
sarà tanto mortale quanto le manifeste che vediamo
cogli occhi nostri perire vinte da qualche forza [vi].
Ma che le cose non possano né ricadere nel nulla [recidere ad nilum], né d’altra parte
crescere dal nulla [crescere de nilo], chiamo a testimoniarlo l’argomento innanzi provato.
Giacché quindi il cibo fa aumentare e alimenta il corpo,
dobbiamo esser consci che vene e sangue e ossa
e nervi sono costituiti da parti eterogenee [alienigenis ex partibus esse],
se diranno poi che tutti i cibi sono di corpo misto [commixto corpore]
ed hanno in sé corpi piccoli di nervi
e ossa ed insomma vene e parti di sangue,
ne verrà che ogni cibo, sia asciutto sia liquido,
andrà esso stesso [ipse] reputato constare di realtà eterogenee [ex alienigenis rebus constare]
di ossa e di nervi e di siero e di sangue in commistione [mixtim].
Inoltre, se tutti i corpi che crescon dalla terra
sono nelle particelle di terra [in terris], è necessario che la terra consista
degli eterogenei che dalla terra sorgono [terris exoriuntur].
Trasponi l’inferenza analogamente, sarà lecito usare tutte le parole che vuoi:
se nel legno son latenti [latet] fiamma e fumo e cenere,
è necessario che il legno consista di eterogenei [ex alienigenis consistant ligna necessest],
inoltre, i corpi che la terra in qualche modo alimenta, li fa aumentare
da eterogenei che sorgono dal legno.
È lasciata qui un qualche tenue margine per scappare,
del quale Anassagora si fa carico, di reputare che in tutte le cose tutte
le cose mescolate [immixtis] sian latenti, ma quella
unica appaia di cui ci siano più particelle commiste [apparere unum, cuius sint plurima mixta]
e maggiormente in prominenza e nel primo fronte collocate.

 

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