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APPUNTAMENTO 23 CON LA LOGICA FORMALE: I TEOREMI DELLA DEDUZIONE NATURALE

APPUNTAMENTO 23 CON LA LOGICA FORMALE: I TEOREMI DELLA DEDUZIONE NATURALE

Mag 13

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E viene la notte lungo la statale le macchine sparute coi fari in una intermittenza di lampioni muti. Scese lente dal cielo fragili gocce di pioggia oltre le polverose veneziane demodé cadono come poggiate dal vento su vetri disegnati dallo sporco degli anni. Ancora non posso fuggire al peso di questa pistola nel cassetto, dietro le lenti degli occhiali come barriere gli occhi miei persi in un turbinio di pensieri e osservo la mia macchina da scrivere, prima che anche stanotte avvenga la sua metamorfosi in quell’orrendo scarafaggio alieno che mi dirà chi cercare e da chi scappare nei vicoli dell’interzona. Questa ferita che ho sulla fronte, pulsante, sembra diversa ora che la guardo riflessa nel bicchiere mezzo pieno di whisky, fissata nel riflesso di uno spigolo, è un operatore logico: una negazione.

È con un omaggio molto distante da Burroughs che vi dico la verità e cioè che ieri non avevo un incipit minimamente decente per il mio post di logica (e questo forse non lo è tanto di più) e non vi ho scritto… So che vi sono mancato come una tavola di verità a 20 colonne. Ma ora sono qui, nel bene e nel male.

Ed è con gioia, molta gioia, che riprendo in mano la regola di introduzione del condizionale, la terza regola di inferenza che abbiamo visto nel linguaggio predicativo. Ecco ora con un po’ di sforzo la poggio qui sul tavolo, fatemi spazio! Se ricordate le mie passate lezioni (o se avete comperato uno dei libri della gente seria che scrive di logica), o se avete scaricato il quaderno gratuito dalla barra laterale di filosofiablog, vi ricorderete che nella tavola di verità del condizionale, quest’ultimo è vero anche nel caso in cui da un antecedente falso si derivi una conclusione vera. Il condizionale materiale, riassumendo, è falso solo quando da un antecedente vero si derivi una conclusione falsa.

Perciò, un po’ paradossalmente, ne risulta che da una qualsiasi premessa (vera o falsa che sia) si può ricavare una qualsiasi conclusione purché sia vera. Infatti se noi diciamo ad esempio: “se il mio cane è lilla come la mucca della pubblicità, allora gli pterodattili sono estinti” ci troviamo davanti ad un condizionale vero esprimibile tramite metavariabili con la classica formula: “αβ”. Quando ci troviamo nella logica predicativa e vogliamo dimostrare un ragionamento, la regola di introduzione del condizionale ha una valenza particolare perché ci permette di “scaricare” una assunzione. Abbiamo visto che nella deduzione naturale, la prima regola di inferenza riguarda la possibilità di assumere, a titolo ipotetico, ogni premessa di cui sentiamo il bisogno per lo svolgimento del ragionamento. La regola di introduzione del condizionale, invece, elimina ogni qualvolta applicata una assunzione. Quando le premesse sono tutte eliminate e ci troviamo di fronte ad una sola riga del ragionamento cioè la conclusione, allora ci troviamo di fronte ad un teorema del ragionamento. Ma andiamo per gradi.
La regola di introduzione del condizionale scarica una assunzione poiché una qualsiasi assunzione sia vera che falsa può verificare una conclusione vera di un condizionale. Così succede che per la regola d’inserimento del condizionale l’antecedente di questo è virtualmente escludibile visto che può essere qualsiasi cosa. Ok?
Secondo il verbo di Berto:

Possiamo definire un teorema come una formula derivabile sulla base delle regole del calcolo, in dipendenza da un insieme vuoto di assunzioni […]. Quando una formula è stata dedotta o derivata come un teorema della deduzione naturale, si dice semplicemente che è stata dimostrata.

Berto poi precisa che quando deriviamo (o deduciamo) la conclusione di uno schema d’argomento  dalle sue premesse mediante regole d’inferenza, allora diciamo che abbiamo dimostrato la validità di questo schema di argomento. Mentre quando si dice che è stata dedotta una formula, significa che è stata dedotta come un teorema, cioè senza ipotesi.
I teoremi saranno scritti come formule, preceduti dal segno di asserzione. A molti dei teoremi più importanti sono stati assegnati dei nomi come alle stelle, ai cani e anche agli esseri umani, tipo: “Asdreonan” (A:“Chi?” B:“Quello del mercante di Venezia, come si chiama? Dai!” A:”Ah! Shylock!” B:“Sì! Esatto: Asdreonan!”)
I teoremi sono presentati in forma schematica e bisogna intendere che ogni formula della tal forma, ottenuta sostituendo le metavariabili, è un teorema.
Il caso più semplice di teorema è la dimostrazione per formule del principio di identità, che è questa:

LEGGE DI IDENTITA’ ENUNCIATIVA
ᅡα→α
(1)      1      α                 Ass
(2)              α→α               1, 1, I→

Alla riga “2” sulla colonna delle assunzioni non vi è nessun numero perché è stata utilizzata la regola per l’introduzione del condizionale. Cioè la conclusione non dipende da alcuna premessa ed è quindi un teorema.
Da qualunque forma di argomento di cui sia dimostrata la validità si può ottenere un teorema applicando a più passi la regola di introduzione del condizionale.
Come precisa il buon Berto i teoremi sono leggi vere da un punto di vista logico, ossia leggi logiche. Tuttavia non possiamo dire così a cuor leggero che i teoremi sono “veri”, perché questo implicherebbe dover apportare molte precisazioni su vari livelli ed è bene tener presente questa distinzione! Berto wrote:

L’idea è quella di avere un calcolo che determini gli schemi d’argomento validi; le leggi logiche sono recuperate sotto la nozione di teorema, si è detto, come un caso limite di un argomento valido, ossia quello a zero assunzioni.

Compito per casa, tema: “Gli pterodattili sono veramente estinti? Riflessioni.”


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